sabato 31 ottobre 2015

HALLOWEEN, SOUNDS GOOD

Oggi nei paesi anglosassoni si festeggia Halloween, ripeto, nei paesi anglosassoni; eppure da qualche anno a questa parte c'è un timido tentativo di far entrare nel nostro calendario anche questa ricorrenza che non ci appartiene.
A me personalmente, non interessa nulla delle feste religiose del nostro paese, proprio perché si riferiscono a personaggi o usanze legate al cattolicesimo ed io, in quanto fervente ateo, non do loro nessuna importanza. Per quanto riguarda la "notte delle streghe" però, la cosa mi fa leggermente irritare perché lo vedo come un'invasione dell'egemonia e dell'imperialismo americano, che trasportato nel nostro paese, ha quel vago sentore di imitazione, come il Parmesao prodotto in Brasile o del Chianti fatto in California. E' una moda e per di più, fatta pure male.
Nelle vetrine dei negozi, come McDonald's, si vedono appese le tipiche zucche arancioni ma di carta, oppure palloncini con scritto Happy Halloween; le cartolerie e i negozi di giocattoli riesumano i costumi di carnevale invenduti, che hanno un'altra occasione per essere fatti fuori; i grandi magazzini mettono a disposizione i dolciumi preconfezionati dentro qualcosa che richiama la festa, ma tutto questo ha poca presa. E' vero, in giro ci sono festicciole fatte in casa, però non credo che nei paesi dove Halloween viene festeggiato per davvero, venga celebrato così, piuttosto si va di casa in casa a chiedere le caramelle, e quand'anche si procedesse in tal maniera, chi apre la porta ai bambini mascherati, è del tutto impreparato. Per quanto riguarda i ragazzi più grandi, si vedono nelle strade alcuni ardimentosi che tentano di andare in giro truccati da mostri, ma si nota un certo imbarazzo, proprio perché sono in pochi a provare di rompere il ghiaccio. Non viene organizzato nulla di serio come carri o parate dai comuni italiani, come al contrario avviene a carnevale, allora perché ostinarsi?
La risposta è semplice, perché in TV vengono trasmessi cartoni o telefilm, che hanno come tema principale la festa della zucca, allora si vorrebbe fare la stessa cosa, perciò è: un'imitazione decisamente banale.
Sono sicuro che prima o poi, ci adegueremo anche noi a questa ricorrenza simpatica, ma prima sarebbe meglio che tutta la popolazione italiana, parlasse meglio l'inglese; al meno così si potrebbe trovare un senso anche se parecchio lontano dalle nostre radici.
Di questo passo, non mi stupirei se un giorno qualcuno volesse far attecchire anche la Festa del Ringraziamento qui da noi, come dire, imitare per imitare prendiamo pure il pacchetto completo. Se questo dovesse servire ad avere una vacanza in più o magari pagata doppio a lavoro, allora sì che ringrazierei; intanto aspetto che Michel Myers venga a farmi visita.


venerdì 30 ottobre 2015

SE SPOSTI UN PO' LA SEGGIOLA

Finalmente oggi sono terminati i lavori in casa. Per mettere una porta a scrigno o a scomparsa, o come diavolo viene identificata, ci sono voluti due giorni di lavori e la bellezza di sei operai, che hanno messo a soqquadro il nostro piccolo angolo di mondo e tutta la nostra pazienza. Un momento; sul loro operato nulla da dire, sono stati precisi, abbastanza rapidi, meticolosi e per quanto, anche puliti. Tutto quello che ne consegue dopo è il vero lavoraccio, ossia la rimozione della polvere infilata in ogni dove, anche nei posti più improbabili.
Quando si iniziano robe di questo genere in casa, c'è da mettere in conto tonnellate e tonnellate di pazienza, per cui, una volta scesi a patti con questo stato, ci si rimbocca le maniche e si pulisce molecola per molecola tutta la superficie del pavimento ed ogni cosa presente in casa; va da sé che più oggetti si hanno e più la questione diventa complicata.
Alla fine siamo venuti a capo di questa situazione apocalittica e la casa ha riottenuto il suo aspetto originario, grazie al turbine di mia moglie, che dopo avere inserito la modalità speedy gonzales, è riuscita a fare grandi cose in poche ore.
Nel frattanto io ho cucinato e ad un orario decente siamo riusciti a cenare tutti insieme.
All'improvviso mentre eravamo arrivati alla frutta, per poco non si scatenava il dramma.
Mio figlio il mezzano, ha fatto uno scherzo inaspettato che ci ha lasciati sgomenti, sia per lo scopo del giochetto maligno, sia per la scelta della vittima. La burla è molto semplice ed è forse la più classica di tutte, cioè: lo spostamento della sedia a tradimento; ma il fatto che abbia scelto la mamma come preda, è sembrato un gesto incredibilmente imprevedibile e fuori da ogni controllo.
La mamma è sempre la mamma, perciò non la si può danneggiare con un gioco stupido, è come se avesse una sorta di aurea di intoccabilità intorno, per cui in queste circostanze, si sceglie sempre il papà, lasciando che lei rimanga riparata e protetta da ogni cosa. Invece non è stato così.
Chiaramente mia moglie, mai avrebbe immaginato che suo figlio le avrebbe tolto la sedia mentre stava per poggiarsi sopra, quindi la caduta è stata inevitabile quanto rovinosa.
La mia dolce metà soffre di mal di schiena, quindi nell'attimo in cui ho realizzato cosa fosse accaduto, ho sudato freddo e temuto davvero il peggio. Quando anche mio figlio si è reso conto del dolore che ha provocato alla sua mamma, si è spaventato di brutto, il che ha contribuito a creare quella situazione surreale e fuori controllo, tipica dei filmati di Ultimo Minuto. Che spavento!
Fortunatamente non è capitato niente di irreparabile, anzi, solo un gran spavento e un futuro livido sul fondoschiena di mia moglie; di conseguenza, lunghe ramanzine e fiumi di lacrime.
Certo che però se a sei anni si inizia con scherzi di questo tipo a quindici cosa dobbiamo aspettarci?
Assolutamente nulla, ora il mio bimbo ha capito, per ciò ogni giorno sarà una sorpresa.


martedì 27 ottobre 2015

MI RIFIUTO, ANZI, MI SPAZZATURO!

Non stento a credere che i maggiori introiti della mafia siano dati dallo smaltimento dei rifiuti. Ora, non so di preciso se poi loro, dopo aver fato ciò per il quale sono mafiosi, ehmm cioè famosi, smaltiscano per davvero la spazzatura, credo di no, ma posso capire di che tipo di entità si possa aggirare il volume d'affari.
Ogni giorno c'è qualcosa che consumiamo, anzi ben più di uno, e per ogni confezione aperta, cibo ingerito, o oggetto adoperato, questi avranno al seguito un involucro da gettare, se non addirittura sarà proprio ciò che si adopera ad essere divenuto un rifiuto. Se moltiplichiamo per tre volte al giorno, un prodotto che verrà gettato per intero o per metà, per tutti gli abitanti della Terra, si crea immediatamente una moltitudine spropositata, anzi, una vera e propria montagna enorme di spazzatura da dover eliminare: come si fa?
Una volta ho sentito da qualche parte, che le discariche, mediamente, hanno un ritardo nello smaltimento di rifiuti pari a tre anni; una cosa incredibile! Dove andremo a finire con tutti questa mondezza che ci ritroviamo in ogni angolo del pianeta?
Ho visto un filmato molto interessante a riguardo, in cui venivano documentate alcune zone della Terra flagellate dai rifiuti come: un atollo nel Pacifico completamente fatto di rifiuti, di un estensione pari ad una città come Cremona. Oppure nel deserto saudita vi è una parte ricoperta totalmente da copertoni per auto ed è così estesa che si può vedere dal satellite. Anche una spiaggia, credo nelle Filippine, dove al posto della sabbia ci sono miliardi di granelli di plastica sbriciolati. In sostanza. siamo ricoperti di schifezze.
A casa mia, chi si occupa di buttare la spazzatura è il sottoscritto e non faccio in tempo ad aver svuotato i vari bidoni, che dopo mezza giornata sono quasi pieni. Sto sempre a separare, legare i sacchetti, riempire quelli della cantina che strabordano di rifiuti degli altri condomini, differenziare pure le molecole dei materiali, dividere l'umido dal secco e lavare l'unto dalle confezioni: un lavoraccio, e non appena tardo di un paio di giorni, la parte di casa dedicata ai rifiuti, invade anche quella restante dell'appartamento adibita a zona living.
Se in casa mia, si riesce ad arrivare a livelli preoccupanti solo per un leggero ritardo, come è possibile ripulire il mondo dopo anni di inquinamento?
C'è chi ha ipotizzato di spedirli nello spazio, ma a parte i costi esorbitanti per spedire tutto al di là dell'atmosfera, credo che comunque, non si riuscirebbe nemmeno a ripulire di un quarto dell'inquinamento mondiale. C'è da dire poi che anche lo spazio e fortemente inquinato da tutti i vari satelliti obsoleti e pezzi shuttle sganciati o esplosi.
La verità incontrovertibile è che noi esseri umani, siamo degli zozzoni.



venerdì 23 ottobre 2015

LA BESTIA VA DOMATA

Ho sempre ritenuto che la batteria fosse uno strumento sul quale si potesse, anzi, si dovesse scaricare la propria energia, tramutandola in musica; che fosse un attrezzo molto fisico e per questo carico di emozione e non troppa tecnica, direi più: istinto brutale, unito ad un orecchio sensibile e propensione per il ritmo. Ovvio, che la tecnica è necessaria per produrre qualcosa di decente, però ho creduto che si potesse omettere lo studio dello strumento in quanto, è forse l'unico attrezzo musicale con il quale è possibile iniziare a suonare in una band, anche senza anni di studio alle spalle. Quanto mi sbagliavo!
Ieri ho fatto la mia prima lezione con il maestro del CEM e mi sono reso conto di quante cose ho dato per scontato che invece si sono verificate fondamentali per un batterista degno di questo nome.
Siamo partiti dal principio e questo significa che mi ha indirizzato verso una corretta postura, sia dei vari componenti della batteria che delle mie mani. Incredibile ma vero, il mio modo di suonare non era giusto. Ho eseguito degli esercizi di stick control, che si sono rivelati difficili pur avendo alle spalle anni di esibizioni live, centinaia di ore passate in sala prove e decine di incisioni in studio. Mi sono meravigliato della mia incapacità a seguire uno spartito e altre cose da principiante che avrei dovuto eseguire ad occhi chiusi, proprio per una pregressa esperienza ventennale.
Dopo la prima lezione, ho capito che l'aver fatto tutto da me in questi anni, mi ha portato a sviluppare un concetto del tutto personale riguardo allo strumento e di aver compiuto tutta una serie di errori che non mi hanno permesso di superare quei limiti ritenuti da sempre: invalicabili. Mi sono convinto della necessità di studiare appieno la batteria, in maniera approfondita, con un professionista affianco e di impostare disciplina e tecnica. Con le lezioni future, potrò vedere più realizzabile il mio obiettivo, cioè: diventare il più bravo di tutti e sarà più concreto anche realizzare il mio sogno, ovvero quello di diventare un batterista professionista. Vorrei poter vivere anche di questo un giorno, o come dice il mio mastro, di poter coesistere con un hobby di lusso.
Oggi sono andato a suonare con la mia band ed ho messo in pratica i consigli del maestro, ho verificato con i miei occhi e constato sul campo quanto si siano rivelati utili. Ho suonato meglio, mi sono stancato di meno e ho trovato più semplice l'esecuzione dei nostri brani.
Continuo ancora a chiedermi: ma perché non l'ho fatto prima?



lunedì 19 ottobre 2015

ERA POST PUNX ITALIANO

Posso dire di aver avuto il privilegio di vivere nella gloriosa scia del punk hc italiano. Anzi, dirò di più, ho avuto l'onore di tenere in mano le chiavi di un posto storico a Milano, il luogo di culto per tutti gli estimatori del genere, l'esercizio commerciale che a suo tempo, dettava legge in fatto di musica alternativa, sia per la distribuzione di piccole chicche da intenditori come le fanzine TVOR, nonché, detentore di veri pezzi di storia musicale. Ho fatto parte dello staff del celeberrimo: New Zabriskie Point.
Qualche anno fa, due miei grandi amici rilevarono l'attività abbandonata, di un pilastro della vendita dei vinili punk hardcore, alle quali diedero nuova luce alle vetrine, chiuse ormai da anni, e una grossa spolverata a tutti dischi contenuti al suo interno. Ebbene, io, in quanto amico dei nuovi proprietari e assiduo frequentatore del negozio, alla fine diventai uno dei gestori di quel crocevia di individui che avevano come passione la musica punk, ma ancor di più il Punk Hardcore Italiano.
Quello che veniva suonato nel decennio '80, da gruppi come: Negazione, Peggio Punx, Raw Power, Kina, Indigesti, Wretched e molti altri, è stato forse uno dei pochi movimenti nati in Italia e pensato per i ragazzi italiani che dissentivano, contestavano, protestavano e suonavano una musica talmente ruvida e graffiante da far male, in tutti i sensi. Questo genere differiva dal punk anglosassone o americano, sia per la tecnica molto più veloce, nonché per i testi cantati solo nella lingua di Dante (qualche band usava la lingua inglese, subendo un duro osteggiamento dal vivo); per questo motivo, alcuni puristi lo chiamavano punx, proprio per evidenziare la diversità intercorsa tra gli stati anglofoni con quello italico e dare vita ad un nuovo tipo di sfumatura, ovvero, quella hardcore made in Italy.
In quel decennio nacque una scena underground completamente inedita ed estesa su tutto lo Stivale. Ogni regione aveva la sua band hardcore di spicco e grazie alla voglia di suonare anche al di fuori dei propri confini e alla coesione intercorsa tra i vari centri sociali dislocati qua e là, le band si spostavano continuamente, creando alla fine un unico e micidiale cordone sonoro. Vennero registrati in quegli anni, un'enorme quantità di musicassette e vinili autoprodotti, o distribuiti da piccole etichette indipendenti che nel tempo poi, hanno cessato qualsiasi attività o di cui si sono perse le tracce dopo l'uscita di un paio di album. New Zabriskie Point ha avuto tutto questo materiale dentro gli scaffali per diverso tempo e con la scusa della vendita, si incontravano ragazzi con la voglia di suonare e di ascoltare musica, ma anche di organizzare concerti e manifestazioni di una certa importanza. Il negozio è stato un simbolo per quella generazione, un punto di ritrovo, un luogo dove venivano prodotte idee e costruiti i sogni di centinaia di ragazzi che venivano chiamati punk e discriminati per questo.
Quando entrai per la prima volta dentro quelle quattro mura, ricolme di dischi e arredato nella maniera più basica possibile, venni investito da tutta la storia che il negozio trasudava come se fosse stato appena scaraventato fuori da un violento e divertentissimo pogo. Mi documentai parecchio sulla scena passata grazie alle tonnellate di riviste rimaste in magazzino, ogni giorno ascoltavo gruppi appartenenti a quell'era ma ormai sconosciuti ed incontrai persone eccezionali, che mi raccontarono con grande semplicità ed un pizzico di nostalgia, tutto ciò che accadde nel decennio '80 in Italia.
Sono fermamente convito che un movimento di tale entità in un paese come il mio, non si sia più ripetuto, nemmeno nell'ambito del rap anni'90, che è spesso accomunato all'underground e al disagio giovanile. Ciò che è avvenuto con l'hardcore italiano è stato un fenomeno globale che ha riscosso un notevole successo anche al di fuori dell'Italia stessa, pur non avendo la volontà di imporsi sul mercato mondiale in termini di vendite. E' stato riconosciuto come un movimento culturale giovanile nazionale, nel quale è stato definito, oltretutto, un genere musicale ben preciso, differente da tutti gli altri stati europei, nonché dai paesi dove si suonarono le prime note punk nel decennio precedente.
New Zabriskie Point dopo qualche anno chiuse di nuovo a causa dei grossi costi che doveva affrontare in un'epoca storica diversa dalla sua nascita, in un periodo in cui il punk veniva considerato "dead" da chi lo aveva vissuto in quegli anni e per primo, da chi lo aveva suonato sui palchi dei centri sociali di tutta Italia. Il negozio era risorto come l'araba fenice, ma dopo una breve ed intensa fiammata, si è dovuta spegnere ancora, lasciando quintali di storia dentro chissà quale magazzino. Non è detto che magari qualcun altro possa rilevare nuovamente l'attività e far rivivere ancora quel pezzo di storia alle nuove leve, e se così non fosse, rimarrebbe collocato tra i miti di sempre, aggiungendo ogni volta un po' di aneddoti o un po' di leggende a chi chiederà di "ZAB".
Purtroppo a Milano ci sono ancora pochissimi negozi di dischi, in quanto l'era digitale li ha decimati quasi tutti, il che significa che si è perso molto soprattutto in termini di fascino e di storia musicale di nicchia. Comunque posso dire con orgoglio di aver contribuito alla storia di quel negozio e di aver allungato di qualche anno la vita di un movimento irripetibile, o meglio, al ricordo di quel periodo e non per vantarmi ma il primo giorno di apertura della nuova gestione di New Zabriskie Point l'ho eseguita proprio io. Sì è vero, ho fatto parte del negozio di dischi più cool di Milano e sono molto contento di questo.


sabato 17 ottobre 2015

QUANDO LA SFIGA SI AGGIRA SU DUE RUOTE -13

Sono arrivato al post n° 13 con questo titolo e non è certo di buon auspicio.
L'altro giorno stavo pedalando in tutta tranquillità, sarebbe meglio dire che stavo buttando il sangue dalla fatica sulla mia cara bicicletta, e mi sono reso conto di quanto tempo è passato dall'ultima foratura. Certo che, nell'esatto istante in cui ho realizzato questa considerazione poco piacevole, ho tremato che si potessero bucare le gomme da un momento all'altro, ma poi ho fatto finta di niente, proseguendo imperterrito sulle strade congestionate della mia città e magicamente non è successo nulla.
Nell'ultimo periodo ho davvero messo a ferro e fuoco l'inossidabile bici, l'ho inforcata macinando chilometri su chilometri per andare in ogni dove, a qualsiasi ora e per mille motivi utili, senza avere grossi problemi.
Mercoledì scorso, ho preso la bici alle 06.45 per andare in palestra e tornare a casa, ovviamente. Dopodiché sono andato fino a Linate per il colloquio con il maestro di batteria alla CEM. La stessa strada ho fatto anche per tornare a casa. Alle 18.00 ho ripreso la bici e sono partito in direzione del lavoro e alle 00.45 sono nuovamente tornato a casa, distrutto, con le gambe pesanti e la pioggia battente su di me. In tutto questo la bici non mi ha dato nessun problema.
Giovedì, stessa levataccia causa palestra e ritorno. Alle 19.15, sfrecciavo sulle strade nei dintorni del mio quartiere alla volta della sala prove e poi da lì sarei dovuto andare a lavoro; questo, se non mi avesse abbandonato quel dannato ferro vecchio che mi ritrovo al posto di una bicicletta.
La cosa strana è che non si è banalmente bucata; avrei mille volte preferito, perché la riparazione sarebbe stata rapida e soprattutto l'avrei fatta io. Questa vigliacca ha voluto autoinfliggersi una profonda ferita per evitare di dover andare insieme a me per tutta Milano.
Mentre sorpassavo milioni di auto in coda e zigzagavo tra tombini e rotaie del tram, ad un certo punto sento qualcosa di anomalo provenire dalla ruota posteriore. Ho controllato subito, credendo che fosse il bloster a causare l'andatura claudicante della ruota, poi però dopo aver fatto un paio di metri, mi sono reso conto che il mozzo tra le forcelle stava ballando il twist, risultato: la ruota era uscita di fase e perciò urtava dentro il piccolo spazio, provocando una frenata continua.
Ho maledetto chiunque mi venisse in mente e per poco non davo fuoco alla bici, ma dato il ritardo con il quale mi stavo cingendo in sala prove, ho elaborato la soluzione più rapida, ovvero: legare la bici e proseguire a piedi. Così è stato.
Mi piangeva un po' il cuore a lasciarla da sola per tutta la notte, con il rischio poi di non trovarla il giorno dopo, però non potevo portamela in sala prove e neppure a lavoro, vista la grande distanza che separava me appiedato, con i miei punti di arrivo, per cui l'ho legata con quel chilo di piombo che ho al posto del catenaccio, fatto qualche chilometro per prendere al volo l'autobus che mi serviva e ho sperato in bene.
L'indomani dopo il lavoro, ancor prima la sala prove e prima ancora la giornata piena, sono tornato sul luogo di quel ricovero fortuito e miracolosamente l'ho trovata lì, infreddolita e fradicia di pioggia notturna, menomale! Certo, non potevo farmi vedere da lei troppo sollevato nel rivederla; d'altronde mia ha piantato in asso un'altra volta e nel bel mezzo di una fuga da maglia rosa, quindi l'ho slegata dal palo e me la sono portata a casa trascinandola come un cane malridotto o peggio, come un soldato in fin di vita.
Sono sicuro che la riparazione mi verrà a costare un occhio della testa, ragion per cui, userò la bici di mia moglie, sperando che anche questa non mi lasci per strada.
Si prevede un n° 14 con lo stesso titolo, basta solo attendere.



venerdì 16 ottobre 2015

MANCAVA SOLO LOUIS

Oggi sono andato al CEM di Milano ed è stata un'esperienza molto interessante. Mi sono recato con tutte le buone intenzioni, per avere la possibilità di seguire un corso di batteria a cui vorrei partecipare. Appena sono arrivato nelle vicinanze dell'edificio, ho sentito librarsi nell'aria delle fantastiche note jazz, e mi sono detto: ma perché non mi sono iscritto vent'anni fa?
L'atmosfera che si respira all'interno è differente da qualsiasi ambito accademico nozionistico, perché lì si studia la musica anche a livello teorico, ma per comprenderla al meglio, la si deve suonare per ore e ore, ecco spiegato quel concerto per me gratuito.
L'ambiente studentesco è gioviale, anticonformista, differente dalle università nelle quali ho messo piede in vita mia. Ho avuto come la sensazione di essere stato catapultato in qualche accademia newyorchese piena di ragazzi stravaganti sullo stile anni '80, tipo Fame per intenderci, e mi è piaciuta molto, mi sono trovato perfettamente a mio agio, seppure mi sentissi tremendamente incapace rispetto a chi stavo ascoltando con gran piacere.
Ho rivalutato un sacco la musica jazz, tempo fa mi sembrava un genere ascoltato per lo più da persone un po' snob, rivendicando con quel tipo di ascolto, una certa distinzione di classe, ora posso dire che sia un genere molto vicino all'animo umano. E' una musica coinvolgente, affascinante, sporca in tutta la sua verità e travolgente per il ritmo frenetico; insomma è un tipo di musica veramente completo e difficile da suonare. Mi piacerebbe parecchio imparare a suonarlo ma il tempo a disposizione non è molto e per imparare bene, a padroneggiare come un vero jazzman uno strumento fondamentale come la batteria, ce ne vuole tanto a disposizione. Forse di tempo ne avevo da buttare vent'anni fa e ancora mi chiedo, come mai ne abbia smisuratamente sprecato da ragazzino, chissà cosa avrei potuto fare se mi fossi dedicato prima. Comunque se riuscissi a partecipare a quelle lezioni, sarei davvero contento e se così non fosse, mi impegnerei in un'altra scuola, perché l'obiettivo e quello di coltivare per bene questa passione, non è detto che mi possa perfino cibare con i suoi frutti e con questi, sfamare tutta la famiglia.


lunedì 12 ottobre 2015

PENSIERI E PAROLE (A RANDOM)

Il concetto, di per sé è assai banale, troppo scontato e fortemente basilare, così essenziale da non poterne fare a meno, purtroppo; sto parlando dei soldi. Mi fa una rabbia sapere che tutto quello che facciamo è in funzione del denaro, che per ogni progetto da ideare o sogno da realizzare, si debba per forza avere dietro una forte somma di concretezza denominata: pecunia. La vita quotidiana è flagellata dall'esborso di denaro ed è una cosa talmente radicata dentro il nostro essere, da non poter evitare di compiere l'azione che porta a dovere pagare ogni cosa, ovvero: il consumare.
Fare la spesa è la capolista, di tutte quelle cose che non si possono omettere dal compiere giorno per giorno e questo comporta anche tutta una serie di acquisti che crediamo siano essenziali ma che in verità vengono indotti dalle aziende produttrici di beni.
Dovrei mettere per iscritto, quanto costa vivere 24 ore, cioè redarre una lista di tutte quelle cose che si consumano nell'arco di una giornata e di conseguenza, quante se ne pagano; sarebbe un esperimento interessante. Oppure, immaginare una vita da sogno e sapere alla fine quanto costa sognare.
Certo, la faccenda è piuttosto avvilente, nel senso: sapere che anche i sogni non sono più gratis, ci dà l'idea di quanto siamo diventati gretti e materialisti.
Se si chiedesse ad un bambino di esprimere un desiderio, molto probabilmente quello risponderebbe con la marca di un gioco. Se invece lo si domandasse ad un adulto, la prima cosa da lui desiderata, sarebbe di possedere una montagna di soldi.
Non voglio fare per forza l'anticonformista o il puro d'animo, ma se il Genio della Lampada mi avesse chiesto da bambino di esprimere un desiderio, avrei risposto di poter volare. Oggi chiederei di far vivere una vita felice ai miei figli, così da poter volare con il cuore pieno di gioia. Lo giuro!
                                                         
                                                                  ***************
Da qualche tempo a questa parte, ho il sospetto di avere delle microspie nel bagno. E' incredibile, ma ogni volta che entro in casa per lavarmi le mani, sento il rubinetto del vicino dirimpetto o quello di sopra, che apre l'acqua nel mio stesso momento. Anche quando faccio la doccia sento a turno, che qualcuno ha avuto la mia stessa idea e perciò sento la doccia dei vicini che è in funzione con la mia. Non nascondo che quando uso il bagno con lo scopo per il quale è stato inventato, c'è qualcuno dei vicini che tira lo sciacquone insieme a me. Non ci credo che siano solo coincidenze, faccio fatica ad accettare che altre due famiglie abbiano i miei stessi orari, anche perché i miei sono assurdi. Da quasi tre anni in cui vivo nella nuova casa, mi sento osservato; qualcuno mi spia...

                                                                   ****************

Per ovviare al problema del prolungamento di un altro anno di palestra, questa settimana ci sono andato con una certa costanza, già all'orario di apertura, ovvero: alle sette di mattina. Devo ammettere che è stata mia moglie a suggerimi di andarci appena sveglio, così da avere il resto della mattinata libera, nonché la possibilità di portare avanti tutti i miei bei progetti che mi sono prefissato per quest'anno. L'idea mi ha molto stuzzicato, in visione del fatto che pensavo di non trovare nessuno a quell'ora e poter fare ogni cosa senza quella fastidiosa presenza attorno a me; cosa più che mai errata. Alle sette del mattino ci sono forse anche più persone di quanto ne trovassi al mio solito orario e ne sono rimasto stupito. Tutti gli impiegati che lavorano in zona Bicocca, probabilmente non si sentono sufficientemente svegli, se prima non si sparano un paio d'ore di esercizio fisico, fa benissimo lo so, però che cavolo, hanno avuto tutti la mia stessa idea? (o meglio quella di mia moglie) Mi rendo conto di vivere in una città sovrappopolata, però è vero anche, che se non ci fossero tutte queste persone la palestra alle sette sarebbe chiusa. Pazienza, devo continuare a condividere gli spazi e gli attrezzi. Se condividessero con me i miei chili di troppo sarei anche più felice.


sabato 10 ottobre 2015

LE GANG CHE FANNO BANG

A Milano da qualche hanno, circolano delle congreghe di giovani criminali che si ispirano alle gang ispano-americane. Sono dei personaggi estremamente violenti che non guardano in faccia a nessuno e commettono atti criminosi senza un vero perché; non che esistano dei motivi per cui questi siano leciti, ma l'inutilità delle motivazioni è parte integrante delle loro questioni da risolvere.
Tempo fa stavo con una ragazza centroamericana e mi spiegò le differenze tra le varie maras (bande) che operavano tranquillamente nel suo paese d'origine, tutti i loro simboli, i gesti, i colori delle fazioni, alcuni nomi di spicco e quanto fossero cattivi fra gli avversari ma anche con la gente comune. Ora anche nella mia città si verificano le stesse dinamiche di violenza esattamente come quelle che avvengono a migliaia di chilometri di distanza da qui e, ovviamente, la cosa non mi piace per niente.
I fatti di cronaca si sprecano in città, ettolitri di inchiostro vengono utilizzati per schedare i delinquenti e scrivere i rapporti nel momento della cattura, i medici adoperano centinaia di metri di fili e garze per ricucire le ferite inferte dalle armi da taglio o dai colpi volanti durante le risse, in poche parole. è un fenomeno in forte aumento tra le strade milanesi.
Non nascondo il fatto di essere terrorizzato da questo fenomeno, in vista dell'imminente crescita dei miei figli e della loro prossima autonomia individuale, il che significa darli in pasto al mondo e a tutti i pericoli che gravitano intorno, questo delle gang compreso.
Non posso tenere i miei figli dentro una teca ed estraniarli completamente da tutti i pericoli della vita, però non è nemmeno giusto che si debbano scontrare con degli elementi del genere; dico di questi delinquenti come tutti gli altri, non sto facendo un discorso di razze, etnie o di chissà che altro, io odio la violenza e per questo, odio chiunque l'adoperi.
La domanda è sempre la stessa:
Come ci si può difendere da questi pericoli?
Se penso ai miei figli fra qualche anno mi vengono i brividi, proprio perché conosco bene cosa accade tra le strade, chi sono i tizi pericolosi e dove si radunano. Sono consapevole delle storie tragiche compiute negli ultimi tempi e ho perfino conosciuto dei personaggi proprio di questa pasta, per cui vorrei evitare che si palesassero lungo il percorso futuro dei miei bambini.
Se fossimo negli U.S.A i deboli andrebbero in giro armati, il che non aiuta, anzi, amplifica a dismisura il turbine della violenza per cui non si può ritenere una soluzione adeguata. Bisogna solo sperare che siano fortunati e che siano abbastanza da furbi da evitare di infilarsi in questione scomode e più grosse di loro.
Dopo questa riflessione posso asserire che:
essere genitori vuol dire. vivere sempre in uno stato di preoccupazione perenne.
Ma esiste un posto nel mondo dove i pericoli sono pressoché inesistenti, ovvero, c'è un'isola felice?
Se qualcuno lo conosce, lo pregherei di inviarmi l'indirizzo, grazie.


mercoledì 7 ottobre 2015

UN GIORNO NORMALE PER MOLTI, MA NON PER TUTTI.

La lunga riflessione su come sarebbero stati i giorni futuri, oggi hanno avuto quella certezza che tanto si attendeva. L'ansia, il terrore, l'angoscia di pronunciare quelle due parole che mettono in discussione un ruolo sociale, sono passati molto meglio di quanto si credeva. E' stato facile lì per lì, nel senso, che è bastata una mezz'oretta per finire un rapporto complicato e all'inizio anche doloroso, poi è arrivata la libertà.
Il dubbio amletico è stato ampiamente analizzato sotto ogni punto di vista per mesi e mesi, poi siamo giunti alla conclusione che per il bene di tutti era giusto così, che questo legame bisognava spezzarlo, che bisognava dare un taglio a questa farsa di perbenismi e di cliché con i quali siamo convinti che la nostra società vada meglio se tutti sono assoldati in un impiego, come giustificazione dei fallimenti interpersonali e non di meno, a discapito di una tranquillità familiare.
La società ci vuole schiavi e la comunità obbedisce, ma da oggi, una di noi ha detto di no. Io l'ammiro per il suo coraggio, la tenacia, le idee e per l'amore grande che rivolge a chi davvero lo merita.
Mi rivolgo direttamente a te:
sei coraggiosa ed il tuo atto è per me, motivo di grande orgoglio, nonché, un esempio da imitare. (non uguale nella scelta, ma per la perseveranza con la quale hai seguito i tuoi ideali)
Sei indispensabile e ne hai avuto la dimostrazione oggi, mentre tutti ti guardavano cavalcare l'onda delle tue convinzioni anche se questo ha significato per loro: perderti.
All'inizio di questa storia, mi sono sentito colpevole delle lacrime che versavi, ma credo di averlo fatto, forse per il tuo bene, per farti capire che ce la potevi fare, senza che nessuno ti aiutasse. Quello era per te un periodo di riscatto morale e hai vinto. Sono contento che questo sia avvenuto, seppure sia costato fatica da parte di tutti, te per prima.
Posso soltanto dirti brava, sei quell'ingranaggio fondamentale che quando manca tutto vacilla, io ne so qualcosa.
Sei la numero uno, ancor più unica che rara e vali tanto oro quanto... pesi, anche se sei un fuscello.
Ti porterei in trionfo come una conquista, sei il vessillo dentro il quale io mi ritrovo in tutto e per tutto, sei la mia bandiera.


martedì 6 ottobre 2015

BASTA UN POCO DI MARY E LA SCUOLA VA GIU'

La cosa che ho chiesto a mio figlio dopo la fine del primo giorno di scuola è stato:

"Allora, dimmi un po'? Com'è andata a scuola, ti è piaciuta?"
"No, i maestri mi stanno antipatici."
"Ma come? Hai fatto solo due ore!"
"Lo so, ma non mi piace."

A distanza di un mesetto scarso, credevo che la questione si fosse leggermente risolta, invece prima mi ha scritto mia moglie dicendomi che il secondo scolaro di casa, ha delle crisi di pianto, causate ovviamente, dal nuovo ambiente scolastico. Il suo desiderio sarebbe quello di tornare all'asilo e non doversi più recare ogni mattina nella sua nuova classe 1B, però ahimè, non c'è rimedio per lui.
Prima che arrivasse il momento della fatidica iscrizione, mia moglie ed io abbiamo formulato qualche ipotesi sulla sua poca volontà di frequentare la nuova classe, perché conoscendolo, avevamo già preventivato che avremmo avuto dei problemi a riguardo.
A noi dispiace un sacco che viva male la nuova avventura e per quel che possiamo, cerchiamo di spronarlo, essere propositivi, di farci vedere più entusiasti di lui, ma a quanto pare non basta.
Credo fermamente che debba scattare qualcosa in lui e poi tutto diverrà un gioco, nel senso che, apprenderà le nozioni che gli serviranno in futuro, con la stessa gioia che impiega nei suoi giochi fantastici. Almeno questo è il desiderio di tutti.
Come si fa a far piacere la scuola ad un bambino?
Non ho idea, anche perché la mia prima figlia è tutto il contrario del secondo e per quanto, anche lei sia abbastanza pigra con i compiti, però la mattina ci va con allegria, senza fare storie, insomma le piace.
Cosa suggerirebbe Tata Lucia a riguardo? Avrebbe una soluzione in tasca che faccia al caso mio?
Dubito fortemente, in questi casi un aiuto concreto ce lo può dare solo Mary Poppins.


Lei non mi sembra molto d'accordo a vederla così.

lunedì 5 ottobre 2015

E' TEMPO DI RIFLESSIONI, RIFLETTERE SUL TEMPO

Oggi è il compleanno di mio papà e so che è una cosa a lui non molto gradita. Il motivo è presto intuibile, ogni anno aumenta di uno, e non a tutti piace diventare grandi, specialmente se crescere significa invecchiare.
Quando lui andò in pensione gli chiesi se fosse contento di non lavorare più, lui mi rispose di no, perché era il preambolo della fine. Anche il suo compleanno credo che lo interpreti come una specie di conto alla rovescia ed è triste, seppur, indiscutibilmente vero.
Il trascorrere del tempo visto così è davvero un'angoscia, un pensiero tanto infelice da togliere il fiato, perché sapere di avere i giorni contati è una considerazione troppo pessimistica, persino per Leopardi. Interpretandolo in questa maniera si rischia di perdere tutto ciò che di bello riserva ancora il futuro e non è detto poi, che le cose saranno come ce li si aspetta, cioè un decadimento fisico e psichico o peggio, un imbruttimento della vita stessa. E' chiaro il fatto di non essere eterni, ma forse la nostra mortalità, rende ancor più sensate tutte le cose compiute all'interno di una lunga esistenza terrena.
Capisco anche la volontà dei popoli di credere in qualcosa dopo la morte, dato che esalare l'ultimo respiro fa tremare la gambe a tutti, forse ancor di più, a chi resta a vedere spirare il proprio caro. Ma la natura umana è fatta così, non ci sono alternative. E' vero abbiamo stampato da qualche parte una data di scadenza e non è detto che se fossimo eterni ci divertiremmo per sempre. Certo arrivare all'età di Grande Puffo con le sue sembianze, credo non faccia piacere a nessuno, però se l'età progredisse ma il fisico rimanesse ad uno stato accettabile come quello di un cinquantenne, sarebbe una cosa sicuramente più apprezzabile. Arrivati ad una certa età, non si lavora più perciò si ha molto tempo a disposizione ma con il passare degli anni, questo tempo diventa un nemico che causa una progressiva mancanza di forze e tutto il tempo a disposizione risulta essere una gabbia dalla quale si vorrebbe scappare al più presto. E quindi dobbiamo contare già da adesso? O forse bisogna farlo dal primo vagito?
A pensarci vengono i brividi.

venerdì 2 ottobre 2015

CON UN BUON CHIANTI E DUE PATATE VICINO.

A volte penso che in fondo non avrò mai la capacità di raggiungere i miei scopi artistici, perché non ho dietro lo studio, quello fondamentale, della teoria. Mi manca quel passaggio accademico importante e determinante che serve a scindere il dilettante dal professionista; sia nell'ambito musicale che in quello letterario. Perciò mi sento sempre un po' in difetto difronte a chi ha perseguito e terminato un discorso più completo rispetto al mio e quindi, quelli che reputo siano dei piccoli successi o anche solo dei progressi, non sono niente se paragonati a chi ha dedicato la sua vita nel vedere realizzati i propri sogni.
Suono e scrivo senza sosta, eppure, il mio limite si palesa più spesso di quanto non vorrei, me è inevitabile, in quanto credo di aver scoperto tutto ciò che ho potuto da solo, da qui in poi, avrei bisogno che qualcuno mi insegnasse cose che non conosco o che non sono in grado di fare. Certo, potrei anche mettermi d'impegno, impiegando tutto me stesso nel frequentare una scuola o un'accademia, però è troppo tardi, cioè avrei dovuto farlo quando avevo il tempo ora posso soltanto leccarmi le ferite di una mezza sconfitta. Identifico tale sentimento con una sola parola: rimpianto.
Si dice meglio avere rimorsi che non rimpianti, ebbene, ora di rimorsi non me ne vengono in mente e tra l'altro, non credo sarei felice di averne, ma il mio rimpianto più grande è proprio quello di non indirizzato il mio tempo verso i miei sogni, di conseguenza, devo prendere tutto ciò che deriva dalla mia mancanza di disciplina e mi mangio il fegato.
Buon appetito.


COME UN ANNO FA

 L'anno scorso siamo rimasti rinchiusi per mesi a causa di un virus letale, sconosciuto e altamente aggressivo, dopo un anno siamo ancor...