mercoledì 7 agosto 2013

ROLLINGSTONE RULEZ

Per quanto mi riguarda la rivista Rollingstone è la più autorevole e accurata tra i magazine che scrivono di musica. Ho cominciato a leggerla penso 6 anni fa più o meno e da quel momento non mi perdo nemmeno un numero. Tutti i mesi corro a comprarla come una medicina, tant'è che ne ho una pila decisamente voluminosa, cosa che mi da non pochi problemi nel trovare un posto accurato per conservarle come reliquie. Le copertine sono le prime opere d'arte, ad ogni numero mettono un bel faccione in primo piano (questo è un po' il loro marchio di fabbrica per la scelta del formato di stampa) in altri invece, viene pubblicato il ritratto del personaggio della cover story del mese, vista con gli occhi di un azzeccatissimo artista. Poi dentro ci sono articoli biblici sulle rock star con un enorme passato alle spalle, cosa che non guasta mai per apprendere un po' di storia della musica, ma anche trattano di band o solisti emergenti, il più delle volte tra i nomi delle novità non ne conosco nemmeno uno, e questo è ancora meglio. Molti la trovano una rivista troppo patinata che parla dei soliti vecchi dinosauri per accalappiarsi i nostalgici del rock, pieno zeppo di pubblicità di vestiti super glamuor che con il rock non centrano nulla, cara nel prezzo, e la tanto autorevolezza nella musica da me conclamata non scorgono neanche da lontano. Chiaramente dissenso. L'unica cosa che un po' mi fa storcere leggermente il naso, non ha a che fare con quanto detto, sta nel vedere scritto le gesta e gli avvenimenti di una qualsiasi band o nome che sia, e metterla giù in una maniera così semplicistica da ritenerla quasi scontata. Mi spiego meglio, leggendo le diverse avventure degli artisti, noto che vengono riportate in maniera abbastanza superficiale (a volte) non argomentano bene la nascita di un pezzo epico o la formazione di un gruppo. I vari giornalisti tralasciano i momenti di fatica, la sofferenza lo spirito magari distrutto prima di raggiungere il meritato successo. Non so forse è la mia impressione, però leggendo quelle pagine, mi nasce dentro un senso di vuoto, come se dovessi prendere per assodato e ovvio ciò che viene pubblicato, sembra quasi come se tutto fosse dovuto poiché già scritto nel destino, tutto così facile, non si soffermano mai sulla vita vera di un artista, cosa ha dovuto patire per arrivare fin dove poi è arrivato. Ci sono molte volte un elenco sterile di nozioni non approfondite, tralasciando quello che è lo spirito rock. Sarà che forse mettendo tutto quanto alla fine diverrebbe un'enciclopedia più che una rivista, o forse perché anche chi scrive può darsi che non conosca tutto, non lo so, però quando leggo cose del genere mi viene rabbia perché penso, a fronte di quanto scritto come l'elenco della spesa, anch'io avrei potuto compiere le stesse cose, con i medesimi tempi, ma non sono arrivato allo stesso punto. Questo a parer mio è perché viene omessa la fatica di un artista. Ci vorrebbero più parole romantiche, che non la cronaca fine a se stessa. Cara redazione di Rollingstone, forse un giorno ti manderò quello che penso, non è detta l'ultima, a parte questo, il mese prossimo sarò in edicola come sempre.

Nessun commento:

Posta un commento

COME UN ANNO FA

 L'anno scorso siamo rimasti rinchiusi per mesi a causa di un virus letale, sconosciuto e altamente aggressivo, dopo un anno siamo ancor...