giovedì 27 marzo 2014

ALC 8,4% VOL

La sento è lì che mi chiama, la sua voce proviene dal frigo per comunicarmi che è arrivata al giusto punto di freschezza quello che piace a me, cioè quasi ghiacciata. L'afferro per stapparla e deliziarmi del suo nettare, mentre in sottofondo ci sono Angus che incendia le corde della Gibson diavoletto e Brian che urla al microfono. ALC 8,4% VOL è la gradazione esatta per perdere dolcemente il controllo e abbandonarmi all'energia del rock diabolico, quello che fa distruggere gli strumenti sul palco e le camere degli hotels in giro per il mondo. La birra che mi scivola dentro dopo una lunga sorsata, lascia sul tragitto della mia gola un brivido caldo, sento il doppio malto arrivarmi dritto al cuore e l'umore si risveglia, l'energia si amplifica come la musica dalle casse Bose del mio stereo. Sono pronto per il delirio.
La latta è finita al secondo sorso senza che prendessi nemmeno un briciolo di fiato, ed è solo l'inizio. Dentro il frigorifero ci sono altre 11 sorelle che aspettano di essere vuotate durante questa giornata dedicata solo a me stesso. Niente lavoro, niente famiglia, nessun tipo di preoccupazione o sbattimento che implichi uno sforzo diverso dal bere o dall'ascoltare la musica di Satana. Prendo un'altra birra ed attendermi c'è il mio fottutissimo amico Axl che mi dà il benvenuto nella giungla, quella urbana fatta di violenza, droga e di sesso sfrenato. Quante hanno cantato al tuo personalissimo mic, con chissà quali fraseggi eh, Mr Rose? Sicuramente ne avrai fatte urlare parecchie, beato te.
Anche la seconda è andata liscia come acqua fresca, subito ne stappo un'altra per non stoppare il ritmo incalzante. Le labbra si attaccano alla lattina e l'oro liquido si precipita nello stomaco con la stessa velocità di una diga fallata, portando dietro milioni di bollicine di anidride carbonica che mi solleticano l'esofago. Il rombo di tuono mascherato da rutto si accoda all'assolo di Slash.
E' una giornata fantastica, non trascorrevo così il mio tempo di ozio da quando bigiavo la scuola con i compagni di classe. Ora i miei amici sono tutte le rock star che sono stipate sotto forma di mp3 dentro l'Ipod. Inizio la quarta lattina ed i fumi dell'alcol si impadroniscono di me, sono esattamente dove volevo essere, con tutti i capogiri al posto giusto. Prendo le mie Vic Firth dalle impugnature antiscivolo rosse, il regalo di mia moglie, per percuotere le pelli della batteria immaginaria, suonando all'unisono la partitura di Steven, il ché mi conduce alle porte di quel luogo chiamato Paradise City. Suono ininterrottamente fino ad arrivare a bagnare la maglietta di sudore e la sete si fa sentire. Ce ne sono ancora 6 latte ad attendermi dopo aver afferrato la quinta, quanto basta per soddisfare la mia voglia di sbronza sonora. Nel frattempo ho suonato con i Led Zeppelin, i Doors, i W.A.S.P. e gli Scorpions, ma non basta la carica è talmente forte da richiedere qualcosa di un livello superiore, per questo cerco le pantere texane di Phil ed è tutta un'altra cosa. Incredibile la doppia cassa di Vinnie mi fa impazzire e lo seguo a ruota, tutti i cambi di tempi anche i più articolati, li becco nonostante sia abbastanza alticcio.
Inghiotto qualcosa di asciutto come la pasta che avevo in pentola dal giorno prima, riempiendomi di spaghetti rinsecchiti dal tonno e dall'aglio. Ho la bocca talmente piena che non riesco a respirare, devo bere per mandare giù il boccone, mi occorre la sesta birrozza. Bevo e bevo ancora e qualcosa di fisiologico mi chiama all'ordine. Come diceva Bukowsky "bere freddo e pisciare caldo." Mi libero del fiume che ho dentro e riparto con la settima. Settimo figlio del settimo figlio, gridava in falsetto il caro e vecchio Bruce e non faccio in tempo a pensare alla vergine di ferro che subito finisce nel lavandino la lattina vuota. Sono completamente sbronzo, mi gira la casa come se fossi sopra un giradischi ed è incredibile poiché sono in orbita con le ali del rock che mi fanno planare come un kamikaze dritto sul divano. Dalle casse esce la voce suadente di Chino accompagnato dalle note graffianti ma allo stesso tempo armoniose di Stephen alla chitarra, quando entra Abe, dando man forte alla band con le ritmiche sincopate ed il suo tocco inconfondibile che picchia sui fusti Tama, mi sento davvero appagato.
Wow fiumi di birra doppio malto e tutti i miei gruppi preferiti si sono incontrati oggi per darmi la bastonata di vita necessaria per ricaricarmi in vista di una settimana pesante. E' ovvio, domani avrò un gran mal di testa che mi martellerà tra le tempie come un doppio Iron Cobra sulla grancassa a ritmo del più violento hardcore, ma assolutamente ci voleva. Devo sbattere il muso sul fondo per riemergere ferito, ma nel contempo felice.

lunedì 24 marzo 2014

UNA CORSA, UN VIAGGIO

L'auto sfrecciava veloce sulla strada desolata che li proiettava verso un nuovo mondo, verso un nuovo inizio. Il sole batteva così forte da rendere torrida persino l'aria che entrava dai finestrini abbassati, creando all'interno dell'abitacolo un vortice di foglietti abbandonati e cenere di un milione di sigarette, spente con noncuranza durante l'interminabile viaggio. Il serbatoio era pieno, da poco rifornito fino all'orlo, il ché avrebbe significato diversi chilometri da macinare ancora, prima dell'esaurimento, prima che si accendesse di nuovo la spia della riserva. Dove fosse il traguardo, la destinazione ultima, nessuno dei due lo sapeva con certezza. La strada dava loro la possibilità di scegliere qualunque località anche la più lontana, la più remota, quella dove avrebbero speso il resto della vita oppure un quarto d'ora di pausa, per poi ripartire con la stessa velocità. La radio sparata a tutto volume era un sottofondo isterico, ma che tra un'interferenza e l'altra, riusciva comunque a trasmettere del buon rock selvaggio tanto quanto loro. Lui era con gli occhi incollati all'asfalto, mentre lei si perdeva nei paesaggi desolati, sfreccianti come saette di un diluvio estivo, sotto la folle corsa dell'auto. Distingueva poco e ne ricordava ancora meno, tutto uguale a se stesso, solo distese di prati brulli, alternati a piantagioni infinite di un cereale così comune da renderlo banale. Non un albero, non una casa, qualche mucca rassegnata ad una vita di eterno sfruttamento e pochi cavalli trattenuti dal caldo di quella giornata. Si erano detti così tante cose durante il viaggio, che ora il silenzio sembrava essere una novità ancor più allettante, di una notizia inedita o di un pettegolezzo da rotocalco di quart'ordine, letto in una sala d'aspetto di un medico ciarlatano. Quello era il terzo giorno di fila che sfrecciavano sulle strade desolate di un afoso giugno inoltrato, si fermavano solo quando la temperatura diveniva più fresca ed accettabile, per poi sdraiarsi sul prato umido della sera con l'intento di rifocillarsi e di farci sopra l'amore. Correre e scappare via dalle convenzioni di una vita inchiodata alla croce della routine, in nome del progresso, del benessere e del sistema capitalistico. Entrambi erano convinti di poter vivere di espedienti prendendo dalla natura solo lo stretto necessario, e viaggiare finché ne avrebbero avuto sia la voglia che le possibilità. Lui si era prefissato come obiettivo quello di correre fino alla distruzione dell'auto sulla quale viaggiavano, per poi proseguire a piedi e raggiungere i boschi delle montagne al confine tra il mondo conosciuto e l'ignoto. Lei aveva semplicemente scelto di seguire lui, senza pensare di dover giustificare la sua scelta a nessuno, prima di tutti a suo marito, che la sapeva in viaggio di lavoro. Si chiedeva quando si sarebbe reso conto, che non avrebbe fatto più ritorno a casa da lui e dalle sue dannate bottiglie di whisky. Forse si sarebbe accorto della sua sparizione, soltanto nel momento in cui gli sarebbe passata l'ennesima sbronza e non avrebbe avuto più nessuno che corresse per lui a comprare dell'altra acqua di fuoco. Lei teneva alto il dito medio verso il cielo sperando che si potesse materializzare davanti agli occhi di quel vecchio ubriacone, scelto tre anni prima come marito e fuggito da lui, come il suo solito rigurgito mattutino. Una mano dal volante si era alzata per portarsi fuori dal finestrino, replicando il gesto della compagna di fuga seduta al lato passeggero. Le dita di entrambi appoggiate al tettuccio dell'auto, trasformavano il loro mezzo di trasporto, in un grosso bisonte azzurro con un paio di piccole corna poste sulla testa, in piena evoluzione di crescita. La musica assordante copriva le loro risa d'intesa e di complicità.
Lui si stava sgranchendo le gambe e la schiena dopo tutte quelle ore di guida, concentrata a non far ribaltare la bisonte-mobile. Lei fissava il tramonto con gli occhiali da sole scuri, sui quali i deboli raggi si riflettevano lontani. Quello era il momento della giornata preferito da entrambi, in cui si spogliavano completamente dei loro vestiti impolverati e umidi di sudore, e si abbandonavano alla freschezza della sera, mentre si accarezzavano vicendevolmente come conferma di non essersi persi durante la corsa. Si nutrivano con poco, qualche sorso di acqua per nulla fresca e un paio di morsi a testa su ciò che restava del cibo avanzato del giorno prima. Quando la luna era alta nel cielo e le stelle coprivano ogni angolo di oscurità, si avvinghiavano stretti l'un l'altra per perdersi in caldi abbracci e focosi gesti d'amore. A svegliarli ogni mattina erano i tiepidi raggi del sole alla nascita, che avevano la stessa intensità di quelli che li avevano accompagnati verso la sera, pronti a destarli verso una nuova giornata di corsa interminabile nella quale avrebbero consumato benzina ed ogni reticenza al ritorno della vita passata.

CARO AMICO TI "SCHIVO"

Il momento della vita in cui si formano le amicizie è quello dell'adolescenza. Avviene per lo più tra i banchi di scuola delle superiori, nei circoli sportivi che si frequentano già da bambini, ma poi consolidati da una ripetitiva costanza, e con le prime uscite serali a sbevazzare senza freni. In questo periodo siamo alla ricerca spasmodica di appartenere ad un'aggregazione sempre più grande e variegata di persone con i nostri stessi obiettivi, quello cioè di creare un'identità collettiva che ci rispecchi, vuoi per gusti musicali comuni, per ideali politici o fede sportiva. Quello che però davvero è l'emblema dell'età in questione, è il lento abbandono della famiglia come nucleo, per rifugiarsi in un gruppo di persone scelte ad hoc, dentro il quale riconoscersi sia individualmente che come comunità. All'inizio della fase di cernita, ci si circonda di una quantità di persone esagerata, abbiamo centinaia di amici, tutte persone con le quali siamo disposti a condividere tempo ed emozioni, siamo disponibili ad instaurare dei rapporti saldi che suggellino il forte legame dell'amicizia che sia maturo e sincero. Crescendo poi avviene una certa selezione naturale, il che significa che le immense compagnie di amici, per lo più conoscenti in verità, vengono scremate per ridurre la frequentazione giornaliera soltanto con quelli più affini, riducendone drasticamente il numero dei componenti. Man mano che l'età avanza, avviene un ulteriore selezione di amici, arrivando ad avere rapporti con quelli che si possono ritenere i migliori, coi quali ci si augura di mantenere il legame, il più duraturo possibile. In questa fase possono anche essere trascorsi vent'anni dal primo "Ciao io mi chiamo..." e ritenere che il rapporto di amicizia possa dirsi davvero consolidato. Sempre in questa sezione della vita, gli amici potrebbero aver avuto un'evoluzione personale diversa, affermandosi nell'ambito lavorativo o essere divenuti dei genitori, aver fatto quindi delle esperienze individuali di grande importanza ed il bisogno di appartenenza ad un gruppo, si delimita a poche ed esclusive persone. C'è però da tener conto che non tutti abbiano la stessa tempistica di affermazione personale, quindi può darsi che chi è divenuto genitore, potrebbe non aver di fianco l'amico del cuore che nel frattempo, si stia creando una carriera lavorativa importante e che per ritenersi davvero preparato, stia vivendo all'estero per imparare bene una lingua straniera, migliorando il curriculum vitae. Ovviamente le strade per gli amici si dividono e tutto ciò che si è vissuto insieme come unica entità, diventi un ricordo, una finestra che si affaccia sul passato, un luogo in cui tornare con la mente quando si vuole rammentare degli episodi nostalgici. Nel mio caso personale, tra il gruppo di amici al quale appartenevo, sono stato il primo in assoluto a diventare padre, in un età decisamente giovane rispetto al normale per questa attuale società. A 26 anni ho avuto mia figlia e solo un anno prima, ero nel pieno dei bagordi giovanili, quindi ogni sera era una festa, era un nuovo incontro, ero anche una spalla fidata per un amico in fase di abbordaggio, facevo il pieno di birra seduto nel locale del ritrovo abituale, ero in uno stato cerebrale offuscato da fumi di ogni tipo con gli amici prima, dopo e durante una serata in corso, suonavo duramente e frequentavo come meno fervore l'università. Ma nel momento in cui mi figlia fece la sua prima apparizione, tutto il mondo che conoscevo ed i suoi abitanti, sono venuti meno. La cosa era doverosa per carità, nell'attimo in cui sono diventato un genitore non potevo continuare a vivere in quella maniera e questo ha significato per me l'esclusione da parte dei miei amici. Da quando sono diventato padre, sono stato considerato come un abitante di un pianeta diverso, al di là della quotidianità delle mie giornate palesemente concentrate sulle priorità fondamentali, quindi famiglia e lavoro, anche per quanto riguardava le serate, sono stato accantonato come individuo. Se uno è un genitore, si è portati a pensare che non possa far più parte di un gruppo, di una cricca, anche di una band o semplicemente di un duo, perché lo si esclude a priori da tutto ciò che comporta vivere la mondanità, ed è vero, nel senso che non si può tornare a casa sfasciati in orari più mattutini che notturni, ma questo non deve significare perdere le amicizie. Era chiaro che non potessi, ma di più non volessi fare come prima, eppure sono stato escluso come un passo obbligato, come se avessi preso la carta del monopoli del "fermo per un turno". Ho affermato il mio ruolo genitoriale a 28 anni con il mio secondo figlio, in più mi ero trasferito in un'altra città, il che ha comportato una cancellazione quasi definitiva tra le fila degli amici. Le rare volte in cui ho fatto le mie apparizioni, sono state dei veri e propri eventi. Certe dinamiche non mi appartenevano più e anche lo scambio di chiacchiere con i miei vecchi compari, le vedevo così lontane dalla mia vita, che non facevano presa, non mi affascinavano, non mi interessavano come una volta. Dopo anni a turno sono diventati genitori molti dei miei amici e ora sanno cosa significa e quello che ho passato prima di loro, tanto che me lo dicono apertamente, soprattutto del sentirsi esclusi da certe situazioni. La loro fortuna però a differenza mia è, che il vecchio gruppo si sta popolando di nuovi elementi, di figli appunto, perciò in un modo diverso, restano uniti perché accomunati dal nuovo ruolo che ricoprono, mentre io sono stato il pioniere ed il più solo. Anche mia moglie ha vissuto lo stesso trattamento da parte dei suoi amici e questo rilegarci in genitori mistici e solitari, ha reso più forte e compatto il nostro legame come coppia e come famiglia. Morale della favola? Non abbandonate gli amici neo-genitori, potrebbero avere bisogno di sfogarsi, di evadere anche solo per pochi minuti con la testa, potrebbero aver bisogno di un amico. Non schivateli come delle frecce avvelenate, perché vedere un amico crescere come persona insieme ai suoi figli, può rivelarsi un fattore davvero importante anche nella vita di chi osserva.




mercoledì 19 marzo 2014

VIVERE=PAGARE

Oggi sono decisamente avvilito e demoralizzato, per un semplice motivo, che sia mia moglie che il sottoscritto, ma mettiamoci anche tutto il resto del mondo, vive facendo estremi sacrifici per ricevere uno stipendio che se ne va in tasse. E' assurdo che la totalità dei lavoratori, si ammali di stress, si porti dietro le problematiche dell'impiego e tutte le ore spese a risolverle, si imbruttiscano il carattere e sprechi i 3/4 della vita per non avere in cambio nulla. Parlo a titolo personale dicendo, che il ritorno monetario del mio lavoro è perssoché minimo rispetto a quanto ci metto nell'eseguirlo a dovere, se ci aggiungo anche tutte le ore di sonno perse e i disagi che questo comporta, mi verrebbe da dire che sono sottopagato. A fronte di quanto detto, quei quattro soldi che percepisco, vengono spesi inutilmente almeno la metà, per far fronte alla chiamata dello Stato nel quale mi obbliga a pagare, ogni mese per dei servizi inutili o addirittura inesistenti. La mia busta paga è dimezzata ogni quindici del mese, per colpa del costo del lavoro ed è assurdo se ci penso, perché significherebbe che per avere la grazia del lavoro, il mio datore spende dei soldi che ovviamente si rifanno su di me, quindi pago per lavorare. Tra l'altro queste grandi cifre che mi vengono sottratte vanno a finire in un calderone di ignota destinazione, non contento il mio Bel Paese, aggiunge tasse su tasse per ogni cosa. Se avessi un riscontro concreto su ciò che mi viene tolto in automatico in busta paga ed il sovrapprezzo che pago su ogni servizio, lo vedessi materializzare davanti ai miei occhi, sarei ben contento di contribuire con la mia parte a formare uno Stato che funzioni, cioè non pretendo che mi si regali nulla, se consumo è giusto che io paghi. Ma quando invece sono costretto a pagare per non ottenere niente e in più, questi soldi vengano utilizzati in modo oscuro e non giustificabile, allora non ci sto. L'Italia credo che sia il paese con più tasse tra quelli mondiali. L'erario spreme fino all'ultimo centesimo ogni cittadino, un momento non tutti, solo quelli che non fanno parte della casta dei ricchi, nella quale includerei senza ombra di dubbio tutti i migliaia di politici, che inventano altre tasse, stando comodamente seduti in parlamento ad architettare altri modi per sottrarre i pochi euro dello stipendio. Se dovessi fare l'elenco di tutto ciò che aumenta in basse al ricarico dei dazi, starei a pigiare sulla tastiera fino a domani. Non c'è alternativa a non pagare per me comune mortale, perché se evadessi, sarei perseguito fino alla morte e oltre, mentre chi beatamente imbosca capitali di milioni o raggira per il proprio tornaconto, ciò che noi siamo costretti a sborsare, ecco queste persone non vengono nemmeno indagate. Il motivo è che siamo dentro una ragnatela gigante sulla quale pochi e privilegiati ragni mangiano a più non posso, tutte le povere mosche intrappolate su i fili appiccicosi dei pagamenti obbligatori. E' un sistema malato ed ingiusto ma in atto da quando l'uomo ha capito che non bisogna essere onesti, ma bensì furbi, per vivere meglio. Penso che chi ci governa, prima di incamminarsi sulla strada della politica, fosse mosso da grandi ideali, ma quando poi ha capito che sedendosi sulle comode poltrone, poteva anche dimenticare i sentimenti aulici della giustizia e della democrazia e cominciare così ad ingozzarsi di ogni benefit e privilegio, non abbia più smesso, ritenendo il suo operato una giusta conseguenza della figura del politico. In Italia ci sono una quantità ingiustificata di partiti e di politici, che per godere del vitalizio e dei super stipendi, inventa manovre, tasse, legislature, che come scopo hanno quello di rendere immutabile questa assurda situazione. Anche se un giorno il popolo italiano dovesse arrivare a compiere una rivoluzione, chi verrà dopo questi parassiti, in poco tempo si comporterebbe in egual modo a chi li ha preceduti, non lo dico io, ma la storia insegna quanto sostengo. Che tristezza, non posso nemmeno immaginare di fare qualcosa di bello per me e per la mia famiglia, perché devo fare i conti ogni mese su ciò che devo pagare e tolto questo, mi restano solo i soldi per sopravvivere, ma è vita questa? Sono in una gabbia e non c'è verso che io scappi, anzi semmai ci fosse, dovrei pagare una tassa per essere scappato e una per aver lasciato la gabbia incustodita. Vi odio tutti.

martedì 18 marzo 2014

IL RING TRA I BANCHI E LE SEGGIOLE

Ieri mia moglie ed io, abbiamo assistito ad una riunione straordinaria della classe di mia figlia. La questione verteva su un problema sollevato dai genitori, entrambi luminari sulla sociologia e psicologia, riguardante la poca attività motoria effettuata nel giardino esterno, durante le ore dell'intervallo, da parte dei giovani alunni. Essendo appunto entrambi i genitori degli addetti ai lavori, come da loro definizione, il problema è stato analizzato in modo molto dettagliato, specificandone altresì l'importanza di tale richiesta, citando grossi nomi dell'educazione infantile, nonché scienziati dello sviluppo del bambino e via discorrendo. Il tutto è partito da una mail, redatta dalla mamma pioniera, nella quale veniva affrontato il problema, ma scritta con dei toni che a molte mamme e anche alle maestre non è piaciuto per niente. Credo che la richiesta nel suo insieme non sia stata presa in esame neanche lontanamente dal corpo insegnati, poiché hanno dimostrato che il movimento da parte dei piccoli è effettuato largamente anche all'interno della classe e appunto nell'intervallo. Per quanto concerne il giardino, hanno dato delle spiegazioni piuttosto plausibili sulla poca frequentazione, ciò non significa però che non ci siano mai andati. Ok il problema di sollevato dai genitori del compagno di mia figlia, poteva anche non essere di estrema importanza, certo è stato utile conoscere quanto ci è stato illustrato dalle mail, ma conoscendo come funziona l'istituzione scolastica italiana, non la ritengo solo poco fattibile, ma bensì irraggiungibile. La cosa poteva essere gestita in maniera più rapida, secondo me, avrebbero dovuto chiedere un colloquio con le maestre, nel quale si poneva luce sulla questione, oppure prima di arrivare agli insegnati, avrebbero dovuto chiedere un incontro con tutti i genitori, esponendo ciò che ritenevano doveroso comunicare. Arrivati all'assemblea, con tanto di preside in auditorium, è iniziata una vera e propria bagarre tipo riunione di condominio. Dire che i genitori dottori, (per lo più la mamma) sono stati messi in croce è dire poco. Le mamme della fazione avversaria, hanno letteralmente sputato del veleno, come se dovessero smontare qualsiasi opinione e idea del duo genitoriale, con una foga poi, davvero fuori luogo. Sia io che mia moglie, ci siamo guardati increduli sul modo di fare delle amazzoni guerriere, travestite da mamme, credendo che prima o poi sarebbero venute alle mani, non che sia successo, ma ancora mezz'ora di discussione e avrei assistito ad una lotta nel fango nel famigerato giardino. Quando poi i toni sono stati smorzati da alcuni papà presenti, la cosa è rientrata un po' nei ranghi della civiltà, per fortuna e al termine di questa sceneggiata, tutte le mamme contrapposte alla dottrina sperimentale della crescita dei fanciulli, sono andate a congratularsi con le maestre per il loro splendido lavoro, nel mantenere granitica come sempre l'istruzione italiana. Io devo essere onesto, non mi sono esposto neanche un po' all'interno del dibattito, 1 perché non volevo alimentare il fuoco, 2 il problema di fondo, non mi è sembrato poi così urgente. Comunque resta il problema, che appena ci sono delle idee differenti da quelle solite, non esiste un minimo di elasticità mentale, nel venire incontro a chi la pensa diversamente. Questa è l'Italia signore e signori, che si aprino le danze sulle tavole di pietra.

sabato 15 marzo 2014

GOCCIA DOPO GOCCIA

Me ne sto seduto a fissare da un'ora questo rubinetto che perde, ho contato 315 gocce poi ho perso il conto. Sono pieno di MDMA e rimanere concentrato per tutto questo tempo è stata la cosa più faticosa che ho fatto durante questa dannata settimana. Tremo come una due cavalli scassata, proprio come quella di Lele, sarà anche vecchia come il pane quella macchina da sfigati, però riesce sempre a toglierci dai guai quando serve. Invece il mio motorino è completamente fuori uso, devo smetterla di guidare da fatto, però potrebbero mettere anche meno pali della luce in giro, c'è bisogno di vedere ogni dieci metri, dico io? Non bastano tutte quelle che vengono fuori dalle case, dai locali notturni per non parlare di tutte quelle auto che sfrecciano su Corso del Lago, che senso ha? E si lamentano delle Co2 e dell'inquinamento e tutto il resto, che palle! E' normale poi andare a sbattere, quando non si è esattamente nelle condizioni di guidare. Forse il vero problema è la robaccia che prendo dal Rottame, mi ostino ad andare fino lì, quando poi mi rifila della speed che non mi sballa nemmeno se me ne calo due di fila, inutile, soldi buttati. Stasera vedo di rimediare qualcosa di buono, forse un po' di polvere latina, mi ha dato la dritta Zoe che al Chico gliene sono arrivate delle buste precise, vediamo che aria tira. Se sono come quelle del mese scorso questa volta glie le faccio mangiare tutte da farlo andare in over. Certo che sto diventando troppo menoso sugli sballi, ma che mi succede? Non voglio arrivare a pungermi come quel bastardo di Trippo. Dopo ieri sera è partito per il trip più lungo del mondo e non è più tornato. Spero non ci sia rimasto secco, sai che sbatti se mi muore in casa? Cosa dico agli sbirri, che è sono rientrato e lui era già così? Forse potrei anche passarla liscia, preciso, posso dire così. Chi si fa di robba, diventa robboso, ovvio, ma il più delle volte perde il limite e ci rimane. Con quelle sintetiche al massimo ci perdi un po' di cervello, ma non ti viene il collasso. Se proprio mi sono riempito basta bere un white lady e il trip si perde, in qualche maniera mi riprendo. Anche l'erba però smorza gli animi da viaggio acido, dovrei avere qualche joint pronto da qualche parte in bagno. Chiedo a Trippo se si alza e me ne prende uno, ho troppa voglia di fumare, ma ad alzarmi non ci penso neanche. 
"Trippo, sei vivo? Mi prendi una giolla? Trippo, dai svegliati è da ieri che sei in quella posizione! Vedrai quando ti svegli come ti sentirai intorpidito, allora si che vorrai anche tu uno spino per distenderti."
Niente quel pachiderma non si ripiglia. Forse non è l'eroina che lo ammazza, ma tutta quelle trippa che ha intorno al collo che non lo fa respirare. Di solito russa come un tricheco, ora non sento niente. Che schifo ha pure del sangue intorno alla bocca. E' veramente un uomo ripugnante, però è simpatico e ogni tanto tira fuori pure della roba buona. Nonostante sia un deficiente, nelle risse incassa bene e mena le mani come camionista polacco. Se ci ha lasciato la buccia, mi spiacerebbe pure. Però non qui, almeno non adesso, non ho la forza di alzarmi e di soccorrerlo e fare tutte quelle cose che servono per evitargli la morte. Non è detto che potrei fargli un favore, se si punge è perché non vuole andare avanti, io l'ho sempre pensata in questo modo. La roba che mi faccio io, non è la robba che si fa lui, non voglio essere un robboso. Io ci tengo alla carcassa, voglio solo sballarmi e con le anfe, ci riesco bene. Avessi qualche soldo in più non mi farebbe schifo, visto che lo sballo costa, sono sempre in bolletta. Quando bevevo come una spugna spendevo di meno, ma mettevo su troppa pancia e per metà della serata ero in qualche angolo a sboccare veleno, con le anfe tiro tutta notte e il mio fisico è asciutto come un nuotatore pro. Persino il Trippo ne gioverebbe se si calasse un po' di speed, qualche pasticca, due righe, due LSD al giorno e ritornerebbe in forma come una volta. Ammesso che lo sia mai stato. Ora che ci penso l'ho conosciuto che era già una palla come ora. Quando l'ho conosciuto esattamente? Bo chissene, forse questa potrebbe anche essere l'ultimo giorno. Dovrei fare qualcosa, come commemorarlo, dirgli qualche frase toccante, una preghiera? Nah, ma mi ci vedi a pregare. L'unica volta che l'ho fatto è stato per evitarmi una coltellata alla gola da quell'imbecille delle medie. Già da piccolo era un delinquente, uno che se ne andava in giro con la lama, da grande se ne andava col ferro in tasca. L'hanno seccato com'era giusto che fosse, un passo obbligato. Sono troppo fuori, me ne vado a male per ogni pensiero. Tutto sommato l'MDMA non era poi malaccio, anzi. Mi sa che mi sono preso male, però cristo. Volevo fumare e quel ciccione del Trippo non si è alzato per prendermela, sto schiumando dalla rabbia. Ho capito che devo alzarmi e prenderla da solo, così posso dare un occhio a questa balena spiaggiata sulla poltrona. Se è morto esco e poi ritorno con qualcuno che mi possa aiutare. Da chi posso andare con la scusa di portarlo qui, vediamo. Ginko meglio lasciarlo ai suoi secchi e alle sue basi, non è affidabile. Crosta è un dritto ma è sempre in sbatti in qualche giro, non ho la forza di portarlo qui. Non mi viene in mente nessuno. Magari Staga, si lui è uno dal sangue freddo. Tutte le volte che lo vedo non capisco se è fatto come una bradipo o è uno sciamano di qualche tribù. Però dovrei uscire e così come sto ora, non capisco neanche dove sta l'uscita dal palazzo. Faccio prima ad andare in bagno e fumarmi una canna, poi dopo ci penso.
Forse è qui oppure nell'armadietto dei medicinali? Ovvio è una manna dal cielo sicuramente sarà lì. Bingo! Altro che ganja, qui ci sono un paio di pastichette fuxsia che fanno proprio al caso mio. Queste sono davvero il massimo, Amstredam fluo e chi se lo ricordava. Dopo queste avrò la grinta per fare tutto, anche di soccorre Trippo. Devo buttarle giù con dell'alcol ignorante, tipo una grappa. Si forse un po' di fondo è rimasto di là. 
Cosa c'è? Niente di niente, devo smetterla di far venire fattoni in casa, mi prosciugano qualsiasi liquido quando si smorza il trip, le anfe asciugano di brutto. Bene un J&B roba più ignorante di questa non c'è n'è. 
Diamine ora mi sento un leone, dovrei uscire ho l'energia del sole come Daitarn 3 che mi spinge a muovermi. Trippo lo soccorrerò dopo. Mi sento una furia ho voglia di spaccare il mondo con le mani, forse spacco questo ciccione a suon di schiaffi, così impara a morire in casa mia. 
Uno, due, tre e quattro bei pugni in faccia, lurido ciccione. Ora ti spacco la bottiglia in testa e...
"Oh ci sono, sono sveglio."
"Cristo Trippo questa volta mi sono spaventato, non ti svegliavi più."
"Il viaggio è stato lungo a 'sto giro."
"Menomale, la sbatta di chiamare i soccorsi me la sono risparmiata."
"Grazie Filo sei un amico."
Torno a fare quello che stavo facendo prima. A quanto ero fermo? Ah si ora ricordo.
316, 317, 318..



venerdì 14 marzo 2014

LA GUERRA DELLE DONNE

Sono sempre più convinto del fatto che per una donna non sia semplice la vita. Non serve avere una grande sensibilità per capirlo, basta leggere le pagine di cronaca dove si può vedere un elenco, quasi infinito, di donne che hanno subito violenza, purtroppo molte di queste fatali. Negli ultimi tempi si parla di "Femminicidio" è un neologismo che porta dietro una triste realtà ed una condizione avvilente di impotenza e rassegnazione, innegabile. Molte donne questo termine lo aborrano, lo rigettano, lo combattono, ora non sto qui a sindacarne il motivo, comunque sia ciò che accade oggigiorno è deplorevole ed ignobile, anche se in verità, questa situazione drammatica è rimasta immutata nel tempo. La condizione femminile è dagli albori dell'umanità subordinata alla figura dell'uomo. Per cominciare nell'ambito religioso di qualunque credo, come quello cattolico che vuole Eva nata da una costola di Adamo e artefice dell'incitamento ad infrangere il divieto della mela, che tradotto sarebbe così: inferiore, poiché all'essere perfetto maschile (cioè ad immagine e somiglianza del "principale") è stata sacrificata una parte del costato per dare vita ad un altro corpo ma non con la stesse caratteristiche, omettendo per prima la forza fisica. Maligna, per essere riuscita a convincere l'uomo con le sue armi seduttive ad infrangere la regola sacra. Carino no? Quanto alla visione maomettiana della donna, beh penso che si siano spesi un fiume di parole a riguardo, dalle quali sono nate delle vere e proprie battaglie in favore della loro libertà. Gli induisti non sono da meno. Una delle tante loro regole, obbliga la donna a sposare l'uomo che la famiglia ha scelto per lei (cosa che accadeva anche da noi non molto tempo fa) e quando questo muore, è d'obbligo che la moglie si butti nel rogo ancora viva, per seguirlo nell'aldilà. Queste sono degli accenni a ciò che viene riservato alle donne solo nel campo religioso, ed essendo queste delle regole dettate dalla fede, purtroppo si può fare poco per cambiare quello che è stato scritto nelle sacre scritture. Se fosse per me le brucerei tutte, ma non ho con me così tanti fiammiferi. Non voglio infilarmi in un discorso che potrebbe essere frainteso o magari espresso male per una mia ignoranza di base su certi argomenti, ma quello che ritengo di sapere bene è che in tutte le società la donna è una vittima, sia nella religione, che nelle regole di vita sociale, ed è un uomo a dirlo. Non bisogna andare a prendere dei casi limite o catastrofici per rendersi conto della discriminazione sessuale in atto, anche guardare con un occhio un po' più critico ciò che avviene in sfere diverse da quelle sopra descritte, è utile a comprendere la condizione che le donne subiscono oggigiorno. Sul lavoro per esempio, sono pagate di meno, difficilmente raggiungono livelli dirigenziali, vengono fatte loro forti pressioni di rinuncia alla maternità, o posticipata ad età a volte persino rischiose e sono spesso esaminate clinicamente dai colleghi uomini per le loro caratteristiche fisiche, per dirne giusto qualcuna. Il campo dove meglio si prendono in considerazione le vere attitudini delle donne ed il loro cervello, è quello dello spettacolo/moda/televisione, qui si che da essere umano si tramuta per magia, in un oggetto propriamente detto, che possibilmente sia non pensate, esteticamente perfetto, disponibile non solo nei sogni e pronta a tutto per la soddisfazione di chi le sovrasta. Tempo fa parlai con mia moglie proprio su questo argomento e lei mi riportò le parole di una sua docente universitaria, che per come la vedo io, ha davvero centrato il problema, cioè: di questi tempi il ruolo e la figura della donna sono banalizzati, si prende sotto gamba ogni problema che la riguarda, perché si è legittimati a credere che non valga di più del corpo che mostra. E' aberrante però è così. Riflettendoci mi rendo conto che quando si parla tra uomini di donne, il passaggio immediatamente successivo è quello del sesso. Quando guardo un film, piuttosto che una pubblicità in TV o sul giornale, la stragrande maggioranza delle volte ci sono ragazze succinte o donne semi nude, messe in bella mostra per attirare l'attenzione di noi uomini. E' un dato di fatto che noi maschi abbiamo due cervelli, uno risiede placido dentro la calotta cranica, l'altro nei pantaloni. Io non sono esente da questo discorso, cerco di dividere il più possibile le due attività, ma nonostante i miei sforzi, l'istinto maschile di riproduzione è faticoso da domare, me ne rammarico certo. Per questo motivo la donna è strumentalizzata ed esposta non diversamente da un manichino in vetrina. Il calcolo è presto fatto, il mondo è in mano agli uomini e per sollazzare il desio del sesso, la donna deve rispecchiare tutte le caratteristiche dettate dalla volontà maschile ed è assurdo che tantissime donne, non tutte per fortuna, si prestino a questo gioco perverso per la compiacenza del maschio. Quella che in alcuni casi casi viene definita come emancipazione femminile, se si guarda bene non è altro che la creazione o meglio l'impersonificazione di diversi modelli stereotipati del gusto maschile, che non hanno nulla a che vedere con la normalità delle donne, in tal modo, molte ragazzine insicure, prendono d'esempio dei modelli sbagliati per farsi accettare dai loro antagonisti naturali, nel senso che per piacersi devono per prima piacere ad uomo, forse a tutti gli uomini che incontrano, così in questo modo, possono avere la certezza di essere considerate belle. Sembrerà assurdo ma considerare la donna come un essere inferiore, purtroppo viene insegnato fin da piccoli ai bambini. Lo posso dire con certezza perché avendo una figlia, so come a volte viene trattata da i suoi compagni di classe maschietti, ovvio lo si deve commisurare in un contesto di bambini, ma il passo che questi faranno da grandi, non sarà poi lontano da tutto ciò che poi si legge sul giornale. Non soltanto sono i padri ad insegnare ai figli maschi quanto ho appena detto, ma anche le madri prendono parte a questo sbagliato modo di educare i figli, facendosi trattare come delle pezze da piede sia dal marito che dal figlio stesso, accettando per prime questa orrenda consuetudine. Di esempi ne potrei riportare a bizzeffe, quindi mi permetto di esprimerlo apertamente in quanto parlo con cognizione di causa. Personalmente ho sempre avuto un grande rispetto per le donne, eppure non sono sicuro di non aver mai offeso oppure urtato la sensibilità di qualche ragazza da giovane o qualche bambina da piccolo, credo di no, ma non ci giurerei, proprio perché si è sempre tenuti a credere che fosse corretto pensare in questo modo totalmente errato, senza che nessuno mi insegnasse il contrario. Mia madre è sempre stata una donna forte e mio padre non le ha mai mancato di rispetto, quindi sono tenuto a credere che almeno in famiglia, le cose andassero diversamente da ciò che vedevo all'esterno, ma se devo dire di avere la coscienza pulita, ecco non mi azzardo a sostenerlo. Ora che sono padre di una figlia femmina voglio insegnarle che lei deve pretendere da tutti gli uomini il rispetto che merita perché una donna non è seconda a nessuno. Per quanto riguarda mi figlio, gli insegnerò appunto di rispettare tutte le donne perché è così e non c'è altra via se non questa. Francamente credo che se il mondo fosse governato da più donne che uomini, vivremmo tutti molto meglio di adesso, non soltanto perché le donne sono più sensibili su certe tematiche, più capaci nella gestione di tutto ciò che riguarda un'organizzazione, ma per il semplice fatto che sono più intelligenti e per questo avranno sempre, al contrario di noi uomini una marcia in più. Il mio centesimo post è una celebrazione dell'altra metà del cielo, quella sempre splendente di giorno, ma anche stellata di notte, quella che da qualunque parte la si guardi, si vedrà sempre la parte più bella in assoluto, questo post è per tutte voi, ho detto.

sabato 8 marzo 2014

CON LE UOVA NELLE SCARPE

Quello che potevo fare ho fatto, quello che potevo dare ho dato, anche quello che potevo essere sono stato. Mi sento esausto, consumato, prosciugato dalla routine e annientato dall'abitudine di pensare che ciò per la quale mi affatico, sia la sola cosa giusta per me. Ciclicamente torno a pensare di dover fare un cambiamento drastico nella mia vita, di esplorare nuovi orizzonti, di addentrarmi in nuove situazioni per sentirmi vivo, per apprendere qualcosa in più da mettere nel mio bagaglio delle conoscenze, eppure, faccio solo pensieri dai quali ricavo sempre il solito risultato, cioè niente. Per non venire bombardato dal timore di compiere il famoso passo falso, accantono in un angolo remoto del mio cervello, la stuzzicante idea di azzardare ad un cambiamento. Nonostante i miei sforzi di occultamento, questo pensiero resta vivo come un focolaio che spesso sono io ad alimentare, a volte invece il combustibile necessario per ravvivare il fuoco mazdeista, mi viene rilasciato dalla persona più vicina a me di chiunque altra, e ne coprendo perfettamente il motivo. Nelle mie fasi di ribellione impiegatizia, quelle nelle quali sono pronto a rimettermi in gioco in altri ambiti, quelle dove mi sento di poter immergermi a capofitto in nuove esperienze, a conti fatti, resto pronto solo idealmente cioè, con la testa sarei in grado di spodestare anche il direttore della BCE, ma poi la codardia che ho faticosamente coltivato negli anni, mi impedisce di eseguire l'azione che potrebbe rivelarsi vincente. Sono solito credere che la mia situazione attuale sia comoda per me e per la mia famiglia, in quanto sono libero durante le ore diurne e ottenendo da questo alcuni vantaggi come, la possibilità di portare e prendere i bambini da scuola, di recarmi a lavoro in bicicletta, di scrivere i miei romanzi quando lavoro nel cuore della notte, di impiegare il mio enorme tempo libero nel formarmi accademicamente o semplicemente coltivare degli hobbies che a tutt'oggi sono rimasti dei passatempi poco fruttuosi. Quindi sono delle scuse che mi sono accampato perché quello che mi frena dal trovare un lavoro normale e meglio pagato, non sono nè più nè  meno le mie psicosi. Qui davvero metto a nudo me stesso per quello che sto per scrivere. I miei limiti sono dovuti a delle paranoie e fisime mentali che interferiscono con i progetti che prefiggo, tipo delle ansie inspiegabili e un enorme senso di fastidio, derivati dall'insicurezza per lo più, ma forse dalla pigrizia e da una forte inadeguatezza nell'affrontare certe situazioni, che sono alla base della vita quotidiana. E' come se emergesse una repulsione inconscia e da questa partisse un conflitto interiore che mi logora, nel momento in cui vengo collocato in un contesto di normalità. Come se volessi distinguermi dalla massa agendo in modi anticonvenzionali, alternativi e poco ortodossi, essenzialmente per due motivi:
1 perché determinati condizioni mi indispettiscono a prescindere.
2 perché mi sento appartenente ad una minoranza "intellettuale" dalla quale faccio fatica a staccarmi.
Potrei anche fare l'elenco di ciò che mi rende riluttante e avverso ad una normale esperienza lavorativa, ma sono così paradossali che mi vergogno, poiché si potrebbe addurre ad una pazzia latente che preferirei omettere. Per concludere so che devo venire a patti con  un modo di intendere la vita con il quale non arrivo da nessuna parte, devo ammorbidirmi sulle mie convinzioni e sui modi di agire, devo crescere in ambito lavorativo, per cui devo cambiare lavoro.

venerdì 7 marzo 2014

f U f F O




Se non esistessero i fiori riusciresti a immaginarli? Così recitava un verso di "Altre forme di vita" dei Bluvertigo. E' un argomento davvero affascinante pieno di segreti, di complotti, di scoperte e di rivelazioni più o meno attendibili. C'è chi ci crede fermamente all'esistenza degli extraterrestri e chi pensa siano solo storie prive di qualsiasi fondamento, per meglio dire di fantasia, anzi fantascienza è più appropriato. E'  innegabile che quando si guarda il cielo venga spontaneo chiedersi: siamo da soli nell'universo o c'è qualcun altro che vive al di sopra delle nostre teste? Io sono sicuro di si, in fondo non c'è motivo di credere al contrario. In fin dei conti pensare di essere gli unici nell'universo non suscita negli animi, un profondo senso di solitudine? A me si. Dico io, nell'immensità del cosmo ci sarà pure un'altra forma di vita? Anche la legge dei grandi numeri è in grado di sostenere la tesi di questa probabilità, che diamine, se ci pensiamo bene non è poi così assurdo. Mi piacerebbe vivere abbastanza a lungo per poter assistere al momento in cui ci sarà l'incontro con i nostri "vicini." Quello sarebbe l'attimo in cui tutte le teorie religiose cadrebbero come foglie rinsecchite, l'occasione in cui i governi del mondo, sarebbero costretti e sciogliere quel bavaglio di omertà sugli occultamenti delle prove e rendere così pubblici i segreti insabbiati per decenni. Per dirla in breve, sarebbe un momento di grande rivalsa su tutti quelli che non credevano alla chiamata di ET effettuata con il suo dito telefonico, oppure all'invasione di lucertoloni travestiti da umani che si cibavano di ratti, come i nostri amici Visitors. Una volta arrivati sulla Terra e palesati davanti agli occhi dell'umanità, a quel punto Luca Giurato potrebbe rivelare la sua vera natura di marziano, senza problemi, solo allora molte cose si spiegherebbero.


 (L'immagine di sopra non è altro che la foto della lampada della mia camera da letto modificata, purtroppo.)









mercoledì 5 marzo 2014

NOSTALGIA CANAGLIA

Essere nato all'inizio degli anni '80 vuol dire portarsi dietro un bagaglio di ricordi tristemente collegati alla TV, poiché a quei tempi rimanere davanti all'apparecchio era visto come un passatempo innocuo. Tra le tante cose trasmesse in quegli anni, a farla da padrone sulle nostre menti innocenti di bambini, c'erano i bombardamenti dei prodotti alimentari correlati ai cartoni animati, come i biscotti dei Puffi, di Kiss Me Licia, le cicche di Braccio di Ferro a forma di spinaci, piuttosto che le marche di merendine vere protagoniste di quel periodo. Come non ricordare le ciambelle Mister Day, il tegolino, il soldino della Mulino Bianco e la mitica girella Motta? Sembra assurdo ma ripensare a dei prodotti privi di ogni qualità, prima fra tutte nutritive, mi viene un moto di nostalgia. Onestamente, credo che un sentimento del genere spetti per cose più importanti, con un elevato senso "spirituale", che siano di un certo spessore per la crescita di un bambino, e non rivolte a delle semplici brioche, intendiamoci. Si è probabile che il magone che mi si erge in gola, sia dovuto alla situazione a cui la mia mente mi fa riferimento e non alla merendina in sé e che tutti quei prodotti siano solo dei simboli per collocare un oggetto ad una situazione, però è indiscutibile che soltanto nel rivedere una pubblicità antica come Roma, in un certo qual modo, il mio senso nostalgico prende il sopravvento su di me. Basta pensare che nel momento in cui mi ingozzavo di quelle robacce, il mio stomaco sobbalzava di gioia, va da sé che il cervello ricorda solo il bello di quella sensazione, è normale. Tralasciando i dolciumi che hanno contribuito a rendere più ricco il mio vecchio dentista e tutti gli amministratori delegati delle aziende merendose, che nonostante la crisi perdurano negli anni rallegrando anche i miei figli, la vera malinconia di quegli anni è rivolta a i miei giocattoli, per quelli si che rimpiango la mia fanciullezza. Sono stato un bambino piuttosto fortunato (perché m'hanno regalato un sogno...) in fatto di giochi, ne avevo parecchi e sono sicuro di aver giocato con ogni singolo personaggio, macchinina, mostro e peluches che ho ricevuto tra i vari compleanni e feste di Natale. Mi perdevo completamente nelle vicende fantastiche in cui i miei giocattoli compivano le gesta eroiche, che decidevo di far loro eseguire con tanto entusiasmo. Quello per me era realmente un passatempo sublime ed estremamente coinvolgente. Non volevo che nessuno oltre a me partecipasse al gioco, perché avevo stabilito delle regole precise all'interno di un regno che per me esisteva davvero, nel quale a turno, i miei personaggi si succedevano il trono a suon di battaglie catastrofiche e guerre apocalittiche. Tutto era dentro la mia testa ed era troppo complicato spiegarlo a qualcun altro, non avrebbe di certo capito le dinamiche, per non parlare del diletto che ne avrebbe risentito drasticamente, ragion per cui giocare da solo era per me la cosa  più piacevole e spassosa di tutte. I protagonisti cambiavano a seconda del loro arrivo, se il gioco era nuovo, ovviamente diveniva il principale, quando di novità non ce n'erano allora lì era tutto aperto ad ogni possibilità. Come dicevo prima per le merendine, il mio cervello di giovane acquirente, veniva indotto all'acquisto dei giochi guardando le pubblicità trasmesse nelle ore dei cartoni, e di certo non potevo non essere invogliato ad avere ciò che i miei occhi incrociavano sullo schermo della TV. Una volta intontito per bene dall'accattivante rèclame, correvo a chiederlo ossessivamente a mia madre che mi accontentava per sifinimento. I miei preferiti erano i Masters of the Unviverse, ne avevo parecchi e ancora oggi li rimpiango dopo che ho visto che li hanno rifatti in meglio, poi robot di tutte le fattezze, macchinine di tutte le forme e colori (anche quelle che cambiavano cromatura con l'acqua) playmobil, lego, uno stuolo di peluches infinito, tanto che quando andavo a letto e li portavo tutti con me, sembravo Noè. A dire il vero ho avuto anche dei giochi non proprio di marca, molti provenivano dal mercato o erano quelli più economici del mio negozio preferito "LA CASA DEL GIOCATTOLO" e comunque il risultato non cambiava anzi, mi divertivo di più a pensare di avere un personaggio, che non avere quello originale, eccezion fatta però per i lottatori del Wrestling, perché quelli non autentici (che comunque avevo) erano decisamente scarsi. Di giochi ne avevo a bizzeffe e di merendine ne ho fatte scorpacciate enormi, per quel che ricordo la mia infanzia è stata uno spasso, magari un po' consumista, ma gioiosa. D'altronde ero un bambino e cosa rende più felice un marmocchio se non un gioco nuovo e una merendina gustosa? Ora che sono padre, mi ingozzo meno di merendine e non gioco più molto, lo faccio solo se i miei figli me lo impongono, però il più delle volte cerco di defilarmi, perché ora sono io a non capire bene le loro dinamiche. Vedere che anche loro si entusiasmano come facevo io, mi rende felice in modo inquantificabile, sarà banale dirlo me è la pura verità. L'obbiettivo più grande nella mia vita, la mia missione, è quella di rendere l'infanzia bella e gioiosa ai miei figli tanto quanto l'ho avuta io se non di più. Vorrei che loro da grandi ripensassero alla loro fanciullezza con quella dolce nota di malinconia che un bel ricordo lascia nel cuore, spero vivamente di riuscirci.

lunedì 3 marzo 2014

LA TORTURA DELLO SPREMIAGRUMI

Nella società moderna di oggi, ci troviamo spesso ad essere vittime involontarie di un sistema malato, logorante ed alienante. Siamo divenuti delle macchine capaci di produrre qualsiasi cosa, dai beni materiali di uso comune, alle psicosi mentali, passando per le malattie infettive, fino ad arrivare a creare un senso di bisogno fittizio e del tutto ingiustificato di oggetti, di sentimenti e di necessità. Oggigiorno l'essere umano è in grado di produrre e riprodurre tutto. L'infanzia dei bambini, oltre ad essere circondata da beni di consumo più o meno utili, è proiettata in visione di una futura produzione di altrettanti oggetti per generazioni seguenti, capaci un giorno di fabbricare tutto ciò che serve a chi verrà dopo di loro, esattamente come la catena di montaggio del celeberrimo Henry Ford. All'interno di questo immenso sistema di produzione, ognuno di noi ha la propria dose di responsabilità nell'alimentazione della macchina, ovvero, presi singolarmente ogni essere umano, contribuisce a mettere un pezzettino di carbone dentro la fornace di questo treno inarrestabile che avanza distruggendo anche il più piccolo frammento di equilibrio naturale. Stiamo oggettivamente riducendo al minimo le fonti di energia del pianeta in nome del benessere, avvelenandoci per questo, sia l'anima che i pomoni. E' incredibile eppure paradossalmente per riuscire a stare bene, secondo quel modello imposto dalla società come benessere, ci ammaliamo di malattie subdole, atroci, come tumori&Co. Ci alimentiamo di roba tutt'altro che naturale, ma spacciata e spergiurata come tale da chi la produce, ingannandoci con gli involucri dei prodotti, imbellettati da fiori e piante su una bella confezione a sfondo verde, come a sancire il collegamento mentale che lega il verde alla natura, quando poi in verità ci introduciamo lo stesso quantitativo di ingredienti poco salutari e a volte persino tossici di altri, ma confezionati con colori anonimi o addirittura a volte sgargianti come i giubbotti del pronto soccorso. Ci stiamo inquinando anche il cervello con il lavoro quotidiano. Certo, perché per avere quei quattro soldi che ci permettono di tirare a campare, siamo costretti ad ingoiare tutti i malumori dovuti allo stress, delle persone che ci stanno vicino e non di meno i propri, in luoghi di lavoro congestionati di richieste fatte da persone frettolose e prepotenti, magari anche scorbutiche e maleducate, scandite da ritmi serrati e per l'appunto stressanti. C'è anche chi, per guadagnare un briciolo di più, sacrifica le ore notturne, notoriamente dedicate al riposo, a scapito della salute e dei bioritmi necessari al proseguimento di una vita normale, per quel bene, che però è il più grosso male di tutti i tempi, si parlo esattamente di loro, dei soldi. Non si scappa tutto è circondato dalla pecunia, incredibile ma vero anche la felicità la si può misurare in banconote. Chi è ricco non è costretto a pensare a tante cose, o meglio, forse non si preoccupa delle questioni basilari come chi di soldi non ne ha neanche un po', ed è per sua fortuna, più disponibile ad una vita di fatta di piaceri, di sfarzi e di eccessi. Al contrario chi è povero non pensa a niente se non alla sopravvivenza, però chi sta nel mezzo, ma quello un bel po' al di sotto della classe media, per questa stragrande maggioranza di persone la vita è complicata. I soldi li guadagna ovvio, ma come entrano allo stesso tempo escono con una rapidità da Speedy Gonzales, mica perché ha le mani bucate, magari! Ma soltanto per rimanere in regola con tutte le bollette, per non incappare in sanzioni è scrupoloso di pagare tutto entro la corretta tempistica, per sfamare una famiglia, ecc... sborsa ogni mese l'equivalente dello stipendio guadagnato con fatica senza ricevere nulla di più. E' la fetta di persone che fa sacrifici, quelli che per fare dei progetti hanno bisogno di calcolare tutto e scongiurare che non ci siano imprevisti, sono quelli che la vita presenta loro il conto ancor prima di realizzare un sogno, sono quelli che le soddisfazioni ne ha poche e quelle che ha le custodisce come il più preziosi dei tesori. Sono la base della società, le fondamenta stabili sulle quali si erge lo Stato che tuttavia nonostante lo sorregga a stento, purtroppo, si accanisce di più con le tasse, le sanzioni, gli sbagli, vai a capire il motivo. Quelli che le ingiustizie non le vedono soltanto passare, ma le subiscono ogni giorno e per vederle scomparire devono comunque pagare di tasca propria, anche quando l'errore non è avvenuto per mano sua. Sono le arance spremute fino alla buccia, usufruendo del loro succo ogni singola goccia, oppure prime ad essere sprecate e lanciate come quelle della battaglia di Ivrea. Solidarietà alla arance di tutto il mondo e al cibo sano.

COME UN ANNO FA

 L'anno scorso siamo rimasti rinchiusi per mesi a causa di un virus letale, sconosciuto e altamente aggressivo, dopo un anno siamo ancor...