giovedì 31 dicembre 2015

MA E' POSSIBILE? NEMMENO ALL'ULTIMO DELL'ANNO!

Il mio ultimo giorno dell'anno lo "festeggio" in ufficio, come è già capitato diverse volte durante questi anni di onorato servizio. E cosa cambia per quel che concerne il mio lavoro? Niente.
Tutti chiamano ogni minuto per lamentarsi di questo e di quello, si preoccupano di qualche disservizio subìto e via discorrendo. Non c'è differenza dagli altri giorni della settimana, anche in queste mura nulla appare diverso, anzi, la dimensione nella quale mi trovo è congelata in uno spazio-temporale a sé stante. Il 31 dicembre è uguale a Capodanno, Natale, Pasqua, Befana e Ferragosto, (come la sigla di Pinocchio degli anni '70) il 1° Maggio e tutte le altre feste del calendario, nel senso: il volume del lavoro è sempre lo stesso; a dire la verità è pure peggio.
La cosa irritante è che sono in pochi a ricordarsi che dall'altra parte del filo c'è un pistola come me, pronto a rispondere a tutta quella gente che effettua una chiamata inutile, ma anche qualora fosse estremamente urgente dal telefono si può fare ben poco. Purtroppo però, non in molti capiscono questa dinamica imprescindibile. Tutti pretendono che venga accolta la loro comunicazione ecc... ecc... Va beh, questo è il mio mestiere e questo mi tengo.
Come l'ultima volta che mi è capitato di restare in ufficio fino all'ultimo dell'anno, tornerò a casa in bicicletta, sperando che non mi arrivi qualche petardo addosso, sparato dal solito imbecille dal balcone. Mica sarebbe la prima volta, proprio in quell'occasione avevano giocato al tiro al bersaglio con me, mentre cercavo di fuggire dai bombardamenti pirotecnici, correndo in sella ad una delle mie tante bici passate a miglior vita.
Al grido:
"Puntiamo su quello in bici!"
Devo ammettere che me la sono fatta sotto, però ho trovato dei ripari di fortuna tra le auto parcheggiate e gli elettrodomestici lanciati dalle finestre in segno di buon augurio.
La scena era abbastanza apocalittica:
bombe esplose ovunque; bambini con degli arsenali a disposizione pronti a sparare ad ogni movimento sospetto; lingue incandescenti di varie misure e colori, letali per i miei indumenti sintetici; mobilio in caduta libera seguito da un'incitazione "Iamm' bell'iamm'!" (forse era Gigi D'Alessio che urlava da una festa abusiva). Pazzi ubriachi in giro per le strade che prima si scambiavano gli auguri e poi si menavano; dai ristoranti cinesi fuggivano dei draghi volanti sputa fuoco, in cerca di una preda in sella ad una bici color argento. Ad un tratto, vedo spuntare un corteo del Ku Klux Klan andare in contro alle Pantere Nere, al lato opposto invece c'era la Santa Inquisizione che si scontrava con il Gay Pride; a quello dirimpetto invece, sono partiti i tafferugli tra la polizia e i No Global ed io che cercavo di rimanere illeso da tutti queste collisioni senza senso.
La mia destrezza nel domare il mio cavallo d'acciaio mi ha salvato la vita e sono riuscito ad oltrepassare la guerra sulla circonvallazione. Pensavo di essere in salvo poiché mi avvicinavo sempre di più verso casa, quando alzo la testa e vedo La Morte Nera e Darth Vader alla guida, che mi lancia un raggio fotonico polverizzante sparato per accogliere l'anno nuovo, ebbene, in quell'occasione sono morto per davvero!
Prima che tutto ciò accada di nuovo, attendo tristemente la venuta del 2016 scrivendo in compagnia di collega taciturno immerso in un telefilm e di un altro che non sapevo nemmeno ci fosse, data la sua ubicazione nascosta ai nostri occhi. Quando si dice il social del nuovo millennio e oltre.
Credevo di poter mangiare almeno una pizza, ma i volantini di quindici milioni di pizzerie a domicilio che millantano un'apertura continuativa sette giorni su sette, si sono sbugiardate tutte dopo averle chiamate una per una. Insomma, nemmeno la pizza mi è concessa.
Ho rimediato dalla famigerata macchinetta: un pacchetto di patatine senza glutine, ma con l'aggiunta del 56% di sale in più, un pacchettino-ino-ino di taralli sbriciolati, che per l'occorrenza è tornato al suo stadio primordiale, ossia: la farina, un tramezzino dalle sembianze aliene e per dessert, dei loacker che bontà. Il mio ultimo pasto dell'anno è stato davvero misero e meschino, però poi ho realizzato che accompagnando il tutto con una Coca-Cola ghiacciata è possibile ingurgitare qualsiasi cosa.
BUON ANNO A TUTTI!




mercoledì 30 dicembre 2015

NEL BARATRO 2° EDIZIONE

Avevo già pubblicato questo e-book qualche tempo fa, in occasione di un concorso letterario che si è poi rivelato una mezza bufala. La pubblicazione avvenne molto di fretta in quanto per parteciparvi, bisognava avere pubblicato con KDP SELECT ed io, per non presentarmi a mani vuote, pubblicai NEL BARATRO. Quando capì che il concorso era davvero farlocco, lo ritirai dalle "vendite" e così facendo ho colto l'occasione per rivederlo, correggerlo e modificarlo.
Eccomi qua dunque, il manoscritto l'ho rivisto, corretto e modificato per cui ritento con una seconda edizione sperando che... che cosa? Non ho idea.
Il perché io abbia pubblicato degli libri elettronici verte sostanzialmente su un solo fattore: diventare uno scrittore un giorno; di conseguenza ho dovuto mettere in mostra le mie piccole creature. C'è da dire una cosa però, che il self publishing non è affatto semplice quanto si vorrebbe far credere. All'atto pratico lo è di sicuro, cioè, pubblicare un libro ci vuole davvero poco, penso che al massimo tenga occupati una decina di minuti. Ma essere autore e allo stesso tempo, editor, illustratore, impaginatore e tutti quegli altri mestieri che gravitano intorno all'editoria, non è facile per niente. Già correggersi da soli è difficile, perché la storia che si ha in testa funzionerebbe anche se non fosse scritta, ovvero, è così chiara per chi scrive, che è difficile trovare degli errori; per fino quelli di ortografia. Essendo qualcosa che ha una vita generata dall'autore, costui, trova difficoltoso scovare dei passaggi deboli o degli errori; appunto. Per questo motivo i veri scrittori, o forse le case editrici, si affidano a personaggi totalmente estranei alla storia e che vengono pagati per correggere quanto è stato scritto, per mesi e mesi dal povero scrittore. Gli errori ci sono sempre, è impossibile non trovarne nemmeno uno, e questo l'autore lo sa. Quindi quando ci si pubblica da soli, si controlla fino allo sfinimento tutto il libro e molto spesso anche la storia originale ne risente. Anche per quel che concerne la copertina, viene rimaneggiata un milione di volte, insomma in conclusione: l'idea di partenza arriva al traguardo estremamente differente. Forse anche i veri scrittori subiscono un trattamento del genere, però, più sono famosi e più hanno voce in capitolo.
Va beh, terminato lo sfogo, (che sembra più un mettere le mani avanti) posso dire di aver pubblicato anche questo e-book, e la cosa mi fa decisamente piacere. Magari non troverà nessun riscontro, molto probabilmente finirà nel dimenticatoio del magazzino virtuale di Amazon come quello precedente (UN AMORE DI BAMBOLA nda*, ma per questo mi sono affidato alle sapienti mani di una editor [si può dire una editor?] di tutto rispetto)  ma in fin dei conti non mi interessa, piuttosto che tenerlo nel mio hard disk, preferisco pubblicarlo.
Se qualcuno dovesse mai venirgli la voglia di acquistarlo, tenete in mente ciò che ho scritto sopra, proprio per mettere le mani avanti, ehehehe.... Sia chiaro, nessun rimborso se il libro non è di vostro gradimento, tanto spendere due euro e qualcosina, non fa poi così male al portafogli; mettiamola così, sono due brioches in meno al bar, e pure la linea ne guadagna.
Mi sono dilungato troppo. buona lettura.







http://www.amazon.it/NEL-BARATRO-Davide-Visciano-ebook/dp/B00IC9YVJC/ref=sr_1_2?ie=UTF8&qid=1451503229&sr=8-2&keywords=nel+baratro

ADIOS LEMMY

Oggi mentre ero a Gardaland con i miei pargoli e mia moglie, mi arriva un messaggio dalla mia band in cui mi comunicano che Lemmy è morto. Ero nel posto meno vicino all'idea di vita del compianto rocker e nonostante la location piena di luci di Natale e giostre vorticanti, la notizia mi ha colpito parecchio. Il caro Lemmy ha vissuto a tutta birra come le sue canzoni, come la sua moto e credo che non abbia avuto grandi rimpianti, o meglio, questo è quanto possiamo dedurre dalle sue interviste e dai suoi aforismi. Comunque non mi sembrava il tipo di averne poi molti, penso che abbia vissuto esattamente come ha voluto e questo è sì un grande dono, ma anche un enorme impegno, poiché non ha mai voltato le spalle alla sua coerenza, sia di musicista che di uomo.
Qualche tempo fa con la mia band, abbiamo intitolato un brano esattamente con il nome del caro estinto Kilmister, l'abbiamo scelto per celebrare un po' quello che ci ha lasciato in eredità, ossia: rock sparato a tutto volume.
R.I.P Lemmy.


sabato 26 dicembre 2015

AUG-ULRICH LARS

Quando dico di essere un batterista a qualcuno che penso possa interessargli la musica, una delle domande che mi viene posta subito dopo, è la seguente:
"Cosa ne pensi di Lars Ulrich?"
Credo che tale quesito susciti una certa curiosità in quanto il batterista dei Metallica, è stato spodestato dallo sgabello della batteria, dopo essersi proclamato il più bravo di tutti nel genere metal. A dire il vero, non so se si sia proclamato egli stesso, o sia stato messo al primo posto dai fan, piuttosto che dalla critica, fatto sta, che il metallaro danese è stato considerato per anni il più grande batterista metal. Lo è ancora, però non è annoverato più tra i massimi esponenti del genere già da qualche tempo ormai.
Personalmente, credo che Ulrich sia un ottimo batterista e se ha venduto milioni di dischi è perché sa il fatto suo. Ha grande competenza tecnica ed è strepitoso sul palco, su questo non c'è dubbio. Però posso anche capire il motivo per cui mi viene chiesto il mio parere; non perché io abbia chissà quale autorevolezza in merito, cioè, io non sono nessuno, però dopo la venuta di altri batteristi di nuova generazione che compiono prodezze assurde, capisco la ragione della domanda.
E' vero Lars non è un virtuoso, o meglio, i suoi virtuosismi non sono così impossibili da eseguire (non da me sia chiaro) a differenza invece di altri suoi colleghi. Le sue armonie o i suoi assoli non sono effettivamente brillanti per fantasia e originalità, diciamo che a volte cadono leggermente nello scontato, nel prevedibile e non sono propriamente rapidissimi. Se mi vengono concessi i seguenti termini, azzardo dicendo che sia uno "dritto" e poco "colorato".
Paragonandolo a elementi come Vinne Paul Dimebag, (Pantera) Dave Lombardo, (Slayer) Mike Portnoy (Dream Theater) e Joy Jordison (Slipknot), in effetti sembra quasi un novellino in fatto di assoli o di fraseggi e di ritmiche, però bisogna riconoscere che Lars è stato fonte d'ispirazione per quasi tutti i suoi colleghi ed è stato un pioniere nel genere trash metal.
Io nutro massimo rispetto e riconosco la sua bravura, però non è il mio batterista preferito.
Oggi tra l'altro è anche il suo compleanno, per cui gli faccio i miei più sentiti auguri.
Piccola perentesi, credo che non si sia aggiudicato molte simpatie, quando iniziò la sua crociata contro Napster, dopo aver dichiarato di possedere così tanti soldi da non riuscire a spenderli tutti in una sola vita. Ecco, forse questo poteva risparmiarselo.
Comunque tanti augULRICH, LARS.


venerdì 25 dicembre 2015

ARRIVATI A QUESTO PUNTO, BUON NATALE

E quest'anno il mio 25 dicembre lo passo in ufficio, non ho assolutamente voglia di restare sveglio fino alle 08.00 rispondendo al telefono, però mi tocca e lo faccio. Prima del lavoro ho comunque passato una serata spensierata in compagnia di figli, nipoti e parenti mangiando allegramente e bevendo il giusto, per cui ho avuto la mia porzione di festeggiamenti.  Quello che spero per questa notte è che sia tranquilla e si possa almeno schiacciare un pisolino indisturbati, magari è chiedere troppo, però così domani mattina non sarò un cadavere quando i miei figli scarteranno i regali di Babbo Natale.
Auguro a tutti quelli che conosco e non, un felice Natale e ci si vede molto presto.


mercoledì 23 dicembre 2015

UN DISCO ROTTO

Ci sono sere e notti specialmente, in cui ripeto la stessa frase decine e decine di volte. La sequenza è sempre quella, le cose che dico da quasi sette anni, idem; sinceramente è una noia tremenda. Per assurdo poi le gente mi fa sempre le solite domande e io ovviamente, rispondo al solito modo di sempre.
Il mio lavoro non cambia mai, non si diversifica, non è nulla di improvvisato, anzi, è tutto segnato passo dopo passo e io, come un automa, seguo queste tracce che sono entrate ormai nel mio modo di esprimermi quasi fosse un'educazione personale, oppure, un insegnamento dovuto ad un dottorato in monotonia.
Non ci sono feste che tengano, le persone pretendono che qualcuno dica loro esattamente ciò che vogliono sentirsi dire. Ma poi paradossalmente non ascoltano più se quello che viene spiegato non rientra tra le opzioni prese in considerazione. Potrei parlare per ore spiegando ciò che molto spesso sfugge al chiamante, ma se chi sta dall'altra parte della barricata non vuole sentire ragioni, cascasse il mondo, non cambierà mai idea e continuerà a ripetere all'infinito quello che è ormai divenuta la classica "questione di principio".
Io lavoro in un call center e di persone ne sento talmente tante che faccio fatica a ricordare tutto quello che mi dicono, anche se poi alla fine mi ripetono bene o male la stessa solfa. Diciamo che il mio cervello cerca di eliminare il superfluo, e di superfluo in un call center, ce n'è così tanto da perdersi.
Alcune mie colleghe tempo fa, avevano scritto su dei bigliettini le frasi più assurde dette da persone altrettanto assurde, il risultato è stato uno spaccato di realtà esilarante, come una specie di "Io speriamo che me la cavo" versione call center 2000 e oltre. Poi credo abbiamo smesso perché il tempo è TIRANNO e i super visori SAURI, eheheh....
Comunque per regalo di Natale, lo dico a nome di tutti quelli della mia categoria, non chiamate i numeri verdi. Grazie.


martedì 22 dicembre 2015

TRAGICO PACKAGING

Il Natale non porta soltanto gioia ed allegria in tutti i cuori, ha anche quella tremenda facoltà di costringere la gente normale a prodezze straordinarie e sbattimenti senza pari. Bisogna andare a recuperare i regali per le persone care; c'è da mettere in conto tutta una giornata persa ad attendere che il corriere consegni il pacco richiesto, non ultimo; bisogna anche impacchettare con una bella carta da regalo ciò che verrà donato con tutto l'amore possibile al destinatario. Ecco su questo punto ho qualcosa da dire in merito.
Poco fa mi sono cimentato nell'incartamento dei regali per mia moglie e posso assicurare che non sia stata proprio un passeggiata di salute, anzi, posso asserire di averne persa un po'.
Penso di essere tra le persone meno precise del mondo e quando mi viene richiesta la massima cura nell'imballaggio, le mie mani diventano due attrezzi arrugginiti e mal funzionanti; i miei occhi vanno insieme e quello che dovrebbe risultare dritto, lo è solo, se le metto perpendicolare ad un asse immaginario di qualche mondo lontano.
Chissà perché un materiale leggero e maneggevole come la carta, prenda vita propria quando la si costringere ad assumere una forma più o meno quadrata. Si formano delle grinze in ogni angolo che rischiano di bucare il foglio, il bordo del taglio non combacia mai con lo spigolo del pacco e nell'attimo prima di chiudere il tutto con lo scotch, questo dannato assembramento di fortuna, si sfalda come un castello di sabbia.
Ok, al primo tentativo lo si può anche mettere in conto e non si deve demordere anche perché, una volta individuata le tecnica giusta, si procede rapidamente anche con i pacchi seguenti; almeno dovrebbe. Si cambia metodo. Occorrono a questo punto l'ausilio di oggetti più pesanti che tengano ferma la carta, per cui si prendono in ordine:

  1. Forbici pesanti come delle cesoie da giardino, che poi però serviranno a tagliare i pezzi in eccesso. Non ho ancora capito se è utile averle a portata di mano oppure no.
  2. Una bobina di scotch tanto larga da ricoprire il regalo, il tavolo, le sedie e le dita di colui che prova a mettere un senso in queste azioni.
  3. Una bottiglia d'acqua, perché la sete si fa sempre sentire.
  4. Una scarpa.
  5. Un libro/mattone; se si ha a disposizione il dizionario bilingue, antico ebraico-lappone, il peso di questo tomo può risultare ottimale; peccato che la dimensione intralci leggermente i movimenti.
  6. Un batticarne.
  7. Due patate.
Ora; non è che avevo proprio tutti gli oggetti di questo elenco, ma in compenso i miei gatti ce l'hanno messa tutta per darmi una mano, anzi, otto zampe.
I gatti non vanno d'accordo né con la carta e né con il nastro, di conseguenza, io non vado d'accordo con loro quando mi distruggono quella specie di orribile pacco da regalo che è in procinto di venire alla luce. (Forse sarebbe meglio consegnarlo al buio. Potrebbe essere un'alternativa da tenere in conto)
Lo spirito di Sandokan, unito a quello della famiglia Togni e mischiato con quella della famiglia Orfei, mi hanno dato la forza per domare i due felini di casa, il cui unico loro obiettivo era quello di intrufolarsi dentro la confezione e mangiare il nastro colorato.
Da qui mi è venuta un'idea lampante. Ho pensato di regalare a mia moglie anche due gatti morti, ma a quel punto ben impacchettati. Va beh, ho abbandonato subito questa golosa possibilità quando mi sono reso conto di non avere abbastanza carta regalo.
Sono stato previdente nel chiedere ad Amazon di impacchettare il regalo principale al posto mio. Quando l'ho tolto dalla scatola di cartone, ho avuto una piacevole sorpresa nel vedere che qualcuno sappia fare bene i pacchi e che mi abbia sollevato dall'onere di imprigionare anche alla bell'e meglio il regalo protagonista del Natale 2015.
Ora ammazzo (no, non i gatti) il tempo in attesa che il corriere mi consegni l'altra parte del regalo che ho pensato di dare alla mia dolce metà. Spero vivamente che arrivi prima di mia moglie, in tal caso, è consegnato in una scatola e dentro sarà impacchettato, almeno così dovrebbe essere.
Le mie opere d'arte contemporanea o forse, vedendo il risultato potrei azzardare a definirle: futuristiche, le ho nascoste per bene, sia da sguardi indiscreti che dai gatti. Le due belve comunque, hanno perso qualsiasi interesse una volta che sono riuscito a completare il packaging natalizio. Credo che siano rimasti disgustati da quello che sono riuscito a creare ovvero, dei piccoli mostri.



lunedì 21 dicembre 2015

LE BALLE DEL NATALE

Fra pochi giorni arriverà il tanto atteso Natale, sia per quelli che approfittano delle festività per fare delle brevi vacanze (non è questo il mio caso) sia per i negozianti, che in questo periodo dell'anno hanno l'occasione di svuotare i propri magazzini da tutta quella merce rimasta invenduta dal Natale scorso. Sì lo so, sono cinico, ma superati i dieci anni di età, quello che si percepisce è solo questo.
Nonostante l'analisi economica ed il grosso volume di affari che smuove codesta ricorrenza, l'attesa più classica ed innocente rimane sempre quella dei bambini. Costoro sperano di vedere realizzati i loro desideri sotto l'albero, dopo aver scritto al corriere più veloce del mondo, tutta una serie di oggetti ludici, di beni molto spesso costosi e di ingenue superficialità che occorre ricevere durante la notte più famosa dell'anno. Poiché il bombardamento del Natale arriva da ogni angolo del mondo, l'aspettativa da parte dei piccoli è enorme, perciò non è ammessa alcuna delusione ed è vietato privare o estromette qualsiasi bambino dalla tradizione del regalo.
L'altro giorno riflettevo sul modo di fare di noi genitori nel periodo natalizio, cioè quante illusioni e menzogne raccontiamo ai nostri bambini partendo dal 1° dicembre in poi. Noi la possiamo mascherare come magia, però a veder bene, sono delle bugie grosse quanto il sacco di Babbo Natale. Non nego che anch'io da piccolo attendevo il sig. Santa Claus come una specie di manifestazione mistica, come un evento incredibile e sovrannaturale conclamato e riconosciuto da ogni essere umano, al quale però non si poteva in nessun modo partecipare attivamente. Già questo doveva farmi capire qualcosa, però era così bello crederci che non si poteva mettere in discussione nulla, neppure  colui che aveva in mano i miei desideri. Quindi ci ho creduto fedelmente fino ai dieci anni; appunto.
Ma adesso che il genitore sono io, mi rendo conto di quel che vuol dire veramente festeggiare il Natale e in fin dei conti, mi sento addirittura colpevole di alimentare questa gigantesca balla che sono costretto a raccontare ai miei figli, solo per rendere più magico un momento convenzionale. Loro ci credono e sono convinti che Babbo Natale esista veramente, sono accecati dal bagliore di una bugia talmente diffusa che sarebbe quasi un crimine svelare loro la verità. Io però continuo a sentirmi in colpa perché è un po' come giocare alle loro spalle, è come se mi compiacessi di averli illusi, di aver tramato una rete invisibile dentro il quale cascheranno come ogni anno; cioè sento un po' di amaro in bocca.
Il giorno che ho scoperto la verità, credo di essere stato più deluso dal comportamento truffaldino dei miei genitori, che non tanto dalla mancata esistenza di un tizio che dovrebbe avere l'età di matusalemme, che in una sola notte compie il giro del mondo consegnando i pacchi di ogni fattezza e misura, ossia quello che vorrebbe riuscire a fare Amazon con i suoi droni e l'abbonamento prime o vattelappesca cosa, e che viva in un luogo dal clima impervio circondato da folletti e quintali di neve.
Con gli occhi di adesso potrei definire Babbo Natale una specie di schiavista che obbliga delle persone diversamente abili a lavorare senza un minio salariale garantito, che sfrutta gli animali ad una corsa folle intorno al globo e che per una sola notte di lavoro, guadagni un ritorno d'immagine talmente alto da far invidia ai più capaci marketing manager, della Apple. Insomma un vero pezzo di m... marmellata.





AFTER SHOW

Quel famoso giorno è arrivato ed è pure passato, come giusto che fosse poiché il tempo è inarrestabile. Quale giorno? Ma il concerto dei 20 Euros For Love, ovvero, l'evento più atteso dell'anno. (almeno da me)
"Inanzitutt Bob", come direbbe Mick Jagger in una fantastica parodia doppiata, ci hanno detto che molte persone hanno creduto che la serata al Baraonda costasse 20 euro, proprio il nostro nome e per la posizione infelice dov'è stato scritto, cioè alla fine del flyer. Va beh, pazienza, tanto io sono rimasto in tutto un paio d'ore o forse meno, quindi del pubblico me ne sono infischiato altamente. Gli unici per i quali ho provato l'unico vero interesse della loro assoluta presenza, l'ho avuta per i miei figli e per mia moglie, il resto ha fatto solo numero per i gruppi successivi al nostro.
A differenza di quanto il flyer appena citato, faceva intendere la nostra ultima posizione, abbiamo suonato per primi e forse per questo, siamo stati pure penalizzati.
La nostra performance durava appena 18 minuti, quasi diciannove, se ci mettevamo anche le pause tra un brano e l'altro. Eppure, agli occhi degli organizzatori è sembrato troppo lungo e così ci hanno intimato di smettere a metà esibizione, non permettendoci di portare a termine la nostra scaletta. Avevamo a disposizione 25 minuti, ma dopo 15 siamo scesi, o meglio, ci hanno fatto scendere.
A parte questa nota dolente (è proprio il caso di dirlo) l'esibizione in sé è stata molto buona, nonostante la spia rivolta dalla parte opposta alle mie orecchie e per ciò, ho sentito solo un terzo di quello che i miei soci sul palco hanno suonato. Ovviamente non sentendo le loro parti, ho suonato a memoria e il più delle volte si sa, la memoria vacilla; se poi ci aggiungiamo delle gustose fragranze molto "speziate" che si libravano nell'aria mentre suonavamo, beh va da sé, che qualche colpo mi è sfuggito. Però il bello di suonare delle canzoni inedite è che degli errori non se ne accorge nessuno, anche se personalmente sono rimasto un po' insoddisfatto della mia performance. Ma sì, chissene! Ho rotto il ghiaccio formatosi dopo 9 anni di inattività pubblica e va bene così. poteva andare molto peggio, questo lo considero come un giusto compromesso. D'altronde i primi concerti hanno sempre qualcosa di strano intorno, di anomalo, di inaspettato. E' come un rito di iniziazione o un battesimo pagano, per cui chi si presenta dinnanzi al dio del rock, deve essere sacrificato come un tenero agnellino, per poi divenire una belva nei concerti successivi e credo che di date ce ne saranno ancora, dato il nostro sacrifico di sabato. Cavoli potrei dire addirittura: Balck Sabbath e vedi che tutto torna!
Forse quello che davvero vorrei per me e per la mia band, sarebbe di cambiare una volta per tutte le location e l'utenza alla quale la nostra musica è rivolta. I centri sociali mi hanno stufato, hanno fatto il loro tempo. Ho praticamente suonato sempre in posti del genere e ora credo che sia giunto il momento di cambiare, sia perché la nostra musica non ha nulla a che vedere con la politica, sia perché nelle serate hardcore, centriamo come dei vegetariani in una macelleria e poi vorrei fare un salto di qualità, come una sorta di crescita stilistica e personale. Mi piacerebbe suonare in cima ad uno dei nuovi grattacieli di Milano, chissà magari si potrebbe pure fare.
Sarà stata la novità di sentire qualcosa di nuovo, di divertente e un po' inatteso, fatto sta, che a quasi tutti i nostri amici siamo piaciuti. Ora non saprei dire se si sono complimentati con noi, perché ci hanno tirato giù dal palco, o perché con la nostra musica hanno potuto persino ballare, anziché pogare, però mi sembravano tutti molto colpiti dalla nostra esibizione. Anche se la bocca della verità sono stati i miei figli e, sapere che per loro sono stato bravo è l'unica cosa che conta per me!


venerdì 18 dicembre 2015

LE COSE CHE NON SO

Poco fa, stavo guardando la scena finale di "Spaghetti a Mezzanotte" un commedia anni '80 con Lino Banfi. Nella sigla finale si sente una strofa in cui viene cantata la frase: "E se tua moglie avesse un amante..." Ecco, e se lo avesse la mia? Cosa dovrei fare?
Io ripongo la più totale fiducia in mia moglie, ma se le cose dovessero andare male tra di noi, se il rapporto si dovesse sgretolare, se l'amore un giorno finisse, che conseguenze avrebbe la nostra storia? Sicuramente ci sarebbe un divorzio, però non è detto che la separazione avvenga subito e magari pure in maniera consensuale, prima ci sarebbe un periodo di litigi, di incomprensioni e perché no, anche di odio profondo, per cui, si arriverebbero a creare quelle situazioni favorevoli al tradimento e quindi comparirebbe l'amante. In questo caso, cioè, nell'esatto momento in cui si scopre di essere stati traditi, come si dovrebbe reagire? Qual è la soluzione migliore da adottare per venirne fuori bene? Cosa c'è da evitare e cosa invece è doveroso compiere?
Una volta un tizio mi disse che le corna sono come il buco del.. insomma, ce l'abbiamo tutti. A differenza che l'ano sia uno e le corna per antonomasia siano due, il concetto è che ogni essere umano ha entrambe le cose; la prima per un fattore prettamente anatomico; la seconda per una questione sociale. In definitiva secondo questa teoria, ognuno inconsapevolmente è cornuto.
Io non sono molto d'accordo per il semplice fatto che mia moglie non ne ha da parte mia, magari in passato potrebbe averle avute; come anche per me il discorso è uguale, non ne ho da parte sua, ma forse in passato me le hanno regalate un paio. Chi può stabilirlo con certezza?
Cavoli, però in questo modo, do credito alla teoria del buco... forse è vero che ognuno potrebbe essere stato tradito e per questo avere, o aver avuto un amante che ha regalato all'altro un paio di corna "bucate"che puzzano di...infedeltà.


mercoledì 16 dicembre 2015

- 3 GIORNI ALLO SHOW

Mancano solo tre giorni al MobFest di Segrate c/o il Baraonda e ci sono stati i primi intoppi, almeno, per quel che mi riguarda.
Oggi ho ricevuto la pessima notizia dell'indisponibilità dei piatti della batteria. Avrebbe dovuto prestarmeli un amico, che però si è reso conto di non averli a casa sua, di conseguenza non è possibile recuperarli prima del concerto, in quanto il luogo dove risiedono in questo momento è un posto sconosciuto ai più... Si è paventata l'opportunità di prenderli da un altro tizio, che caso vuole, non li abbia nemmeno lui fisicamente a portata di mano, ma a differenza del primo, il luogo dove sono è ben conosciuto da chi potrebbe recuperarli. C'è anche una terza possibilità, ovvero, quella di farmeli prestare da un amico che suona alla nostra stessa serata, l'unico problema è che suoniamo con tre ore di scarto; noi 20 EUROS FOR LOVE alle 18.30, quindi apriamo le danze; l'altro gruppo gli ESSERE, suonano alle 21.00 per ciò, il loro batterista, cioè colui che sarebbe disposto a prestarmi i pezzi che mancano, non è obbligato a presentarsi con tre ore di anticipo, solo per permettermi di suonare. Certo, io confido nel suo buon cuore, ma non è certo tenuto a farlo.
I batteristi sono molto gelosi della loro strumentazione, poiché ogni pezzo della batteria è molto, ma molto costoso, quindi nasce sempre una certa riluttanza nel prestare le varie parti a qualcuno. E' comprensibile per carità e poi, non è detto che anch'io farei lo stesso se avessi una mia batteria personale.
Questo è il bello della diretta, le incognite sono dietro l'angolo e le sfighe in verità stanno dappertutto, quindi, lo spostamento di un piccolo equilibrio potrebbe essere l'artefice della mancata esibizione. Staremo a vedere.



martedì 15 dicembre 2015

IL PRINCIPE DI ROZZANGELES

La differenza sostanziale che passa tra l'educazione che ho ricevuto io, e quella che impartisco ai miei figli è questa: trasmetto gli insegnamenti avuti dai telefilm, oltre a quella dei miei genitori, ovvio.
Potrebbe sembrare un'eresia la mia, però non è così blasfemo ciò che sto per scrivere.
Quando io ero bambino, ho passato un sacco di tempo davanti alla TV, pensando che fosse un passatempo educativo. Non ero certo il solo direi, anzi, forse quelli della mia generazione possono confermare che era un modus operandi decisamente diffuso a quei tempi. E' vero, anche oggi molti bambini passano ore davanti al televisore, ma i contenuti dei programmi sono differenti rispetto a quelli che vedevo io.
Ai miei tempi, i telefilm erano leggeri, trattavano delle tematiche politicamente corrette, tutte molto "perbene"forse meglio dire perbeniste, e cosa non da poco, i protagonisti di queste commedie facevano parte della media borghesia americana, sia nera che bianca. Venivano mostrate le migliori modalità d'intervento sulle problematiche che i vari figli portavano a casa, per cui poi alla fine, qualcosa lo spettatore imparava e di conseguenza tramandava.
Ne ho visti parecchi di questi sceneggiati (come li chiamava mio nonno) dalla Famiglia Bredford, alla Casa Nella Prateria, passando dai Robinson, attraverso Super Vicky e finendo a Willy il Principe di Bel Air, il mio preferito.
Il caro Will Smith, ha avuto un fan sfegatato in quegli anni, ovvero: il sottoscritto. Mi piaceva perché era scanzonato, divertente, fortemente comico e poi lui ascoltava il Rap, esattamente come me in quel periodo. All'epoca ero un B-Boy e trovare un telefilm che per protagonista aveva un vero rapper, era per me una gioia enorme. Il caro Willy nella realtà cantava con il duo Fresh Prince and Jazzy Jeff, che quest'ultimo, tra l'altro compariva, con il protagonista nelle simpatiche puntate. Da noi in Italia però è diventato famoso più per il telefilm che non con il singolo "Boom Shake The Room" uscito nel '93. Una volta raggiunta la notorietà planetaria il sig Smith, ha pubblicato molti altri dischi e fatto un sacco di film, qualcuno anche bello.
Comunque il mio eroe era il Principe di Bel Air (che si potrebbe anche tradurre come il Principe di Bellaria) Lo imitavo nel modo di vestire, nella camminata, nella risata e ovviamente, nel suo celeberrimo saluto con i suoi amici. Forse avrei voluto persino la pelle nera, come cantava Nino Ferrer, da quanto ero preso da quel telefilm. Appena scoccavano le 18.00 mi sintonizzavo su Italia1 e contavo senza respiro la sua fantastica sigla sia quella iniziale che i due tipi le della finale; la mia era una grande passione e grazie a quel telefilm ho imparato che la musica può dare sempre qualcosa in più rispetto a tutto il resto.


domenica 13 dicembre 2015

SINDROME NEVROTICA

Non è facile mantenere sempre la calma, restare lucidi fino in fondo e non farsi travolgere dall'isterismo, specialmente se si è inclini alla rabbia come valvola di sfogo. Avere mille cose da fare contribuisce a rendere tutto più rapido, ossia, si perdere la pazienza più in fretta e, se si sa, la fretta è cattiva consigliera.
Quando si agisce d'impulso, quando non si conta fino a dieci prima di inveire contro qualcuno, solitamente si ha il torto dalla propria parte e per un padre, un marito; come lo sono io, un atteggiamento del genere gioca molto a sfavore.
Credevo di essere un tipo paziente, anzi, era quasi un vanto per me non perdere mai la calma, ma ultimamente questa mia dote l'ho lasciata in un posto difficile da scovare quando serve; al contrario, trovo molto più facile abbaiare contro i miei figli, mia moglie e con quella strana coppia dei miei gatti. Abbaiare è esattamente ciò che faccio, alzo la voce, sbraito, divento scontroso e non voglio sentire nessuna ragione e neppure scuse sui vari avvenimenti, colpevoli di avermi fatto perdere il lume della ragione. Anche quando la soluzione sarebbe prendere del tempo ed iniziare a far lavorare il cervello, il mio istinto arriva prima di me e distrugge ogni cosa.
Per mia fortuna non sono un tipo violento, ma se fossi stato anche uno che alza le mani come se fosse la cosa più naturale del mondo, che razza di uomo sarei? Lo so, certo che lo so; farei parte di quella schiera di individui che riempiono le pagine della cronaca e i servizi alla TV, sarei uno dei tanti che detesto con tutta l'anima.
Forse, si arriva a questo punto perché fondamentalmente si vorrebbe la perfezione intorno, senza fare quegli sforzi che contribuiscono a rendere la vita un'esistenza dura ma serena. Non si può ottenere il rispetto, la gioia, la felicità senza mettere la giusta dose d'impegno nelle cose e soprattutto negli affetti. Il cammino non è mai facile ed è un bene che sia così, in quanto chi ottiene senza dare, non si può dire sia veramente felice.
Io ho il privilegio di avere al mio fianco una moglie molto intelligente che sa quando rimettermi in riga, che è in grado di capire quando sto sbagliando ancor prima di commettere degli errori enormi, magari irreparabili; nei rapporti si intende, anche perché non arriverei mai a fare nulla di paradossale o di sconclusionato per il quale potrei pentirmi in eterno. Lei ha quella facoltà innata di vedermi dentro e sa ciò che potrebbe logorare il mio rapporto con la mia famiglia, lei percepisce quando si sta prendendo una brutta piega e la raddrizza con l'acume della quale è ricolma, come una cornucopia piena di monete d'oro. Le sono davvero molto grato e per questo che l'amo ogni giorno di più.
Mi rendo conto di essere una persona complicata che a volte ha bisogno di uno scossone per riprendere in mano le redini della sua esistenza; come dire, a volte c'è bisogno di ridisegnare tutto dopo aver pasticciato un bel ritratto.


sabato 12 dicembre 2015

IL 19 DICEMBRE ON STAGE

Sono otto anni che manco dai palchi, anzi a pensarci bene, sono addirittura nove anni che non mi esibisco davanti ad un numero di persone maggiori di 3 e sono piuttosto spaventato. In verità non vedo l'ora perché ho davvero un sacco di voglia, però, come dicevo qualche post passato, il fattore emozionale è sempre da mettere in conto, perciò... me la sto facendo abbastanza sotto.
Una volta, molto molto tempo fa, dovevo suonare con un mio vecchio gruppo, in un centro sociale abbastanza in voga per quel periodo: il "Chapas". Prima di salire sul palco, mi montò su il solito panico da esibizione. Lo espressi ad una tizia che conoscevo e lei mi disse:
"Non ti preoccupare, che prima o poi ti ci abitui."
Io le risposi in maniera molto plateale, quasi fossi un professionista della musica, nemmeno fossi Bowie o che ne so, John Lennon in questo modo:
"Il giorno che non mi emozionerò più prima di un concerto, smetterò di suonare."
Ho ricevuto gli applausi a scena aperta da tutte le ragazze, messe in prima fila, pronte a saltare addosso a tutti quei ragazzini che si atteggiavano a musicisti, tanto quanto me.
Comunque il 19 dicembre tutti al Baraonda di Segrate per il MOBFEST, dove tra tante band ci suoneranno anche i 20 Euros For Love, mi raccomando, mettetevi in prima fila che vi salto addosso con le bacchette ben impugnate!




mercoledì 9 dicembre 2015

ORRORI DI ORTOGRAFIA

La mia prof. di Lettere delle medie, era solita appellare gli errori nelle verifiche come: orrori ortografici; proprio per la bruttura della scrittura e lo sdegno che tali sbagli, le procuravano in cuor suo dopo tanti anni di insegnamento.
Io ho avuto dei compagni di classe che sbagliavano a scrivere il proprio nome e cognome nell'intestazione dei compiti in classe, tipo: inversione mischiata del nome+cognome, oppure, parole inventate di sana pianta come: "rino c'è ronte" per identificare il rinoceronte; insomma, dei veri colpi di genio.
Scrivo questo post, non tanto per screditare gli ideatori di neologismi, prodotti dalle loro menti ancora fresche di nozioni grammaticali, bensì, per spezzare una lancia a loro favore.
Certo gli errori sono imbarazzanti e in effetti fanno davvero rabbrividire quando si leggono sugli articoli del più noto giornalista o magari, nelle dediche d'amore sui muri e perfino sui cartelli stradali dove appare un bell'errore all'interno di una parola; ma ancor di più scriverli di proprio pugno!
Gli errori gettano un'onta indelebile di vergogna in faccia a chi li ha prodotti, poiché pensa di lasciare un messaggio importante per i posteri, quando in realtà ha tirato fuori chissà quale strafalcione!
Sia chiaro che nessuno è escluso dal produrne, specialmente, se nel momento in cui la mente è impegnata a scrivere, si viene disturbati da un milione e mezzo di persone che a causa della mancata concentrazione, fanno schiacciare un tasto per un altro o fanno perdere il filo del discorso o chissà cos'altro. Non nego che questo sia proprio il mio caso.
Tutti facciamo errori nella scrittura per il semplice motivo che la lingua italiana è tra le più complicate e difficili del mondo, per cui se non vengono studiate bene tutte le regole che la compongono, queste brutture o meglio, orrori; si riproducono come conigli nei testi scritti. Perciò bisogna studiare bene e leggere molto, non c'è altro da fare se si vuole evitare questo:




lunedì 7 dicembre 2015

EPITAFFIO: NON PIANGETE PER ME E' SOLO SONNO ARRETRATO

Il titolo del post l'ho preso da una frase detta da una mia collega una sera, quando ha citato una sua amica nel momento in cui divenne mamma trent'anni fa o giù di lì.
Ebbene, diventare genitori significa: perdere il lusso di dormire fino a tardi.
Mi spiego:
in molti credono che il sonno di un genitore venga annullato, soltanto quando in casa è presente un neonato, è vero, ma solo in parte.
Appena nato, un bambino dovrebbe dormire una quantità di ore pari a 16 o 18, questo se il neonato ha delle chiare origini animalesche, derivanti da un koala o da un bradipo, nella realtà dorme molto meno, specialmente di notte. Va beh, ma su questo il genitore è preparato, forse sarebbe meglio dire, che se lo aspetta.
Passato quel periodo spaventoso identificato come: "il periodo delle coliche" si pensa, erroneamente, di essere arrivati ad un buon punto, per quel che concerne il riposo; nulla di più sbagliato. Ora vi dico il motivo.
Quando i bambini crescono e diventano abbastanza grandi da poter stare alzati di più rispetto agli anni passati, si prende alla leggera il loro risveglio dell'indomani. Qui casca l'asino!
Certo, perché se durante una serata con gli amici di un sabato sera qualunque, magari trascorsa in casa a cenare; i bambini vanno sì a dormire più tardi del solito, però il loro risveglio, sarà sempre prima di quanto un genitore vorrebbe; questo accade per un semplice motivo ossia: se il/i figlio/i vanno a letto tardi, i genitori andranno a dormire ancora più tardi, di conseguenza loro si alzeranno prima e i genitori con loro, ad un orario decisamente troppo presto, per chi ha deciso di fare le ore piccole la sera prima.
Un altro caso è la domenica.
Solitamente di domenica si ha l'opportunità di dormire qualche minuto in più, rispetto alla settimana. Nel settimo giorno, (quello dedicato al riposo) per una strana congiunzione astrale, o di organismi ectoplasmici presenti nell'aria, i bambini, solo in quel giorno, si alzano all'orario giusto per andare a scuola; cosa contraria accade invece, quando bisogna alzarsi presto, nel corso degli altri giorni precedenti. Ripeto, in questo caso, la ragione è oscura persino a Hawkins o alla cara estinta, Margherita Hack.
Facciamo passare molti anni dalla fanciullezza dei figli, cosa accade nel futuro? I genitori avranno mai l'occasione di dormire di più, quando i figli diventano grandi e avranno la possibilità di uscire di sera? Ovviamente no.
Quando i figli sono fuori di casa a fare bisboccia con gli amici, i genitori vivono con l'ansia fino al momento in cui non sentono le chiavi inserite nella feritoia al loro ritorno, ciò significa, minimo le quattro del mattino. Andrà avanti su questa linea finché i figli non andranno via di casa. Allorché, magari i genitori sono divenuti nel frattempo anziani, e avranno i classici problemi d'insonnia dovuti all'età, per cui il riposo verrà meno anche in quel periodo della vita.
Credo, che il momento migliore per poter godere appieno della fase del sonno prolungato, sia dai 15 fino ai 25 anni, sempre se poi non si inizia a lavorare intorno ai 18. Più precisamente ancora, penso che il periodo universitario, sia il migliore in assoluto, essendo quello un momento dedicato allo studio ma differente dalla scuola ordinaria, con introno però, tutto un corollario di feste e di vacanze tra un esame e l'altro. Tale lusso viene meno, se lo studente è al tempo stesso anche un lavoratore.
Personalmente, durante la mia fase universitaria non ho goduto molto il privilegio del riposo ad oltranza, per il semplice fatto che ho avuto dei grossi problemi relativi al sonno e per questo, ho vissuto la notte come se fosse il giorno, evitando troppo spesso di dormire come un ghiro quando avrei potuto.
Da un po' di anni lavoro di notte e va da sé, che le mie ore dedicate a riposare siano diminuite drasticamente, rispetto a qualche anno fa quando ero giovane e nottambulo per scelta. Ora, sto pagando il dazio dei miei vizi.
Mi ripeto da molti anni a questa parte, che qualora dovessi chiudere gli occhi, non li riaprirei più, e qui si ritorna al titolo del post, ossia: una sacrosanta verità.






martedì 1 dicembre 2015

TRA TANTI SITI DI ABBIGLIAMENTO E DINTORNI... TROVO SHAKALALLA

Non credevo che mi sarei imbattuto in un sito del genere perché non sono un grande appassionato di abbigliamento, di accessori o di oggettistica in genere e quello su internet poi, men che meno. Però questo sito mi ha incuriosito, più che altro per il tratto molto rock'n roll che è riportato sui pezzi messi nella vetrina virtuale, pronti per essere venduti ad un rockettaro come me. Inutile dire, che la cosa mi faccia particolarmente piacere, a maggior ragione poi, che di solito gli oggetti catalogati come "rock" sono un po' banalizzati. Diciamoci la verità, i marchi che spopolano ai concerti, alle fiere, alle convention sono sempre gli stessi, ossia, i loghi delle band più affermate e poco altro, applicati sulle cose più differenti, cioè, partendo dalle felpe finendo alle tazzine del caffè.
I nuovi brand emergenti sono la vera risposta ad un mercato che di per sé è già saturo e troppo spesso, poco variegato. Certo gli oggetti di design sui siti ce ne sono parecchi, anche di belli rock come piacciono a me, però a quali prezzi? Il più delle volte sono inaccessibili.
Questo che propongo oggi è un sito friendly e chi lo gestisce, mi dà l'idea di essere molto simpaticamente rock! Poi il logo è troppo forte.
Giudicate voi.




http://www.shakalalla.com/


COME UN ANNO FA

 L'anno scorso siamo rimasti rinchiusi per mesi a causa di un virus letale, sconosciuto e altamente aggressivo, dopo un anno siamo ancor...