martedì 31 dicembre 2013

2013 ODISSEA NELL'UFFICIO

Come già preannunciato la fine dell'anno la passerò in ufficio, ma poco importa anche perché la mia famiglia mi raggiungerà per festeggiare tra le mura del lavoro in compagnia dei miei colleghi. Ma si il Capodanno è una serata come un'altra, dietro il quale ci sono un sacco di preparativi per quel secondo che fa scattare l'anno. Ok si è divertente, ma passato lo scoccare della mezzanotte tutto torna esattamente come prima. Gli anni passati quanti soldi ho speso per festeggiare nei locali, a pensarci dopo un sacco di tempo mi viene da sanguinare tra i denti. Attenzione lo comprendo pienamente, dato che bisogna pagare a peso d'oro tutti coloro che sgobbano come muli mentre tutto il resto del mondo è in preda ai coma etilici. I soldi che ricevevo a Natale mi scivolavano dalle mani per pagare la nottata più costosa dell'anno, che spreco. Quindi i miei amici ed io, una volta capito che non aveva senso spendere un sacco di denaro per due robe in croce da mangiare e una musica fin troppo commerciale, optammo per le feste in casa, che sono sempre state la cosa migliore in assoluto. Entrare nei locali dopo la mezzanotte costava decisamente meno, arrivarci poi, già pieni di alcol risultava essere un buon affare. Va beh comunque sia, il veglione dell'ultimo dell'anno è stato un pretesto per dare il massimo di me, in situazioni paradossali a volte. Una volta mi ricordo di essermi svegliato sotto una macchina parcheggiata, dopo essermi addormentato su un piccolo pendio innevato, che roba! Ero talmente pieno di alcol che per fortuna non mi congelai. Avrei altri aneddoti da raccontare da far rabbrividire chiunque, ma forse faccio prima a omettere alcuni particolari che potrebbero non farmi onore. Oggi qui in ufficio non corro nessun pericolo e dall'alto della mia postazione auguro a tutti buon anno, tanto domani sarò ancora qui.

sabato 28 dicembre 2013

CHEZ Mr.D

Mangiare è una necessità quotidiana che bisogna soddisfare almeno 4 volte al dì. Per i meno bisognosi anche tre volte bastano, ma per chi ha dei figli come me, c'è da mettere in conto anche la merenda, quindi il risultato è il doppio di due. In casa mia mia chi prepara da mangiare solitamente sono io e lo faccio con piacere perché ho scoperto che mi rilassa. Non posso cucinare senza la musica in filodiffusione a darmi al carica, e dato che mia moglie per Natale mi ha regalato un nuovo impianto stereo con i contro bit, d'ora in poi verranno fuori delle pietanze da tre forchette (ammesso che siano il massimo). Il primo pasto è la colazione. Ogni membro della famiglia ha i suoi gusti che è doveroso soddisfare a pieno, per partire con la giusta quantità di energie in vista di una giornata impegnativa. Mio figlio mangerebbe di tutto a colazione, cioè merendine a profusione o biscotti possibilmente al cioccolato e succo di frutta. Non è molto lontano da quello che avviene nella realtà. Mia figlia ha solo due alimenti preferiti, cocopops palline e bucaneve. Se mangia i biscotti, allora il latte deve essere non troppo caldo con il nesquik, se invece mangia i cereali, allora va bene il latte freddo senza nulla. Mia moglie preferisce la colazione salata. Di solito le preparo dei toast con burro e sale accompagnato da caffè americano o thè, qualche volta ci scappa latte caldo con il cacao. Per quel che mi riguarda mangio biscotti con marmellata o toast alla marmellata, ovviamente con nescaffè. Tutto questa varietà di pietanze vanno preparate e consumate in un tempo massimo di 15 minuti dalla sveglia, un bel lavoro non c'è che dire. A pranzo sono sempre da solo, dato che i miei figli mangiano a scuola e mia moglie a lavoro, quindi preparo per me ciò che l'estro suggerisce. Ci sono delle volte che mi porto avanti con la cena e la preparo per tutti con largo anticipo prima di andare a lavoro. Ad essere sinceri la cena è un tasto dolente. Ogni membro della famiglia, esattamente come a colazione, vorrebbe mangiare ciò che più gli aggrada e non è detto che poi non sia così. Mi sembra più un ristorante che una cucina di una famiglia normale. Cerco sempre di venire in contro ai gusti di tutti, ma non è semplice e forse nemmeno così educativo, nel senso che bisognerebbe mangiare quel che c'è punto e basta, proprio perché non siamo un ristorante. Però molto spesso chiudo un occhio e mi metto dietro ai fornelli a spadellare come un matto. Insomma la cucina è il mio posto preferito, il mio regno. Sono sempre lì a cucinare, a lavare piatti, a riempire e svuotare la lavastoviglie tutto il giorno, sarà anche faticoso ma la cosa mi piace. Ogni tanto poi, mi vengono anche dei manicaretti niente male e per fortuna che mia moglie gradisce la stragrande maggioranza delle volte che mi cimento nell'arte culinaria,(Culi in aria? Dove?) dandomi delle grosse soddisfazioni. Un vero chef che si rispetti, si deve anche procurare tutto l'occorrente per il proprio lavoro, questo ne consegue che sono io ad occuparmi della spesa al supermarket. Ci vado in bicicletta perché ho le mie fisime, ed ho escogitato un metodo per caricarmi tutto quanto, senza adoperare l'auto, che di fatto non ho nei giorni feriali. Riesco a fare la spesa della settimana comodamente e con i miei tempi. Un sacco di volte compro cose che credo servano, però poi mi accorgo di averle già, quindi mi metto subito a cucinarle per far spazio al resto delle compere. Una volta riempita la dispensa, butto la spazzatura, differenziata fino a quasi a dividere le particelle che compongono i vari oggetti e corro con gran piacere dritto ai fornelli a preparare quello che mi viene in testa. Come si evince dalle parole qui sopra scritte, la cucina di Mr.D è sempre aperta, approfittatene.

mercoledì 25 dicembre 2013

E ALLA FINE VENNE NATALE

Scrivo dall'ufficio durante la sera del 25, sarà triste ma questa è la nuda e cruda verità. Non sono qui a lamentarmi come al solito, anche perché sono riuscito comunque a fare tutto ciò che impone la tradizione; cenone della vigilia con la famiglia di mia moglie per cui, grandi abbuffate, grandi bevute, risate buon umore e alla fine l'immancabile scarto dei regali. Alle prime luci del giorno natalizio, i miei bimbi hanno aperto i regali lasciati sotto l'albero da Babbo Natale (l'unica volta all'anno che saltano giù dal letto senza storie) e poi il pranzo di Natale con i miei genitori ed altri regali scartati. Insomma non si è intaccata in alcun modo la tradizione e per l'appunto questa implica al sottoscritto, anche la presa di servizio della sera del 25. Si crede erroneamente che a Natale le cose siano tranquille, invece come la legge di Murphy insegna, tutte le sfighe succedono esattamente nei giorni di festa. Al mio arrivo in ufficio, sono stato accolto da i colleghi colti dal delirio e in preda a mille chiamate, sempre per le solite menate che accadono anche durante il resto dell'anno, niente di nuovo in effetti. Eppure quando gestiamo le rogne del nostro lavoro, oggi le si affrontano in modo diverso, più scocciati e mal disposti, proprio perché nessuno vorrebbe stare dove sta in questa giornata, a maggior ragione se si sente poi la gente che chiama perché richiede la soluzione ad ogni problema. Va beh ognuno svolge la mansione che si è scelto con tutti i pro e i contro. Che dire di più? Buon Natale a tutti e all'ultimo dell'anno, ma anche il primo giorno dell'anno nuovo, sarà uguale sempre qui a rispondere ovviamente alle stesse persone a risolvere le solite questioni. _______TUUUUUUUUUUU_______

sabato 21 dicembre 2013

IL QUIZ TARGATO CARRA'

Nei primi anni '90 o fine '80 che fossero, mi ricordo che la domenica all'ora di pranzo la mitica Carrà faceva un giochino simpatico durante il suo programma, quello del "se fosse." Si cerva di indovinare il personaggio misterioso, dando indicazioni sul suo carattere o sulle caratteristiche fisiche, accomunandolo a qualcos'altro. Io non ci prendevo mai, anche perché non ne conoscevo uno dei personaggi che sceglievano, ma qui di sotto proporrò anch'io la stessa cosa con un personaggio a me ben noto.

Se fosse un animale: sarebbe una gatta adulta in cerca di coccole continue.
Se fosse un colore: sarebbe il bianco candido.
Se fosse un oggetto: sarebbe una coperta calda.
Se fosse un romanzo: sarebbe orgoglio e pregiudizio.
Se fosse un testo scolastico: sarebbe l'atlante larius 1992 rimasto ancora imballato fino ad oggi.
Se fosse un pasticcino: sarebbe un bignè alla crema.
Se fosse una città: sarebbe Parigi di notte.
Se fosse un sentimento: sarebbe la bontà.
Se fosse un profumo: sarebbe quello dello zucchero a velo appena preparato.
Se fosse un insetto: sarebbe una farfalla.
Se fosse un personaggio di fantasia: sarebbe la regina Clarion.
Se fosse uno strumento musicale: sarebbe un violino.
Se fosse un gesto: sarebbe una carezza.
Se fosse una condizione sociale: sarebbe la pace.
Se fosse una canzone: sarebbe raggio di sole di F. De Gregori.
Se fosse una situazione ideale: sarebbe una giornata di relax in una spa
Se fosse una ricorrenza: sarebbe Natale.
Se fosse un elemento della natura: sarebbe una nuvola.
Se fosse un dolce: sarebbe una torta molto golosa.
Se fosse un conforto: sarebbe un abbraccio.
Se fosse un centro commerciale: sarebbe l'ikea.
Se fosse una band: sarebbe Green Day.
Se fosse un esercizio pubblico: sarebbe un ristorante.
Se fosse un'idea: sarebbe quella ottima.
Se fosse un personaggio storico: sarebbe Maria Antonietta d'Asburgo.
Se fosse un gioiello: sarebbe un diamante.
Se fosse una concetto: sarebbe la perfezione
Se fosse una moglie: sarebbe la mia.

Cara Raffa nazionale questa volta sono andato a botta sicura, la risposta la sapevo eccome!

venerdì 20 dicembre 2013

L'ODIO MIGLIORE

Lo so che ogni volta che scrivo qualcosa sul mio blog, spesso si tratta di critiche rivolte a qualcuno, me ne rendo conto, sono consapevole di questo. Mi lamento sempre, disapprovo sia le scelte, che i gusti di quelli che vado appunto a criticare. Però non lo faccio apposta, mi viene naturale. Ho capito anche il motivo per cui mi suscita dentro questo sentimento di, non propriamente rabbia, direi piuttosto di fastidio. La spiegazione che mi sono dato è una sola: ODIO LA GENTE. Mi indispettisce vedere le persone che compiono atti senza senso, che si esprimono in maniera sgarbata, che si arrogano il diritto di imporsi su i più deboli, questo davvero non lo tollero. La spataffiata che ho appena scritto, a dire il vero non mi è venuta di getto, facendo dell'autoanalisi su ciò che riporto su queste pagine virtuali. Ho aspettato di venire a lavoro questa notte per potermi sfogare per bene. L'oggetto del mio odio ha una forma umana, il sesso è quello di donna. Ha un nome che francamente ignoro, ha anche un figlio che guarda caso è in classe con il mio e sfiga ha voluto che fossero pure compagni di armadietto. La mamma di questo bambino, non la sopporto, la detesto, la odio profondamente. Non così a pelle ci sono delle motivazioni, a mio avviso più che valide. Questa persona è insopportabilmente snob, classista, razzista quanto basta per essere reclutata tra le fila di forza nuova o robe similari. Prepotente, maleducata, isterica, saccente, manesca, scontrosa, antipatica, egocentrica, nevrotica ed è così piena di sé, che le rarissime volte che le ho rivolto la parola, per educazione ovviamente, mi ha risposto con una tale sufficienza da farmi pensare di essersi scomodata a ricambiare, solo per farmi un favore. All'ultima riunione di classe ha detto delle cose agghiaccianti, riguardo i compagni di classe dei nostri figli e le loro madri, non sono state risparmiate neppure le maestre in questo svisceramento d'inutilità, che mi ha fatto rabbrividire, non solo me, ma anche il resto dei genitori presenti. Com'è possibile che una persona, che all'apparenza non mi ha fatto nulla, mi dia così tanto fastidio? Io cerco in qualche modo di essere sempre cordiale e di non far trasparire il sentimento di repulsione che mi fomenta ogni giorno in cui ho la sfortuna di vederla, e ci riesco perfettamente perché sono una persona pacifica, ma il momento esatto in cui le nostre strade si dividono, ribollo di un fastidio mai provato finora. Dato che probabilmente dovrò sopportarla per tutta la carriera scolastica di mio figlio, o le conficco una mannaia in testa a mo' di zombie, oppure cosa più probabile, mi farò venire l'ulcera per trattenermi dal stringerle le mani al collo e farle saltare gli occhi dalle orbite. Forse sto un po' esagerando, come volevasi dimostrate questo è l'odio migliore.
"Lo meritava davvero è tutto ciò che so, mi torturava non mento non puoi dirmi di no." Marlene Kuntz.

sabato 14 dicembre 2013

STRISCE A X SULLE PISTE CICLABILI

Noi ciclisti urbani siamo bistrattati da tutti quelli che usufruiscono delle strade per muoversi, cioè da ogni essere vivente. Lo posso affermare con tutta la convinzione che ho in corpo. Potrei provarlo anche al più scettico personaggio che dubita di una tale verità, anche se basta fare un giro in bicicletta per accorgersi che è assolutamente vero ciò che affermo. Le strade urbane non hanno proprietà singola, nessuno può dire questa striscia di asfalto è mia quindi gira alla larga, per fortuna. Sono di tutti e fanno parte della collettività sui quali chiunque può contare e ovviamente, adoperare. Però quando si è in strada, ci si comporta come se davvero il suolo che si percorre fosse il proprio, e per questo sentirsi in diritto di poter andare nella maniera che si crede più opportuna, erroneamente ovvio. Ogni veicolo è destinato ad un percorso obbligato. Le auto private e tutti i mezzi a quattro ruote nonché le moto, viaggiano sulla strada comune. Gli autobus, i taxi, le filovie hanno le corsie preferenziali, i tram le rotaie, quando sono presenti le piste e corsie ciclabili, giustamente alle biciclette, poi i marciapiedi ai pedoni. Questa è la prassi. Quando però c'è un elemento che viene meno, come spesso accade per le pista ciclabile, noi ciclisti ci dobbiamo adattare per non rimanerci stecchiti. Quindi quando costeggiamo le strade normali, gli automobilisti, gli autisti i camionisti e i motociclisti, ci sfrecciano accanto come smacco per aver invaso la loro corsia. Allora si sale sul marciapiede cercando di arrivare sani e salvi a destinazione e lì, tutti i pedoni ci insultano perché saliamo sul posto destinato a chi cammina senza veicoli. Per assurdo diamo fastidio anche ai cani quando occupiamo i pali ai quali leghiamo le bici, non permettendo loro di espletare i liquidi bisogni. Ora arriva il bello. Non in tutte le zone ci sono le piste ciclabili, né tanto meno le corsie a bordo strada, ma quando queste esistono, per un piano regolatore lungimirante, tutti si sentono in diritto di occuparla. Chi se ne frega se a viaggiare ci sono persone chi si muovono con la fatica e con il sudore della fronte, per ovviare al problema dell'inquinamento atmosferico e acustico. Gente che non occupa spazio inutilmente lasciando grossi pezzi di metallo e gomma, parcheggiate in strada. Donne e uomini che non uccidono nessuno sulle strade, al contrario ci lasciano troppo spesso la buccia, per rendere questo mondo migliore. Allora quando qualcuno occupa la corsia o pista ciclabile cosa bisognerebbe fare? Una bella scarica di kalashnikov e si riparte suonando allegramente il campanello sul manubrio, drin drin.

mercoledì 11 dicembre 2013

F COME FLEMMA

Mi capita ogni tanto di venire a contatto con persone dalla verve di carta velina. Costoro sono individui poco incisivi, che esprimono la loro opinione con una tonalità di voce da oltretomba, con uno sguardo supplichevole tipo lacrima pronta per partire, e che spesso dicono cose decisamente noiose. Non è che dicano sempre cose prive di interesse, ma il modo in cui lo esprimono fa risultare tutto come se fosse la cosa più tediosa e soporifera mai sentita prima. La loro lentezza nell'esprimersi si riflette anche nei movimenti. Si aggirano con fare da lumache ferite con un quintale di pietre sul guscio, dei veri capolavori di calma e pacatezza. Il capostipite della categoria qui sopra menzionata, penso di averlo avvisato tempo fa. Costui faceva un lavoro per cui la velocità era un elemento basilare sul quale poggiare la sua attività, ovvero il cassiere del supermercato. Da premettere che quest'uomo aveva un'età pensionabile sorpassata da 20 anni, e che i colleghi burloni gli avessero negato di andarci per un cinico scherzetto nei suoi confronti. Essendo lui lento come la morte, ha capito solo dopo 20 anni che ci sarebbe dovuto andare. Comunque lo scenario era questo, sabato pomeriggio al supermercato pieno come un uovo e l'unica cassa aperta era di questa cariatide che impiegava almeno un quarto d'ora per battere ogni prodotto. Io avevo il carrello pieno e prima di me anche tutta la clientela del mondo. L'attesa è stata così lunga e snervante che ho dovuto prenderla sul ridere alla fine. Arrivati stremati all'ultimo prodotto ( nel frattempo ho visto le mele maturare sui bancali della frutta, gli uccelli migrare nei paesi caldi e sentito il cambio delle stagioni sulla mia pelle), mi disse l'importo della spesa con la stessa lentezza della battitura. Per prendere i soldi e metterli nella cassa uguale, forse anche peggio, dato che doveva separare le banconote dalle monete per poi riporle singolarmente nell'apposito vano contenitore, una vera tortura. Lui ha dato vita ad una categoria di persone mezze vive e mezze morte tipo zombie, che vagano sulla terra in cerca di annoiare chiunque gli capiti a tiro. Bisogna starne alla larga, anche la sola stretta di mano può attecchire la voglia di vivere, perché la noia è appiccicosa.

lunedì 9 dicembre 2013

LA DANNATA BENEDIZIONE

Si sa che sotto le feste natalizie arrivano dei personaggi come preti o sottoposti a fare quella che loro chiamano la benedizione della casa. Anni fa quando abitavo con i miei, che non erano della mia stessa idea sulla religione, facevano entrare puntualmente il prete con l'acqua santa e un altro strumento utile a spargere  il liquido miracoloso dentro le mura domestiche, per ricevere questa dannata benedizione. Una volta mi sono preso letteralmente un gavettone santificato dal prete che aveva la stessa età del crocefisso sul monte Golgota, più orbo che altro sotto il nome del suo dio. Va bhè aggiungo anche questo smacco oltre a tutto quello che hanno fatto di male in passato. Ho abbozzato in silenzio, mentre i miei davano l'offerta alla Chiesa. Da quando però sono io ad aprire la porta, rifiuto la benedizione comunicando a chi mi si para davanti, che nella mia casa non si professa alcuna religione in quanto atei convinti. L'altra sera come tradizione vuole, sono passate due donne della parrocchia per dare non so che cosa in verità, in quanto non ministri del Rota, ma per ricevere altro di ben noto e possibilmente sonante come il denaro. Ho detto:
"Mi spiace ma siamo atei."
Mi hanno guardato senza capire cosa avessi detto loro, avendola esposta poi, in tutta la mia franchezza . Gli occhi sbarrati delle donne alla parola "ATEO" mi hanno fatto intuire che non avessero ben inteso cosa volessi esprimere. Penso da come mi hanno guardato, che in vita loro non abbiano mai concepito un'altra possibile idea sull'argomento, se poi a dirla è stato un uomo bianco con figli a seguito, credo lo trovino inaccettabile. Appunto i figli, mentre ero con la porta aperta davanti alle due donne, i miei bimbi giocavano alle mie spalle allegramente, improvvisamente è partita una risata che alle orecchie delle due perpetue, deve essere risultata come un ghigno satanico. Devono avere creduto di essere davanti alla porta della famiglia ANTICRISTO. Si sono congedate in tutta fretta dicendomi:
"Comunque tanti auguri di buon natale." Porgendomi la mano entrambe.
Ho detto che sono ateo quindi gli auguri non mi interessano, però essendo una persona educata ho ringraziato, porgendo a mia volta la mano. Peccato che un attimo prima stavo preparando la cena per i miei figli e avevo per giunte dei residui di prosciutto sulle dita. Ma pensa se fosse venuto un Immam al posto delle due donne, a quest'ora sarei saltato in aria, ateo e con il prosciutto, non si fa.

sabato 7 dicembre 2013

SANGRE DINERO Y AMOR

Guardo fuori dalla finestra in cerca di lei, spero di avvistarla dall'alto di questo squallido edificio nei sobborghi di Città del Messico. Le luci al neon entrano prepotenti dentro la vetrata sudicia, colorando ad intermittenza le pareti della stanza, con quelle dannate tonalità elettriche delle insegne pubblicitarie. Nessuno ha voglia di comprare una Hawaian Sun alla ciliegia alle tre meno venti del mattino, almeno io di sicuro no. Meglio una tequila liscia che mi distrugga il fegato. Ecco le ultime due dita in fondo alla bottiglia, c'è più sangue in casa che alcol. Lo sapeva perfettamente che mi avrebbe trovato armato, è stato un pazzo, un folle un avventato idiota. Devo mettere in conto anche questo imbecille, alla lunga lista di morti ammazzati con la mia Ruger Redhawk. Da quando ho messo piede in questa città, non faccio altro che sparare per salvarmi la vita e toglierla a qualcun altro. Finora mi è andata bene, ma non so per quanto la sorte mi assisterà. Tutto questo per lei. L'ho amata, l'ho seguita e ora uccido per lei, per salvarla dalla situazione assurda in cui si è cacciata. Meglio dire dove è finita a causa mia, Mai avrei pensato di trovarmi in questa condizione di fuggiasco dall'altra parte del mondo, a dover uccidere chiunque mi si pari davanti. Costretto a dormire sempre con un occhio aperto dentro a qualche bettola da quattro soldi, troppo spesso piena di topi e scarafaggi. Ingozzarmi di schifezze piccanti e mangiarle di fretta come se fosse sempre il mio ultimo pasto. Soffro d'insonnia e di ulcera, bevo per star sveglio e per dormire, non ne posso più, questa non è vita. Prima era tutto diverso vivevo nel lusso più sfrenato, bolidi da corsa sotto il culo, appoggiato in hotel a 5 stelle e rifocillato solo in ristoranti di prima qualità era tutta un'altra storia, con lei la vita era meravigliosa. Solo rapine mirate nei punti giusti, nessun spargimento di sangue mai sparato un colpo, nemmeno un ferito. Preciso e chirurgico, tempo massimo 16 minuti, il necessario per uscire indenni e ricchi sfondati. Poi è andata male, ho cercato di fare di più e ho pestato i piedi a chi non avrei dovuto. Per punirmi hanno preso lei.
Sento dei passi, c'è qualcuno alla porta, meglio mettersi in guardia.
"Giò, sono io apri!"
Non ci credo è lei. Ma come ha fatto a trovarmi?
"Sei sola?"
"Si certo apri."
"Non ci credo, che sei qui."
"Non è stato facile, nulla è stato facile."
"Immagino. Ora però è tempo di andare, di tornare a casa."
"Sicuro. Prima però devo fare una cosa."
"Ho capito, spara pure."
"Senza rancore, è stato bello una volta."
Bang.

mercoledì 4 dicembre 2013

SANTA CLAUSola

Bisogna scendere a patti con le feste, soprattutto se si lavora in un posto aperto 24/24. E' chiaro che i datori di lavoro sotto il periodo natalizio si sentono più buoni, si fanno travolgere dall'atmosfera, hanno un occhio di riguardo per chi ha una famiglia, però non diventano dei santi. Per dare la possibilità a tutti di festeggiare con i propri cari, si alternano le feste importanti come Natale e Capodanno, giustamente aggiungerei. In un modo molto democratico come l'alternanza, alla fine tutti riescono a fare un brindisi con la propria famiglia, amici e parenti. Però non è detto che chi ne lavori una, non possa lavorare anche all'altra, come il sottoscritto appunto. Poi invece ci sono dei privilegiati alla stregua dei senatori a vita, che magicamente riescono a fare perfino la settimana di ferie. Quest'anno in verità ho anche provato timidamente a chiedere la settimana fatidica, ma mi è venuto quasi da ridere nel proporlo, già sapevo che sarebbe stata una richiesta decisamente azzardata, ho lasciato perdere. Ragion per cui, come regalo lavoro il 25, il 31 fino a mezzanotte e il 1 fino a mezzanotte, forse mi sarei dovuto esporre un pelino di più, anche se in fin dei conti, sono dei giorni come gli altri, per lo meno vengono pagati meglio. Sarebbe bello andare sulle piste da sci per una settimana bianca, come nei film di Vanzina, robe da yuppies anni 80, borghesia all'ennesima potenza. Non che vorrei essere così, però ogni tanto farebbe piacere staccare alla grande e godersi un po' la vita, ovvio servono i mezzi ma anche il tempo per farlo. Se sono sempre a lavoro e non ho il tempo di cogliere i frutti del mio operato, proprio perché sono sempre a seminare, va da sé che qualcosa stride. Come dire: "Va bene le ferie, però le decidiamo noi quando puoi farle." Allora grazie tante.
C'è anche da dire che lavorando, la processione di parenti e amici fortunatamente viene a mancare. Si riescono a saltare tutti quegli obblighi morali e impegni imposti dalla tradizione, che le feste di questo tipo comportano. Ok lavorare non è una motivazione molto divertente da dare a chi si aspetta un visita nelle festività, forse dire che si sta passando la settimana bianca con C.De Sica, sulle piste di Cortina con gli occhiali da sole a specchio della Police sugli occhi e una felpa della Americanino legata al collo, lo sarebbe decisamente di più. Però quando si firma un contratto di lavoro, si accettano sopratutto le condizioni imposte dall'azienda, le postille a fondo pagina e le sante clausole, che implicano una dedizione unilaterale a chi dà l'opportunità di lavorare. Come magra consolazione mi vedrò un bel film targato "VACANZE DI NATALE" L'ho detto sul serio? Mi sa che lavoro troppo.

sabato 30 novembre 2013

SOTTO IL SEGNO DEL KOALA

Se l'ozio è il padre dei vizi, io sono suo figlio legittimo. Ci sono momenti in cui anche solo il pensiero di fare qualcosa come respirare, mi tramuta in una specie di macigno granitico ed irremovibile attaccato alla parete rocciosa della catena montuosa degli Urali. Quelli sono giorni in cui mi fossilizzerei su qualsiasi superficie pur di alzarmi e compiere l'azione, che altro non è che uno sbattimento, anziché mettermi in moto, armarmi di pazienza e buona volontà e fare ciò che dovrei fare. Il fatto che a volte la pigrizia mi avvolge come una coperta in lana merinos, talmente pesante da impedirmi di agire. Non che ci stia male per questo anzi, sono ben contento di non fare nulla, almeno pensare di non fare nulla, cioè non mi sento in colpa per questo, anche perché è praticamente impossibile per me astenermi dal fare qualunque cosa. Avere una famiglia implica un impegno continuo su tutti i fronti, anche mantenere decente una casa richiede un dispiego di forze non indifferente, quindi non è materialmente fattibile che io possa escludermi come un elefante sulla via del tramonto. A dire la verità non fare assolutamente nulla mi annoia non poco. Stare con le mani in mano, guardare per aria e perdere tempo inutilmente, lo trovo uno spreco, e si sa quanto io ci tenga a questo elemento. Forse la cosa più corrette da dire, a pensarci bene sarebbe: detesto fare le commissioni. Nel corso delle settimane, vuoi per un motivo o per un altro, mi ritrovo a dover andare in luoghi affollati, caotici e spesso troppo caldi e puzzolenti, nei quali, a presentarsi puntualmente oltre a me, ci sono due milioni e mezzo di persone che mi precedono. I posti che non sopporto sono l'emblema della scocciatura per tutto l'emisfero terrestre e sono: l'immancabile posta, la banca, le asl (medico e affini) e i supermercati. E' chiaro che è impossibile non venire a contatto con questi luoghi, sono stati ideati per uccidere l'animo delle persone e tutte le attività che si svolgono al suo interno devono essere fatte per forza, non si scappa. Ma quanto sarebbe bello stare a casa e far fare ad un clone, un androide o anche solo ad un fantasma, ciò che non mi piace. Purtroppo non è stato ancora inventato un -SCANSA-SBATTIMENTI-PERSONALE- che all'occorrenza si possa usare per evitare di perdere metà della vita, rimanendo in piedi come pali della luce, ad aspettare accodati ad un'interminabile fila. Quanto invidio la vita del marsupiale australiano. Non fa altro che dormire tutto il giorno appeso ad un albero, mangia chili e chili di eucalipto senza compiere il minimo sforzo, apre gli occhi solo per guardarsi intorno e non rompe a nessuno. Nella mia prossima vita spero di reincarnarmi in quell'animaletto buffo con la faccia da tonto ma molto simpatico. Sono certo che non farei fatica ad apprendere le sue basilari ed oziose abitudini, a dire il vero forse le ho già apprese ancor prima che me ne rendessi conto.

martedì 26 novembre 2013

IL VECCHIO DALLA LUNGA BARBA BIANCA.

Credo fortemente di essere ossessionato dal tempo, sia quello di tutti i giorni che si tiene d'occhio con l'orologio, sia quello futuro più proiettato lungo l'asse indecifrabile del corso della vita. Per quello che riguarda il primo caso, sono schiavo delle lancette. Appena apro gli occhi la mattina, è per me una corsa contro il tempo, sembro il Bianconiglio di Alice nel paese delle meraviglie. Ho l'ansia di arrivare in ritardo agli appuntamenti fissi, come le scuole dei figli, le prove in studio del giovedì e l'immancabile lavoro quotidiano. Per ovviare al problema di arrivare tardi, mi tengo largo sulla tempistica nello svolgimento della data azione in corso, o in programma, e mi muovo decisamente in anticipo, il tutto fatto con molta fretta. Questo modo di fare mi è stato imposto fin da piccolo da i miei genitori. Per loro, ogni volta che avevamo in programma di recarci da qualche parte, bisognava uscire prima, per evitare qualsiasi incognita. Durante la preparazione poi, era tutto un muoversi rapido con il continuo incitamento a fare più veloce. Ahimé lo stesso sentimento di ansia lo sto riproponendo nella mia famiglia, eppure non lo faccio di proposito, purtroppo mi viene naturale.
Il tempo in senso metafisico, quello incalcolabile, quello incognito, il futuro per intenderci, mi trascina in un baratro profondo di pensieri. Penso spesso a come sarò da più vecchio, come saranno i miei figli, se mi daranno motivo di preoccupazione continua, se saranno soddisfatti della loro vita. Penso anche a come saranno i rapporti con mia moglie, se saremo sempre felici, se il lavoro prima o poi lo cambierò, se avrò mai successo in qualche modo. Ciò che mi attende che però non conosco, mi tiene sulla corda come un macigno gigantesco appeso ad una fune, in più questo peso lo aumento ogni giorno con l'attesa di scontrarmici. Come dire, sono tremendamente curioso di sapere come andrà la mia vita, ma anche angosciato di sapere l'esito definitivo. Tutto il giorno penso a questa cosa. Ogni momento rifletto, mi auguro, invento, faccio progetti, e proietto le mie paure e desideri su ciò che ancora dovrà verificarsi, lasciandomi chiaramente senza risposta. Sarà che dopo tutto, ci perda troppo tempo a pensare quello che nessuno può sapere? Non so, ormai è troppo tardi per tornare indietro.

mercoledì 20 novembre 2013

A QUALE ETA' SI DEVE SMETTERE DI FARE L'AMORE?

In questi giorni oltre al mio anniversario di matrimonio, ho sentito di altri che hanno festeggiato per lo stesso motivo, ma con anni ben diversi dal mio. Chi ne ha festeggiati 35, chi 25, altri addirittura 50, cioè c'è un sacco di gente che sta insieme da sempre, ed è qui che è partita la mia riflessione. Penso quasi tutti risponderebbero che non si dovrebbe smettere mai, o per lo meno, finché il fisico regge si può tirare avanti. Però quello che mi incuriosisce, non è tanto il fattore fisico dell'uomo/donna e la sua capacità riproduttiva, bensì è il fattore umano dei rapporti tra coniugi, che mi porta a riflettere. Consideriamo una coppia di persone normali, che rimane fedele alla sua metà da quando ha pronunciato positivamente alla domanda: "Vuoi tu"...ecc, quando si sono resi conto che era meglio terminare con le gioie del sesso? Chi per primo ha affisso il cartello "CHIUSO PER SEMPRE" sul proprio organo riproduttivo? Poi una volta stabilito che non c'è più trippa per gatti, a quale rimedio si ricorre per non perdere del tutto le altri funzioni dei genitali? Facendo una rapida statistica, credo personalmente, che siano per prime le donne a porre fine agli obblighi espletati durante tutta la vita con il marito. Perché si sa, le donne ad un certo punto, non sentono più la necessità fisica del rapporto sessuale, vuoi la menopuasa o perché sono più mature e profonde. Magari la continua richiesta da parte di un partner vetusto, ma ancora arzillo sul quel fronte, le facciano sorgere un naturale rifiuto fisiologico alla pratica in sé, è comprensibile. Ma l'elemento su quale posso dire con certezza che all'uomo la voglia non si affievolisce mai, si basa sulla visione di maschi attempati dentro le loro auto, che si accostano di notte lungo i marciapiedi della città. E' innegabile che da sempre il maschio, sia un avventore abituale di prostitute, soprattutto quando vede negare le possibilità di conquista di una donna col passare degli anni. Detto questo, la mia domanda resta irrisolta. Se vedo me stesso tra 30 anni ne avrò 62, un'età che al giorno d'oggi compete benissimo con i cinquantenni e forse anche meno, quindi ancora abile a svolgere le effusioni romantiche in totale armonia, mi auguro. Come dovrò gestire la voglia di carnalità? Se fra 30 anni mia moglie mi dirà, "Ok io il mio dovere l'ho fatto per tutto questo tempo, ora non ne ho più voglia, ma guai a te se guardi un'altra!" Cosa faccio in quel caso? Forse sto sviando, non volevo incappare in questa dinamica. Mi premeva fare una riflessione sulla continuazione dei rapporti tra due adulti, dopo una vita trascorsa insieme. Diventerà grigia come il colore dei capelli a cui saremo destinati portare sulla testa? O forse ci delizieranno altre cose, come la stretta di mano quando si passeggia, un bacio sulla guancia a mo' di saluto, l'accorgersi che nonostante tutto si sta ancora insieme dopo tanti anni? Immagino di si. Se poi alla fine, dopo aver preso coscienza che la via del tramonto si avvicina, ma abbiamo ancora in serbo delle cartucce da sparare, resta sempre il viagra.

martedì 19 novembre 2013

UN TRANQUILLO WEEK-END ETILICO

In occasione delle mie nozze di legno (i 5 anni per chi non lo sapesse) l'intera famigliola si è recata giù al solito mare, per festeggiare l'avvenimento. Nello specifico né io né mia moglie, abbiamo fatto nulla di estremamente romantico per poter ricordare il momento del nostro "SI", davanti al sindaco o vice che fosse, abbiamo preferito partire per il mare, così anche i bimbi si sarebbero divertiti con noi. Il viaggio di andata da Milano è stato abbastanza impegnativo. Prima di tutto, il traffico milanese ci ha rallentato di almeno due ore dalla destinazione. Poi la pioggia battente ci ha tenuto compagnia per tutto il viaggio, senza mai cessare un secondo. Arrivando sulle vette delle Alpi apuane, anche un bel banco di nebbia ha voluto presenziare con tutto il suo candore. Entrati finalmente a casa, ovviamente i caloriferi erano spenti. Ci è voluto un po' prima che si scaldasse e tutto funzionasse a pieno regime, ma dopo tutto ci siamo riscaldati con quel che avevamo, senza patire troppo il freddo. Così siamo arrivati all'indomani. Ci hanno svegliato dei luminosi e caldi raggi di sole, facendoci dimenticare della giornata precedente e riempiendoci l'animo di allegria e buon umore. Per rendere giustizia alle nostre fatiche, come potevamo non recarci sulla spiaggia e giocare con la sabbia, i sassi e legnetti? Infatti abbiamo passato lì la prima  mezz'ora della mattina. Ad unirsi a noi nei nostri giochi mattutini, sono stati i i cuginetti dei miei figli con gli zii al seguito, tutto come da copione. Saluti, giochi, risate, e finalmente l'aperitivo. Alle 11.30, minuto più minuto meno, il mio esofago ha accolto molto volentieri uno spritz fresco fresco, accompagnato dagli immancabili salatini. Alla domanda che è sorta inevitabile, "Dove andiamo a mangiare per pranzo?" Il mio sguardo si è rivolto verso l'orizzonte, puntando gli occhi sulla tavola blu del mare, sovrastato da un sole quasi primaverile, per prendere l'ispirazione e rispondere, "Non importa dove o casa mangeremo, quello che conta è bere." Mai parole vennero pronunciate con l'intento di essere soddisfatte a pieno. Abbiamo pranzato al ristorante brasiliano, tutto molto buono e stuzzicante. Ogni pietanza che ho ingurgitato con gran soddisfazione, l'ho annaffiata con due cocktail cachaca  per iniziare, da due bottiglie di vino durante il pranzo e da un grappa morbida e due cachaca lisce alla fine. L'allegra combriccola dopo il pranzo si è spostata a casa dei cuginetti, evitando di omettere anche solo un minuto di divertimento bambinesco, dai giochi effettuati insieme. Mio cognato ed io, appena giunti al bar di casa sua, ci siamo fermati per rinfrescarci la gola con un sbagliato. Saliti in casa chiacchierando del più e del meno, sono partite un paio di birre e una bottiglia di vino. L'ora della cena si avvicinava inesorabilmente, ma per riuscire a sfamare tutta la truppa, servivano alcune cose che in casa mancavano. Per cui l'infallibile duo, si è precipitato a comprare ciò che serviva a placare gli stomaci dei più piccoli. Prima però ci siamo fermati allo stesso bar, per abbeverarci di grappa. Siamo andati a comprare del vino dopo, e la pizza poi. A tavola con la cena servita, è evaporata un bottiglia di vino e altre due birre, senza che nemmeno me ne accorgessi. Intanto la serata era divenuta decisamente ridanciana, ma l'alcol ha fatto fatica a stopparsi. Da dopo la cena i ricordi si fanno offuscati e poco chiari. Mi ricordo di non aver mai steso le braccia, perché tenevo sempre in mano un bicchiere di qualcosa. Per fortuna i miei figli si sono fermati a dormire con le cugine, perché il rientro a casa nostra, è avvenuto per miracolo. Ho toccato il letto, svestito nemmeno so io come, sotto le coperte ho perso i sensi. La mattina seguente, tutto l'alcol etilico, batteva sulla mia testa goccia dopo goccia, come la tortura cinese. Era da tempo immemore che non mi sbronzavo sonoramente. Il fuoco nello stomaco, la testa in preda a vortici irrefrenabili ed il malore sparso per l'intero corpo, confermavano di aver soddisfatto la volontà di bere, come da annuncio effettuato il giorno prima in riva al mare. Il pranzo della domenica prima del ritorno a Milano, ho fatto il bravo. Visto che stavo per imbattermi in un lungo viaggio, avevo la necessità di restare più che lucido per non incorrere in sciagure stradali. Anche se il piccolo elfo, nano o chissà cosa, dell'etichetta della choufe, birra belga assai deliziosa, ha voluto a tutti i costi farmi visita con l'intera bottiglia. Per fortuna è andato tutto per il meglio senza guai. Il mio fisico ha retto a questo week-end alcolico, dimostrandomi che ancora per un po' di tempo, prima del decadimento fisico, posso bere duro. Ovvio che tutto deve essere compiuto con saggezza, non farei mai correre dei rischi a nessuno. Vale il detto "NON GUIDARE TROPPO CHE DEVI BERE." Così ho sempre fatto ed è così che continuerò a fare.

venerdì 15 novembre 2013

20 EUROS FOR LOVE

"Quando si dice: la combinazione basso e batteria suona alla grande. Come sempre accade, nelle retrovie di una band la sezione ritmica si coordina sul groove, si ragiona sui tempi, forma frammento su frammento l'ossatura di una canzone. Quando la sintonia tra i due strumenti è così alta da fare a meno degli altri componenti, allora è qui che emergono i 20 euros for love. Ancora meno di un power trio, un minimal duo asciutto e accattivante. L'innovazione dei pezzi fuoriusciti, solo dal basso e dalla batteria è disarmante. Loro partono dalla semplicità nuda e cruda di solo ritmo, per poi armonizzare il suono con piccoli virtuosismi, accenni, lontani echi armonici. Nulla di scontato, o brani vuoti per la mancanza di strumenti primeggianti, come chitarre, pianoforti né tanto meno da voci corali. Quello che si ascolta è la base diventata canzone, differenziata da tutte le varie forme di ritmo, includendo ogni genere possibile, che spazia dal post-punk, prog e stoner aggiungendoci un pizzico di punk rock. I 20 euros sono indecifrabili per un genere solo, loro li abbracciano molti in soli 3 minuti di esecuzione. L'eclettismo sul quale si giostrano tra le note, rende orecchiabile tutto ciò che era difficile da credere possibile e suonabile con soli due strumenti. G.P. e D.V. sono i membri del duo che mancava nel panorama sonoro italiano, la novità essenziale in un mondo fatto di suoni sempre più elettronici e sofisticati, ma poco istintivi. Il ritmo è stata la prima forma di musica degli esseri umani e qui siamo portati a credere che l'inizio ancestrale dell'umanità, abbia ripreso a chiamare sotto una nuova identità. Cerca di fare luce su ciò che è stato sorpassato dall'evoluzione musicale tralasciando, a torto, il cuore pulsante della sinfonia stessa. La storia personale da cui provengono i due membri del mini gruppo è dissociata l'uno dall'altra. Ognuno di loro ha un vissuto diverso alle spalle, con esperienze opposte seppur abbia per sottofondo un minimo comun denominatore ad unire i gusti musicali. Radici magari comuni, ma sviluppate in corsi di vita paralleli che hanno dato l'occasione di maturare quello che eseguono con i rispettivi strumenti. Riportano fedelmente i propri gusti e li uniscono tra loro. Questo è il suono dei 20 euros for love, la mistura di semplicità, innovazione e gusto raffinato di riprodurre ciò che loro amano fare. E' impossibile non venire rapiti dall'atmosfera che sanno riprodurre solo ritmicamente, ma a loro dire, non hanno bisogno di nulla di più. Sarà questa la nuova era di un genere non ancora inventato? O sarà la rinascita di un passato nascosto, che nel presente è pronto ad accogliere la prima nota come il primo pasto della vita, che condurrà l'ascoltatore in un futuro fatto solo di certezze? Lo scopriremo solo vivendo."
Sarebbe bello leggere un giorno, su Rolling Stone (ne dico uno a caso), la recensione del progetto che porto avanti con l'amico e collega G.P..Com'è bello sognar...

martedì 12 novembre 2013

OMAE WA MO SHINDEIRU

Come tutti quelli nati all'inizio degli anni '80, buona parte dell'infanzia l'ho trascorsa davanti la TV a guardare anime giapponesi. Forse sarà anche un po' triste e riduttivo, ma quando mandavano in onda i miei cartoni preferiti ero al settimo cielo. Credo di averli visti quasi tutti, da Carletto il principe dei mostri a Capitan Harlock, passando per Ransie la strega, Doraemon, Holly&Bengi, Devilman, Yattaman, Muteking, fino L'Uomo Tigre e tutti i vari Robot nessuno escluso. I cartoni di quei tempi erano molto differenti da quelli di oggi, avevano delle tematiche non proprio adatte ai bambini, vuoi per l'alta violenza o per uno sentimentalismo velato da una nota maliziosa, difficile da interpretare per un bambino. Eppure i palinsesti nazionali, non si curavano affatto dei danni che potevano procurare alle menti innocenti dei piccoli spettatori, i genitori tanto meno e quindi perché farcene noi? Ora io da genitore quale sono, supervisiono ogni fotogramma che andranno a vedere i miei figli (dato che però ho tolto la TV in casa mi sono sollevato da questo enorme onere dal principio.) Tra tutti i cartoni che ho visto durante l'infanzia e adolescenza, il mio preferito in assoluto è stato Ken il Guerriero. Ho fatto letteralmente una malattia per questo anime. Ogni sera mi precipitavo con il mio piatto della cena davanti la TV e mangiavo guardando le gesta del mio super eroe dai pugni esplosivi. Ero talmente invasato da questo cartone, che quando giocavo con i miei personaggi, riproducevo la stessa trama delle puntate con i miei giocattoli. Al personaggino che usavo come Ken, gli avevo fatto le sette stelle sul petto, bucandolo con l'ago rovente, per renderlo più verosimile possibile a lui. Segnavo sul mio diario tutti i nomi dei personaggi principali nonché comparse visti in tutti gli episodi. Ogni volta che mi trovavo di sera a guardare il cielo stellato, cercavo il grande carro dell'orsa maggiore in veglia su di me proprio come Kenshiro. Ho comprato anche tutti i numeri dei manga relativi alle due serie apparse in TV cercando le differenze e le scene tagliate e il vero finale. Ero così fortemente preso da questo cartone che mio fratello mi chiamava Hokuten. Mai nessun altro anime mi rapì come questo, ho rivisto le serie complete ogni qualvolta venivano trasmesse da emittenti semi-anonime o completamente sconosciute. Ho anche comprato diversi dvd da adulto, per avere sempre a portata di mano il supporto sul quale poter riversare i miei ricordi e anche l'attenzione alle sfumature del cartone, che potrei non aver recepito da piccolo. Insomma una passione che non smette mai di attrarmi con la forza delle sette stelle di Hokuto. Quando andai i Giappone, gioivo di nascosto dagli occhi della mia ex nipponica, quando mi imbattevo in qualcosa inerente al grande Ken.
Adesso, con il cervello di una persona matura, è chiaro che non lo farei vedere mai ai miei figli, potrebbero rimanerne shockati. Ma appena saranno grandi abbastanza per poterlo comprendere per quello che è, cioè un cartone animato creato da due persone con una fervida immaginazione (Testuo Hara e Buronson per la cronaca), senza nulla a che vedere con la realtà, non vedo l'ora di rivederlo insieme. Se poi apprenderanno l'arte segreta della tecnica di kempo della sacra scuola di Hokuto, posso ritenermi OMAE WO SHINDEIRU, cioè già morto.

sabato 9 novembre 2013

BASTA UN POCO DI ZUCCHERO E IL PESO VA SU

Ad aprile scorso, stufo di essere in sovrappeso, ho cominciato una dieta abbastanza impegnativa. Di per sé la cosa non mi ha spaventato molto perché ero decisamente motivato e convinto di poterci riuscire. Anche il terrore di rimanere a pane e acqua, è stato superato da una dieta ben equilibrata stilata da un dietologo competente. Infatti dopo 4 mesi ho perso 10 kg senza nemmeno accorgermene. Eppure la cosa non è passata inosservata a chi mi stava vicino, anzi hanno continuato a ripetermi quanto fossi dimagrito, ed è chiaro che pur essendomi sgonfiato di peso, mi sono gonfiato di orgoglio. Per rassodare il corpo in fase di calo di peso mi sono iscritto alla Virgin, come scritto qualche post fa. Ok ora comincia il bello. La dieta ha funzionato bene proprio perché mi sono attenuto scrupolosamente a tutti quei cibi che è meglio evitare per non cadere nella trappola dell'obesità, il problema sta nel mantenere costante l'educazione culinaria. Ringalluzzito dalla mia shiloutte nuova di pacca, spesso cedo a qualche peccato di gola, come birra, vino e dolci, le tre grazie della tavola, pensando che non possa scalfire in nessun modo il mio peso raggiunto. A dire la verità per arrivare al mio peso forma dovrei perderne altri 6 kg, ma come ho appena scritto sta diventando piuttosto difficile mantenere fede ai buoni propositi. Lo credo impossibile restare costante nell'osservazione precisa della dieta per tutto il tempo che serve (tutta la vita a questo punto) a farmi rientrare nel peso forma di quando ero adolescente, potrei fermarmi qui, ma il mio dietologo non è dello stesso parere. Quindi quando arrivo al giorno del controllo mi metto a stecchetto, giusto per dare l'idea di seguire ancora le bibliche tavole della dieta, sperando che gli sforzi dell'ultim'ora servano a qualcosa. A volte penso, com'era bello mangiare senza cura della propria salute, tipo alla Homer Simpson. Invece ci dobbiamo attenere ad un cibo salutare, senza eccedere mai troppo nel gusto e nel vizio. Fare sport fino a diventare un professionista, tenere lontano la gente che mangia, per evitare di ingrassare anche solo con lo sguardo. Per farla breve la dieta è una bella rogna, ma se belli si vuole apparire un po' bisogna soffrire.
"Capo, me fai un panino? Mettici dentro il prosciutto, la lonza quello che te pare basta che te sbrighi..."
  - C.Verdone in Grand Hotel Excelsior -

mercoledì 6 novembre 2013

LA MOKA NON E' AMICA DELL'AMACA.

Il caffè è una bevanda che fino a poco tempo fa non suscitava alcun interesse in me, ora non ne posso fare a meno. Sarà perché per due notti a settimana sono a lavoro in veglia completa. Forse proprio per il sonno ridotto, quando apro gli occhi necessito di caffeina per riprendere le nozioni basilari su come sono arrivato sulla Terra. Magari le mie origini partenopee si fanno sentire con 'na tazzulell'e cafè, più di quanto non credessi possibile, fatto sta che di caffeina ne introduco parecchia e la cosa mi sconcerta alquanto. Non sono un intenditore, nel senso che non riesco a riconoscere le miscele di robusta o arabica di una determinata marca, anzi per me sono tutti uguali alla fine. Però riesco a capire quando è buono e quando è una ciofeca. La macchinetta dove lavoro io, inutile dirlo, eroga una specie di acqua putrida color marrone vagamente somigliante ad un succo di chicco di caffè, imbevibile ma necessario. La moka di casa mia, invece produce una bevanda degna del nome di cui è atta ed eseguire la sua funzione, ovvero il caffè è buono. L'unico problema è che una moka da quattro tazzine e per non sprecare il suo contenuto, ne bevo da solo almeno i 2/3. Decisamente troppi. C'è da dire una cosa, io non sono uno di quei tipi che disdegna il caffè all'americana, anzi in verità lo preferisco. Appena sveglio, se non bevo la mia tazza mattutina di quello solubile, non ho la forza di aprire le palpebre e il mio cervello si aziona intorno alle due del pomeriggio. Poi mi piace anche mangiare cibi salati sorseggiando un bel litro di americano, fa come dire molto...americano appunto, dà una certa soddisfazione perché non si finisce in due sorsi, come l'espresso nostrano. Rende il momento del caffè come una pausa prolungata di relax e tranquillità. E' piacevole, duraturo e non ci si cuoce la lingua buttandolo come piombo fuso giù per la gola. Comunque dopo tanto parlare, mi è venuta voglia di bere un caffè, e se non lo prendo divento pure nervoso, dannazione!

martedì 5 novembre 2013

IL MIO IPOD E' UN FAN DEI PINK FLOYD

Diversi anni fa, quando ancora non c'erano i tablet o gli smarphone, il massimo dell'avanguardia dei dispositivi tecnologici, lo si riscontrava comprando un ipod. Ad essere onesto è stato l'unico device che veramente volevo e per l'appunto lo comprai. Il primo utilizzo è stato un po' ritardato rispetto al momento dell'acquisto, cioè che le vere possibilità dello strumento, le ho scoperte solo quando ho scaricato itunes e tutte le canzoni sui vari siti peer to peer. Quando poi, ho trovato il motore giusto per scaricare la musica che mi interessava, ho davvero tirato giù il mondo. C'è da dire che ho scaricato anche tutti gli album che avevo già comprato in formato cd, quindi mi sono messo a posto anche con la coscienza. Detto questo, tra i tanti artisti e band che ho all'interno dell'ipod, ho anche infilato purtroppo tutta la discografia dei Pink Floyd. Un momento, io riconosco perfettamente tutta la loro grandezza, il genio creativo e le doti di immensi musicisti, però non li reggo. Ho voluto fare l'intellettuale musicale e perciò ho avuto la brillante idea di scaricare tutto quello che hanno prodotto durante la loro carriera. Nulla di più sbagliato. Io personalmente conoscevo solo le più famose (cioè le più belle) e mi sarei dovuto limitare a quelle. Invece no, ho voluto fare l'intenditore, il musicologo, per poter così riconoscere alla prima nota la band inglese e alla fine è esattamente così che avviene, solo che nel momento in cui riconosco una loro canzone, passo avanti. Onestamente, credo di avere anche i rutti che hanno registrato per sbaglio, quando nemmeno volevano produrre qualcosa di grandioso, ed è qui che entra in gioco il mio ipod. Ogni due o tre canzoni di altri artisti, mi rifila sempre qualcosa dei Pink Floyd, credetemi non ne posso più. Il fatto è che sono un gruppo impegnativo a livello sonoro, troppo psichedelico, molto malato, richiede un tipo di attenzione che non ho voglia di metterci quando ascolto la musica. Lo si apprezza secondo me, sotto effetti di stupefacenti pesanti, non da sobri. Eppure quel dannato apparecchietto proveniente da Cupertino, mi fa i dispetti. Devo supporre che sia un vero fan della band, sapendo che è stato progettato nella zona più freakettona degli Stati Uniti, è più che giustificabile, ma io no! Potrei toglierli dalla playlist, ma devo farlo con il mio vecchio pc, se non voglio perdere le mie 12416 canzoni, che ancora sono riuscito ad ascoltarle tutte, proprio perché il mio ipod vuole ascoltare solo i Pink Floyd!


domenica 3 novembre 2013

QUANDO LA SFIGA SI AGGIRA SU DUE RUOTE -4

Ieri fine del turno di lavoro, ore mezzanotte e dintorni scendo dall'ufficio per prendere la bici. Appena fuori mi accorgo che piove. Da come era partita la giornata, non mi aspettavo piovesse, ragion per cui non avevo portato niente per ripararmi. Inevitabilmente mi bagno. Con la mia sciagurata bici, cerco di andare veloce per non arrivare tardi e soprattutto infradiciato dalla testa ai piedi come spesso capita purtroppo. Arrivo sulla cima del ponte della Ghisolfa, con le auto che sfrecciano perché è sabato sera e dunque si corre per forza. Le lenti puntellate dalla pioggia non mi permettono di vedere l'unico mucchio di vetri rotti lasciato non curante sul ciglio della strada, ovviamente buco la ruota posteriore. Il sibilo e le bollicine che fuoriescono dal foro non lasciano nessuna speranza, dopo quattro secondi esatti, ho la ruota a terra. Impreco in tutte le lingue, cerco di pedalare comunque, ma è una sfida impari, ad ogni metro che percorro ho il terrore che la bici si sgretoli sotto di me. Scendo e la spingo per qualche chilometro. Esausto di portare la bici sotto braccio, pedalo lo stesso, smadonnando tutti i santi e per ripicca, questi, mi fanno mordere la lingua. Sento il saporaccio del sangue in bocca che sputo su ogni centimetro di strada, come pollicino durante il tragitto, segno il mio doloroso percorso con il male sulla lingua ed il sangue sull'asfalto. La domanda penso a questo punto sorga spontanea. Ma perché mi ostino a prendere la bici per andare in giro? La risposta è semplice. Con la sfiga sempre in agguato su i miei spostamenti, se con la stessa efficacia si accanisse anche con l'auto sarei finito. Meglio limitare i danni, tutt'al più buco le ruote. (Anche se poi sputo sangue per far ritorno a casa.)

venerdì 1 novembre 2013

VIR-GYM

Lo devo ammettere, mi piace essere considerato uno sportivo, anche perché di fatto lo sono. Da piccolo ho seguito il classico corso di nuoto per diversi anni. Crescendo ho fatto poi un po' di rugby, boxe, body building e posso essere orgoglioso di dire che ho quasi abbandonato l'auto per la bicicletta. Per dare continuità ai miei sforzi fisici, da non molto, mi sono iscritto alla Virgin. La palestra è molto grande, fornita delle apparecchiature più all'avanguardia, nell'ambito della tecnologia sportiva. Sono presenti diverse sale per tutte quelle attività aerobiche che necessitano di molto spazio per svolgerle in modo corretto. C'è anche la piscina olimpionica, dove oltre al nuoto libero, si fanno corsi inerenti all'acqua e per finire la super spa (un piccolo lusso per noi soci). Non sto facendo la promozione alla palestra, anche perché di magagne ne hanno alle spalle, quello che mi diverte sono i frequentatori del luogo, su cui spenderei volentieri delle riflessioni a riguardo. Da premettere, che negli anni di palestre ne ho girate un po' ed è incredibile quanto sia simile la tipologia di persone che la frequentano, pur essendo queste molte lontane tra loro, si certo intendo anche di altre città. Prendo in esame quelli più evidenti tra gli uomini, cioè i così detti: palestrati. Questi energumeni, a differenza di quanto la loro massa muscolare sia imponente, la maggior parte delle volte sono persone abbastanza pacate, non esternano a chiunque la loro forza. Se proprio devono, lo fanno con qualcuno simile a loro o che sono intenzionati a diventarlo. Sorprende vedere quanto siano altruisti con chi li segue, come siano prodighi di consigli e di supporto negli esercizi. Viene quasi da pensare che la passione per il culto del corpo, si estenda anche su quello degli altri. Chiaramente ci sono i loro seguaci, magari non sono così tenici come i palestrati, ma godono della bellezza solo del loro corpo quasi perfetto. Li chiamerei i montati. Questi personaggi arrivano in palestra con delle tenute alla moda, quella però un po' da duro e ribelle alla Uomini&Donne per intenderci, con le canottiere larghe per far intravvedere i muscoli e i tatuaggi, cappellino da baseball o cappuccio con felpa smanicata, occhiali da sole e pantaloni larghi della tuta o il alternativa, bermuda da basket. La maggior parte del tempo stanno a specchiarsi o fanno relazioni pubbliche assidue. Tra le fila dei macchinari e dei bilancieri, fanno capolino anche i fantasmi, ovvero gli uomini senza un filo di muscoli, che si ammazzano per vedere spuntare anche solo un ematoma sul braccio e che per quanto lavorino, non arriveranno mai ad essere come i montanti. Non dimentichiamo i pensionati. Quelli sono i più volenterosi e partecipi. Non si fa fatica a vederli insieme ai palestrati, decantando come menestrelli, le vitrù dei loro guerrieri, ammirandoli. In fine c'è la gente come me, che non parla con nessuno, lavora sodo, ma si stufa molto in fretta. Anche le donne sono soggette ad uno studio accurato. La versione femminile dei montati Uomini&Donne non differisce da quella maschile, arrivano, si specchiano, si mostrano anche un po' infastidite da quelli che le guardano, si detergono quelle quattro gocce di sudore e se ne vanno. Le palestrate donne effettivamente mancano, anche se qualcuna di tosta c'è che lavora bene. Per quel che riguarda le pensionate si spaccano in due gruppi. 1 Le pensionate che fanno fatica a fare qualsiasi cosa, tanto da venir voglia di aiutarle. 2 Le pensionate che si tengono in forma come delle ragazzine, da dare del filo da torcere alle bellone della De Filippi. A volte rasentano la pateticità, sembra che vogliano aggrapparsi ad un età che non gli appartiene più, ma considerando che fanno bene a mantenersi in forma, si può chiudere un occhio per il fine ultimo. Le anonime ci sono proprio come quelli dei maschi, il gruppo a cui appartengo io se vogliamo. Mi sembra che a differenziarci sia il loro piglio, cioè infastidito a prescindere. So perfettamente il motivo e do ragione a spada tratta. Nel senso che una donna appena mette piedi in palestra, si sente tutti gli occhi addosso, che lo voglia o meno, che sia particolarmente attraente o più normale, per non del tutto bella, quindi per evitare di dover parlare con qualcuno che faccia il cascamorto, non dà confidenza a nessuno. In tanti anni che frequento le palestre, ho sempre visto i personaggi di cui sopra. Sarà che oltre ai muscoli ho allenato anche l'occhio, ma uno solo però l'altro lo lascio miope.

martedì 29 ottobre 2013

LA VOGLIA DI CRESCERE

Pochi giorni fa, ho visto la foto di un mio cugino che da tempo non vedo di persona. Credo abbia una dozzina di anni in meno di me. Da quella foto ho potuto riconoscere le famose acconciature da barba, che ogni ragazzo alle prime armi con la peluria del viso, mostra con fierezza. I maschi si cimentano per quello che possono con baffi, pizzetti, barbe incolte, basettoni e via discorrendo. Mi fa sorridere la cosa, perché più o meno tutti, non vedono l'ora di mostrare quanto è diventato adulto. La maggior parte delle volte sono dei peli molto radi, baffetti appena percettibili (tipo baffo da filippino) quasi delle ombre che sovrastano le labbra. Ma per chi li possiede, sembrano delle foreste vergini cresciute senza controllo, che si accaparrano della levigatezza del volto di fanciullo, come edere in salita verso l'età adulta. Per domare la flora del volto è necessario ogni strumento per estirparla, modellarla e renderla volutamente invisibile, quindi si acquistano le migliori attrezzature per la rasatura. Schiuma da barba in gel, che la renda morbida e facile al taglio, rasoi di ultima generazione, che tagliano come delle scimitarre ma solo il pelo senza intaccare anche la pelle, serie di lame in acciaio semplici da pulire e belle persino a vederle. Poi per finire con l'after shave (che sa di pioggia e la 24 ore...) dalla fragranza più alla moda ma delicato al tempo stesso. Si perché oggigiorno il dopo barba è più un eau de toilette, raffinato, trandy, giovane e molto altro ancora. Ma quando vedevo ed emulavo mio padre dopo la rasatura, quello che mi mettevo in faccia era una specie di acido solforico da corrodere le guance, il collo e ancora prima le mani. Una vecchia pubblicità recitava DENIM PER L'UOMO CHE NON DEVE CHIEDERE MAI. Ci credo, ormai con la pelle sciolta è inutile chiedere, al massimo una faccia nuova. La voglia di mostrarsi grandi viene anche alle ragazze, mica solo ai maschietti. Certo perché quando queste ottengono il permesso di truccarsi, si vedono delle vere opere pittoriche degne di Pollok, Basquiat, Lichtenstein e tutti i grandi del colore. Vero è, che sulla tela l'estro della cromia fa un effetto, sulle facce delle giovani donzelle ne fa decisamente un altro. Quando poi si vedono un ragazzo con i disegni fatti con la barba e la ragazza con quintali di trucco colorato sul viso, è uno spasso vederli insieme. Già vanno d'accordo a prescindere, poiché guardare un disegno colorato è sempre piacevole, mette proprio allegria.

sabato 26 ottobre 2013

AUSPICARE AD UNA VITA MIGLIORE

Da quando lavoro nel posto dove spendo ore e ore della mia giornata (meglio dire nottata) e sputo ettolitri di sangue dalle vene, mi rendo conto che a lungo andare, questa maniera di eseguire il dovere lavorativo, apporta poca soddisfazione alla mia vita da impiegato. Nel senso che, per quanto mi sbatta in orari non consoni alla gente comune, che perda la metà della mia salute dietro a richieste di emergenza effettuate nel cuore della notte e per questo venire anche retribuito il minimo sindacale, all'orgoglio e al portafogli tutto ciò incide, sulla soddisfazione personale. Comprendo che la situazione lavorativa in Italia sia disastrosa, che le aziende muoiano come mosche insieme ai loro proprietari, che bisogna ringraziare di avere già quel poco che basta a sopravvivere ecc..ecc...ecc ok ne sono consapevole. Ma confido nell'ottimismo e sono speranzoso che la situazione prima o poi cambi. Nel frattempo io cosa posso fare? Aspettare magari dieci anni e vedere la mia vita consumarsi nell'azienda attuale? No, per carità. Quindi, sto pensando di ritornare all'università. Una volta molto orgogliosamente frequentavo mediazione linguistica e culturale alla statale di Milano. Essere definito come studente ligio allo studio è un po' eccessivo, oppure fannullone è forse troppo discriminante, però non mi sono distrutto dietro ai libri. Diciamo che ho colto il bello di essere uno studente universitario. L'elasticità, la pianificazione personale degli studi e le feste dedicate ai frequentatori dell'ateneo, mi hanno distratto dal piano iniziale. Qualche esame l'ho sostenuto, nemmeno pochi ad essere onesti, ma non la giusta quantità per permettermi di laurearmi nei tempi giusti. Ora che ho dieci anni di più, una famiglia ed un lavoro, la mancanza dell'agognata laurea mi pesa.
1 per un fattore di orgoglio personale.
2 per una situazione lavorativa migliore e ben retribuita.
Sono andato nei giorni scorsi nelle varie segreterie dell'università e per farla breve, hanno distrutto il mio intento di riprendere in mano i libri. Primo fra tutti per un fattore economico. Se volessi ricominciare da dove ho lasciato, questa lunga pausa mi costerebbe qualcosa come 2.000 euro! Poi c'è da aggiungere la frequenza obbligatoria, il piano di studi completamente stravolto e la difficoltà di superare gli esami nei tempi giusti. Conclusione? Abbandono quello che ho fatto in passato e ne ricomincio uno nuovo, ovvero lettere e filosofia. Chi lo sa, magari sarà la scelta migliore. Sono consapevole che al mondo un filosofo o un letterato in più non serva a molto, ma vuoi mettere che bella soddisfazione mi posso prendere. Mi auguro che tutto avvenga per il meglio. Staremo a vedere Mr D., staremo a vedere.

domenica 20 ottobre 2013

NEI SECOLI DEI SECOLI DELL'ERA DIGITALE, GAME OVER.

L'anno scorso, se non erro, una mia collega venne da me per mettermi al corrente della dipartita di un suo zio. Ovviamente le diedi le mie più sentite condoglianze. Lei mi rispose che tutto sommato se lo aspettava dato che era decisamente vecchio. Poi aggiunse anche una cosa piuttosto inquietante a mio avviso, nonostante questo zio fosse molto anziano, era riuscito a crearsi da solo un profilo su facebook e proprio per questo nessuno era riuscito a cancellarlo perché non si conoscevano le password per accedervi. Quindi paradossalmente per il web egli, restava in vita seppure in una memoria digitale. Personalmente il fatto in questione mi angoscia non poco. Noi esseri umani oggigiorno non moriamo definitivamente se per un caso o per un altro finiamo per essere collocati in uno spazio virtuale. Cioè da un lato potrebbe anche risultare utile avere sempre a portata di mano delle informazioni riguardanti una tal persona, anche se questo non è più tra gli esseri viventi. Però dall'altro ritengo che la scomparsa di un individuo debba essere definitiva tanto quanto la vita sulla Terra. Non essere in grado di cancellare il proprio account lo trovo triste e senza senso. Forse però poi ci sono dei metodi per eliminarlo, che ne so come la prolungata in attività porti alla cancellazione, anche se dubito. Questo blog ne è l'esempio, visto che per quasi due anni non scritto nulla, ma nel momento in cui ho ripreso a farlo, tutto è stato come se nulla fosse, quindi... Potrebbe anche darsi che un giorno si creino delle nuove religioni che diano la possibilità di commemorare il caro estinto attraverso il web, inviando delle preghiere con delle mail. Sarebbero inutili tanto quanto quelle compiute dalle mani congiunte, ma chissà, non mi stupirei se questo un giorno fosse la realtà. Il web a quel punto diverrebbe una sorta di cimitero virtuale nel quale viene elaborato un altarino per i morti. Mi sembra ridicolo però non è detta l'ultima chat.

sabato 19 ottobre 2013

ALLA FESTA DELLA SCUOLA

Oggi per la nostra prima volta, abbiamo partecipato alla prima festa dell'anno della scuola elementare di mia figlia. L'evento è stato gradevole, abbastanza canonico, tipico direi. All'inizio come benvenuto ci hanno accolto cantando l'inno della scuola i ragazzini di quinta. Le bancarelle dei libri e giocattoli di seconda mano hanno incorniciato la festa, poi ad ingolosire tutti i familiari si sono palesate lunghe tavolate di ogni tipo di opera mangereccia con salamelle, pizzoccheri, caldarroste e altro, tutto molto buono. L'avvenimento oltre ad essere stata un occasione di auto finanziamento dell'istituto e un momento ludico trascorso con i bambini, come obiettivo principale aveva quello di incontrare le famiglie in un'assemblea con gli insegnati, per fare il punto della situazione nel primo mese trascorso sui banchi. Da qui inizia la battaglia. Da quando si sono radunate le mamme dei primini, molte di loro erano pronte a far valere, con i coltelli tra i denti e le pistole nella fondina, le illuminati teorie su come insegnare e gestire i figli dell'era 2.0. Alcune a detta loro, facenti parte del settore psicologico e pedagogico, erano infervorate sulla modalità d'insegnamento arcaico e decisamente superato delle maestre di ruolo. Cercavano di ottenere man forte e appoggio da parte delle altre genitrici, sulla protesta da attuare presentandosi a muso duro nell'aula preposta all'assemblea. Mia moglie mi ha riportato la scienza innovativa che professavano queste dottoresse, e secondo noi e per fortuna anche di altri genitori, sembravano solo delle paranoie per non dire delle "pippe mentali" che chissà perché certe donne (ma anche uomini) partoriscono nella mente tanto istruita. Quello che costoro non mandano giù, è la poca motricità durante le ore di studio, ma anche il volume esagerato di regole e la grande quantità di compiti a casa. Ricordiamo che l'ambiente è la scuola elementare, un contesto diverso dalla materna, in tal caso non ci sarebbe nulla di sbagliato. Poi io mi chiedo almeno, avessero dei figli che davvero incarnano questo tipo di filosofie in maniera ineccepibile potrei anche pensare di adottarle e sponsorizzarle nella classe di mia figlia. Ma uno di questi è sociopatico, l'altro è un mammone dalla lacrima facile, cioè per dire che, la nuova frontiera dell'approccio con il fanciullo non funziona poi molto. Eppure ogni qual volta c'è da fare delle critiche sull'andamento scolastico, le maestre sono sempre messe in croce. Come mia moglie sostiene e appoggio anch'io pienamente, se mia figlia tornasse a casa traumatizzata dalle insegnati, stanca per il troppo studio, con le gambe molli data l'impossibilità di movimento, allora si che andrei a protestare. Invece lei ci va volentieri, è entusiasta, oggi addirittura non ha fatto altro che abbracciare le maestre. Insomma credo fermamente che se si guardasse di meno le teorie e si osservassero di più i figli, forse non sarebbe poi una brutta idea.

venerdì 18 ottobre 2013

L'ABUSO DEL NUMERO VERDE

Lavorando in un call center ricevo chiamate ogni minuto della sera e della notte per ogni tipo di problema. Dove lavoro io, ci sono diversi servizi a cui rispondiamo cioè che fanno capo al nostro centralino. Si compone un numero dedicato al servizio richiesto e da lì parte il mio lavoro. Ovvio le persone che chiamano nelle zone più disparate d'Italia, sono convinte di parlare con un loro concittadino, ma questo è irrilevante ai fini dell'esito positivo della chiamata. Non m'interessa se una sera ricevo una cascata infinita di chiamate, sono pagato per farlo e non protesto. Però ci sono persone che telefonano al numero verde per ogni cosa, per qualsiasi motivo, per ogni sciocchezza e questo non lo tollero. Io personalmente credo di non aver mai chiamato questo tipo di numeri, perché le faccende mi piace sbrigarmele da solo. Tralasciando i numeri dei gestori telefonici e quelle del gas e luce, che sono inevitabili da dover chiamare se si vuole andare nella vita, tutti gli altri non hanno mai sentito la mia voce. Caso vuole che quelli a cui rispondo io, mi debba chiamare gente completamente priva di qualsiasi iniziativa e senso pratico. Si sentono in diritto di chiamare per farsi risolvere un problema, che il più delle volte non esiste, o ancora chiamano per ricevere delle informazioni a ore impensabili, senza una reale necessità di risoluzione. Secondo me il ragionamento di questi personaggi è il seguente: Dunque sono le tre del mattino, voglio sapere se l'acqua torbida che esce dal rubinetto è potabile o no, chiamo il numero verde, tanto l'idiota che risponde è pagato per darmi l'informazione, non mi costa nulla quindi, compongo il numero e rompo le palle al povero cristo, annunciando dicendo " Mi scusi l'ora, però vorrei sapere..." Sapere cosa? Che sei un maledetto sonnambulo, prepotente e dispettoso, questo lo sapevo già. Ok ora che ti ho dato l'informazione puoi andare a dormire tranquillo? Perfetto, strozzati con l'acqua torbida. Ah no. Per la tua incolumità ti ho pure detto di non berla.

lunedì 14 ottobre 2013

UNA FINE INGLORIOSA

Mi sono addentrato in una zona davvero pericolosa, questa volta dannazione! Da qui non riesco ad aggrapparmi né tanto meno a volare via, ho le ali bagnate. Non ci voleva, proprio no. Ci sono finito dentro, solo perché sono attratto fortemente dall'acqua, dalla trasparenza e dall'ignoto. E' l'istinto che me lo impone, non sono io a prendere queste decisioni. Eppure a volte dovrei essere più forte di lui e ragionare con la testa lucida, senza distrazioni. Il mio compito principale è quello di procurarmi il cibo e non di sollazzarmi in piccole pozze d'acqua. Che diavolo mi è venuto in mente? Non c'è nemmeno nessuno dei miei compagni per tirarmi fuori da qui. Andare a caccia da soli a volte può essere contro producente. Ok si magari trovo per primo del sangue fresco, però il prezzo è alto da pagare. Da qui vedo anche una luce fortissima, bianca, accecante, rovente. Quanto mi piacerebbe avvicinarmi e scaldarmi per bene contro il vetro della lampada. Invece sono qui, a pensare come poter uscire, che nervi. Ah bene ci mancava anche lei. Che intenzioni ha? Perfetto si è seduta, così non posso guardare neanche quella bella luce sopra di me. Com'è possibile? Mi sta arrivando addosso una cascata di altra acqua con un getto fortissimo. Aiuto le acque sono impazzite. Quanto dura? Allora hai finito? Bene sembra che ora la situazione si sia calmata. Rivedo anche la luce. Ma perché mi ha lanciato addosso anche questa roba? Sono completamente coperto e faccio anche fatica a restare a galla, maledizione! Che diavolo è? Sono paralizzato. Sento un rumore che non permette niente di buono. L'acqua che sta arrivando è anche più potente di quella che mi ha lanciato la donna. Ci sono onde altissime, tutto si muove. La coperta mi sta trascinando giù, sempre di più. Aiuto sto affogando. La corrente mi attira dentro il tubo, annego!

mercoledì 9 ottobre 2013

MEA CULPA

Essere genitori non è una cosa semplice. Me lo sono sentito dire da una vita e lo sto provando sulla mia pelle anche ora che il genitore sono io. Questo però non autorizza a compiere degli errori in nome dell'educazione, facendo subire ai figli ciò che si ritiene giusto, vuoi per consuetudine, o perché così è stato fatto per prima a noi, o proprio perché al momento sembra la cosa più giusta da fare. La punizione in quanto tale non paga, che sia essa corporale, verbale o psicologica. Posso dire anche il motivo del mio dissenso a tali pratiche con una certa cognizione di causa, ovvero perché ci si sente male nel darle, anzi ci si sente degli idioti. I bambini sono delle spugne apprendono da noi ogni cosa, a maggior ragione se diamo loro dei castighi. Io aborro ogni forma di violenza, tremo all'idea di procurare del dolore ai miei figli, eppure anch'io sono caduto nell'infamia della punizione. E' chiaro che non ho toccato nemmeno con un dito mio figlio, la mia è stata una punizione di carattere psicologico, ma non per questo meno grave, mi sento uno schifo esattamente come se l'avessi percosso. Non ho idea di come io abbia fatto a partorire dalla testa una cosa del genere, ma al momento non ho pensato che mio figlio ne potesse risentire, magari con dei traumi. Avrei dovuto pensarci non una, ma un milione di volte. Meglio ancora se non l'avessi fatto punto e basta. Non starò a descrivere in che cosa consista l'oggetto del mio disdegno, in primis perché me ne vergogno, in secundis perché qualcuno potrebbe pensare che in realtà non sia stata una cosa così grave, e si sbaglierebbero. Il risultato della mia genialata è stato il pianto di mio figlio, che io abbia fatto o meno qualcosa di grosso, dunque a conti fatti, non cambia nulla. Dato che mi sono sentito uno straccio dopo, ho persino chiesto a mio figlio se aveva capito il senso del mio provvedimento, ovviamente mi ha detto di si. Gli ho chiesto scusa e lui mi ha perdonato. In realtà mi aveva perdonato già quando la punizione era finita e io mi sono sentito anche peggio. Sono un idiota, un mostro e anche di più, mi sto chiedendo da 24 ore come abbia potuto. Si dice che errare sia umano e perseverare sia diabolico, per me non è così. Si parte ad essere diabolici già dall'errore. Si può imparare con gli sbagli certo, ma a spese dei più piccoli. Ovviamente non rifarò mai più una cosa del genere, ciò non toglie che però mio figlio sia stato segnato. Mi dispiace enormemente.

sabato 5 ottobre 2013

I MORTI DI FAME DEL GADGETS

In questo periodo di crisi economica le aziende farebbero qualsiasi cosa per poter accattivare un potenziale cliente. Quale metodo migliore se non distribuire gratis dei giocattolini, piuttosto che gadgets, affarini di poco conto nelle scuole elementari. Sarà anche efficace a livello di marketing, ma a livello etico è molto discutibile. E' chiaro che se vengono regalati dei giochi ai bambini, questi si tuffano a pesce come se vedessero la cosa più bella del mondo passargli davanti agli occhi. Ovviamente fanno a gara per recuperane il maggior numero possibile, per poi andare in classe tutti felici con il gioco nuovo di zecca. Direi che è un'operazione alquanto matematica gioco + gratis = bambino felice. La ressa che ne consegue è capibile tra i bambini, bisognerebbe comunque che gli adulti dirigessero le fila dei piccoli indemoniati, proprio per evitare che qualcuno si possa fare male. Però se sono per primi loro, ovvero i genitori, a gettarsi nella mischia scaraventando di qua e di là chiunque gli si pari davanti per arrivare per primo, questo non lo posso accettare. Nemmeno stessero dando del pane a degli affamati, cioè sarebbe ugualmente umiliante, ma giustificato dalle penuria di cibo. In questo caso regalano delle cose talmente prive di valore che anche mettersi a fare delle discussioni per averlo è senza senso. Quello che scrivo è ovviamente passato sulla mia pelle, anzi su quella dei miei figli e lo dico con la rabbia che mi tuona in petto. L'altra mattina la scena è stata pietosa. Mia figlia è riuscita ad avere il gadget in maniera piuttosto tranquilla, si è presentata lì educatamente ed ha aspettato il suo turno. L'altro mio figlio in quanto più piccolo, non è riuscito nemmeno ad avvicinarsi proprio perché è stato letteralmente travolto da questi pazzi avventori dei regali. Ma che tristezza davvero non potevo credere ai miei occhi. Io credo fermamente che se un giorno dovessero regalare lo sterco di vacca, la gente farebbe a pugni per averla. Comunque è finita che mia figlia molto gentilmente, ha dato al fratellino la sorpresina. Ora non per vantarmi, ma se la gente avesse la metà del cuore che hanno i miei figli saremmo tutti più felici.

mercoledì 2 ottobre 2013

AL GIARDINETTO

Quando si è bambini la cosa che per prima si pensa, dopo aver assolto ai propri doveri scolastici, è quella di andare a divertirsi al parchetto sotto casa. Dove abito io devo ammettere che c'è davvero un'oasi felice per quello che riguarda i giardinetti per i bimbi. Bello, ben tenuto, ben frequentato, sono presenti dei giochi adatti per quasi tutte le età, non ci possiamo lamentare. I miei figli si divertono parecchio e sono contento per loro, metteranno le basi per formare la compagnia che li seguirà da più grandi, insomma è difficile trovare un posto così nella mia zona. Dove abitavo prima era, ed è ancora, uno scempio a cielo aperto. Giochi ricavati all'interno di strade super trafficate piene di smog e di schifezze di ogni genere. Per non parlare poi, della gentaglia che orbita intorno a questi spazi tristemente abbandonati a se stessi, meglio stendere un velo pietoso. Detto questo, quando li porto a giocare personalmente mi annoio da morire, perché giustamente il parchetto è fatto per i bambini e non per gli adulti. Comunque quando sono lì aspettando che i miei figli si scatenino per bene, osservo con occhio un po' troppo critico, i genitori degli altri frequentatori di giovane età. Capita a volte che durante questa analisi io mi faccia delle grasse e sane risate. Per prima cosa, sento chiamare queste giovani creature con dei nomi agghiaccianti. Spaziano da quelli più antiquati e sofisticati, come per mettere bene in chiaro il loro status sociale, altolocato, borghese, snob e sopratutto facente parte delle più pura cattolicità (buuu!) Fino ad arrivare a quelli stranieri, ma provenienti da famiglie italiane, che forse sono pure peggio. Il nome è importante per un individuo, è il biglietto da visita, la prima informazione che arriva ad uno sconosciuto, è ciò che rimane indelebile nella storia del proprio vissuto, non lo si può dare così a cuor leggero appunto perché rimane per tutta la vita. A volte mi domando, ma quando i genitori sono chiamati a dare il nome ai loro nascituri che cosa gli passa per la testa?
Ci sono anche dei genitori che con la scusa di portare a giocare i figli, diventano anche loro dei bambinoni senza controllo per tutta la durata della permanenza al parchetto. Ci sta che un genitore giochi con il figlio, è bello, crea un legame utile per entrambi, però questo non vuol dire che si è autorizzati a fare tutti i giochi insieme, come scendere dallo scivolo, andare sull'altalena, correre come un pazzo forsennato e girare vorticosamente sulla giostra come se stessi partecipando a giochi senza frontiere, è ridicolo. Giusto ieri ho visto una mamma, che già di per sé era un personaggio da baraccone, giocare come se avesse sei anni insieme al proprio figlio come due amici di scuola. A dire la verità il bimbo non se la filava per niente, magari era perfino imbarazzato da questo personaggio buffo, scoordinato e opulento della mamma in balia dell'euforia infantile con un ritardo generazionale vistoso. Ho riso a crepa pelle. Sarò cinico, ma è stato uno spasso. C'è da dire che va bene così, anzi ben vengano le scene un po' ridicole piuttosto che avvenimenti tristi e pesanti che lasciano l'amaro in bocca. Finché si gioca e ci si diverte è sempre la cosa migliore, ovvero andare al parco distende i nervi anche a noi adulti, quindi se c'è la possibilità è meglio non negarsela, e ovviamente, non negarla ai bambini. Il tempo della spensieratezza è talmente fugace che è meglio goderne a fondo ogni giorno di più.

martedì 1 ottobre 2013

UNGUENTO

Sono molto soggetto ai buoni profumi, mi inebriano, mi rapiscono, mi coinvolgono. Quando sento una dolce fragranza, che provenga da un frutto, da un fiore, da una pietanza o da un profumo artificiale, il mio cervello si chiude a tutto il resto e sfreccia seguendo la scia di ciò che genera l'odore. Potrei annusare all'infinito qualcosa che mi aggrada difficilmente mi stanca, anzi quando l'olfatto si abitua all'odore cerco di distogliere l'attenzione per poi tornarvi come se lo sentissi per la prima volta, godendone esattamente come se non l'avessi ancora fatto prima. Ci sono alcuni profumi che mi ricordano dei momenti ben precisi della mia vita, come quello del pane caldo appena sfornato. Quando andavo a scuola, precisamente alle elementari, non capitava spesso di fermarmi dal panettiere per fare colazione. Ma ogni tanto mi facevo rapire dal profumo della focaccia calda, morbida e saporita. Era una cosa che adoravo. Il cielo era ancora buio, il freddo era pungente ma nell'aria si librava l'avvolgente effluvio proveniente dal panettiere aperto già dalla notte, che operoso produceva quelle piccole pagnotte profumate. Tutto il quartiere era riempito dalla fragranza magnifica delle focaccine, mi metteva una gran pace. L'atmosfera magica era incorniciata in uno strato odoroso e soffice. Se ci penso lo sento anche ora che sto scrivendo. A volte camminando per strada mi imbatto in profumi (quelli delle profumerie) così coinvolgenti da perdermi. Non bado molto a chi lo porta. Potrebbe anche avercelo l'orco più brutto del mondo, ma se sprigionasse un buon profumo me ne infischierei dell'aspetto orribile. Certo che se avviene l'accoppiata, buon odore unito al bell'aspetto, allora si che vado davvero in visibilio. Questo capita quando annuso lo squisito effluivo di mia moglie. Prima di addormentarmi, ormai è diventato un vizio, passo almeno mezz'ora ad assaporare con l'olfatto la pelle, i capelli e tutto ciò che sprigiona il suo impareggiabile profumo. E' l'odore dell'amore. Giuro e spergiuro che la pelle di mia moglie profuma al di là di qualsiasi cosmetico, è come una rosa nata per liberare il suo aroma in modo spontaneo e naturale. Potrei riconoscerla ancor prima del tatto, con l'olfatto. Quando ho la fortuna di abbandonarmi tra le sue braccia, ad accogliermi per prima è la sua squisita emanazione di bontà. Mi verrebbe voglia di mangiarla. Adoro poi quando il suo odore mi rimane addosso, così posso annusare quando voglio ciò che in natura è impossibile trovare, una donna profumata come lei.
Diciamo anche che ho un naso che mi facilita non poco nel captare i buoni sentori, li percepisco ancor prima che arrivi la giusta attenzione della vista. Di questo me ne vanto anche un po'. Però avendo questo senso così sviluppato, mi viene facile sentire i cattivi odori ed è una cosa che mi repelle. Tanto mi faccio rapire dal buon profumo, allo stesso tempo ripudio gli olezzi sgradevoli. Mi strapperei il naso quando una roba del genere mi colpisce. Non dovrebbero esistere in natura cose del genere, per meglio dire le persone che puzzano. Inorridisco al solo pensiero. Meglio non pensarci. Anzi voglio tornare ai buoni profumi, quello è il mondo fatto apposta per me.

sabato 28 settembre 2013

LA FAMIGERATA DOMENICA ALL'IKEA.

Non c'è da vergognarsi, non ci si può nascondere dietro un dito (o ad una mensola), bisogna prendere il coraggio a due mani e dichiarare al mondo intero che, andare all'Ikea è un supplizio inutile. Allora precisiamo: siamo in tempo di crisi, la gente fa fatica ad arrivare a fine mese, taglia sulla spesa evitando di comprare le cose più costose, non si riesce a fare cose tipo le ferie ecc...Allora com'è possibile che il colosso svedese sia sempre pieno?! Già dal parcheggio si palesa la marea di gente che popola il centro commerciale. Code chilometriche di auto in cerca di un posteggio, in roda come gli avvoltoi. Personalmente mi avvilisco ad assistere ad un tale spreco di energie.
Ok una volta che si è trovato quel posto tanto sperato, bisogna entrare e da lì inizia l'odissea. Io ho formulato due teorie per giustificare il numero spropositato di clienti.
1- Varcata la soglia dell'entrata, ci sono alcuni fattori chimici che al contatto con il corpo umano, questo per una questione di osmosi si duplica, facendo raddoppiare il numero dei clienti presenti, sfalsando il numero stimato dal parcheggio.
2- All'interno dei mobili posti nelle varie zone, si nascondo delle comparse che, dopo un segnale codificato tipo morse, escono per far sembrare il magazzino ancora più popolato del dovuto.
Tutti gli angoli, gli anfratti, i pertugi sono pieni di gente. Quello che si aggira tra i divani, specchi e quant'altro è un popolo di zombie che vaga senza meta per trovare un cervello sano da infettare, con il bisogno indotto di comprare anche il più piccolo suppellettile per soddisfare la volontà di spendere soldi.
Nel momento in cui vengo trascinato dalla fiumana di persone, letteralmente sospinto dalla mandria di buoi dietro di me, mi accorgo delle tipologie di persone che entrano sconfortati insieme ai vai partner. Quelli a cui va tutta la mia solidarietà sono i mariti. Basta vederli. Sono tipo dei palloncini legati ad una ringhiera, sospinti dal fiato sprecato delle mogli nel convincerli dell'utilità del mobile sotto esame. Poveri loro. Poi ci sono quelli che si improvvisano architetti. Prendono le misure, segnano tutto sul foglietto con il metro allegato, si cimentano in intuizioni geometriche-architettoniche-ingegneristiche di una realtà parallela, e arrivano alla fine della giornata sfiniti ma soddisfatti. Non è finita, ci sono anche i bambini. Attese interminabili per riuscire ad entrare nell'area dedicata a loro, patendo la noia e subendo la crescita del proprio organismo. Quando si prenotano per entrare hanno un età, arrivati al turno che spetta per accedere, sono divenuti oramai maggiorenni. Anche a queste piccole creature va tutto il mio rispetto. Dopo varie ore passate a girovagare ubriacati dall'odore del legno, si arriva finalmente alle casse. Incredibile, quelli che stavano prima a penzolare sfiniti dall'incursione nel mobilificio, si manifestano esattamente davanti alle casse, con lo stesso ordine con il quale si è proceduti per arrivarci. Uno poi cosa deve fare? O si chiude a riccio senza proferire verbo aspettando che l'agonia finisca il più in fretta possibile, o poi messo alle strette, riesce perfino ad instaurare delle amicizie con coloro i quali hanno subito lo stesso trattamento domenicale. E' possibile magri trovare l'anima gemella, far nascere dei grandi amori tra gli scaffali. Però poi una volta uniti nel vincolo del matrimonio, si ritrovano da sposati a passare la domenica all'Ikea. Tutto è già scritto, ma in svedese, occhio.

mercoledì 25 settembre 2013

DIFENDO I MIEI FIGLI DA MARIA DE FILIPPI & CO.

Un passo decisivo effettuato con consapevolezza, giudizio e anche un po' di superbia. In casa mia abbiamo tolto definitivamente la TV. Non si guarda nessun programma, nessun cartone, nemmeno i film in dvd., che ci possano colpire lasciando segni indelebili nei nostri cervelli. Questa scelta è stata determinante per i miei figli, sono come purificati. Prima di togliere il televisore, per due settimane abbiamo fatto la prova di evitare di accenderlo a qualsiasi costo. Il risultato è stato così soddisfacente da ritenere una cosa naturale non avere più in casa quell'aggeggio infernale. Il cambiamento si sente e lo si vede con gli occhi. In casa regna la tranquillità, si gioca di continuo e in maniera semplice e spontanea, poi è aumentata la curiosità per ciò che riguarda i libri. I miei figli sono diventati più dinamici e meno passivi. Si rapportano tra di loro in un modo molto meno violento, sia verbalmente che fisicamente. Fanno lavorare la fantasia praticamente tutto il giorno, non si stancano mai e noi genitori siamo pienamente soddisfatti ed orgogliosi della nostra scelta (il merito a onor del vero, va a mia moglie che ha avuto la brillante idea). A primo acchito potrebbe sembrare una scelta drastica, estrema, fin troppo radicale però è solo questione di abitudine. In verità chi in casa vedeva di più la TV era il sottoscritto (una sola ora al giorno a pranzo) ora riempio quell'ora ascoltando la musica o leggendo. Devo dire di anche che, da quando abbiamo tolto di mezzo il tubo catodico, ho quasi finito il libro che facevo fatica a leggere per la mancanza di tempo. Invito tutti a provare, si fa in fretta ad abituarsi. Quello che tutti mi hanno detto è stato. "Ma poi i tuoi figli non si sentono esclusi?" Meglio esclusi che deficienti, rispondo io.

mercoledì 18 settembre 2013

L'ULTIMA ZUPPA

Era seduto al tavolo con un cucchiaio di legno ed una ciotola piena di zuppa di miso che gli ribolliva sotto il naso. Intorno a lui, consumavano rumorosamente il sushi dello Shokunin Yamanoshi quattro persone vistosamente ebbre di sake. Uno di quei quattro alzò lo sguardo e vide la zuppa fumante, il volto sovrastante dell'uomo immobile ed il cucchiaio di legno ancora fermo dove era stato portato all'inizio del pranzo dalla cameriera Midorichan. L'ubriaco smise di ridere con i suoi compari per osservare l'uomo. Non aveva nulla di particolare, un uomo come tanti, un impiegato, una persona anonima. 
L'ubriaco chiese. "Non ti piace? Perché non mangi?"
L'uomo immobile rimase tale.
"Yamanoshisan, non gli piace la tua zuppa."
Gli altri commensali risero cogliendo un'altra occasione per farlo. 
Al tavolo dei quattro ubriachi, arrivarono altre due bottiglie di sake, precedentemente ordinate a Midorichan, dimenticandosi del curioso personaggio per dedicarsi all'esalazione dell'alcol. L'uomo prese il cucchiaio, lo avvicinò alla superficie del brodo e fece entrare soltanto una quantità esigua nella incurvatura della posata. Avrebbe sfamato giusto una mosca con quella dose. 
"Allora ti sei deciso."Urlò l'ubriaco.  Le risate si aggiunsero come un coro di cornacchie dietro le sue spalle ingrigite dal sudore.
I movimenti per portare la zuppa alla bocca furono talmente lenti che, nel fissare compiere il gesto all'ubriaco si intrecciarono gli occhi.  Non emise alcun rumore nel bere quella goccia esigua di brodo, e quando questo entrò nella bocca anche tutto il resto intorno a lui, terminò di produrre ogni suono. Tutto si fermò. Le persone nel ristorante vennero bloccate nell'azione che stavano per compiere. Immobili, raggelate, statuarie. L'uomo continuò a sfamarsi senza curarsi dell'immobilità del tempo. L'ubriaco invece si rese conto della situazione quasi immediatamente, ma ne rimase affascinato ed incuriosito continuò ad ammirare l'uomo nell'atto di cibarsi. Finita la zuppa di miso, il volto dell'uomo si irradiò di una luce calda e potente da rischiarire ogni angolo del ristorante. L'ubriaco si coprì il volto investito completamente dalla fonte di luce. Quando riaprì gli occhi, l'uomo luccicante sparì inseme al bagliore. L'ubriaco si alzò, guardò il posto dell'uomo sparito e la ciotola con ancora un dito di zuppa dentro. L'ubriaco incuriosito afferrò la ciotola ed in una sola sorsata trangugiò tutto in un colpo il contenuto rimasto. Ritornò la luce ma a differenza di prima, il folgore fece tornare a compiere quelle azioni sospese a tutto il resto delle persone. L'ubriaco si sedette al proprio tavolo con il vociare sguaiato dei compari a fare da fastidiosa colonna sonora. Guardò i suoi amici con gelido distacco ed ogni suo gesto era soppesato con avarizia e devota disciplina. 

domenica 15 settembre 2013

QUANDO LA SFIGA SI AGGIRA SU DUE RUOTE -3

Ebbene si, non ho mai tregua quando salgo in sella sulla mia croce e delizia. Giusto ieri, sono andato con la mia famiglia a mangiare in un bel agriturismo alle porte di Milano. Essendo molto vicino a casa, ci muoviamo in bici. Andata tutto regolare, io mi carico dietro mio figlio e mia moglie l'altra figlia. A ritorno stessa disposizione, però ad un certo punto faccio scendere mio figlio per farlo salire sulla bici di mia moglie, dato che era ora per me di andare a lavoro. Il tragitto da percorrere per arrivare distava ancora molto prima della metà, significa per me, fare tutta la circonvallazione, più il super ponte, più le vie che portano a lavoro. Appena mi saluto con i miei cari, mi accorgo che la ruota posteriore devia e sobbalza in modo anomalo. Guardo dietro e si, era a terra. Smadonno in tutte le lingue, ma ho sperato in cuor mio che fosse solo sgonfia. Me la porto a mano fino a ché non trovo un benzinaio. Chiedo se mi possono gonfiare le gomme e loro mi rispondono, in maniera molto onesta, che costa due euro! Anche lì smadonno ma sono costretto ad accettare dato che l'ora si fa tarda per me. Ok mi gonfiano 'ste ruote e dopo nemmeno dieci metri, la ruota posteriore è tale e quale a prima. Due euro buttati. Preso dalla disperazione di farmi il tragitto del ritorno a casa di notte, mi metto alla ricerca di un riparatore di bici. Lo trovo. Dentro c'era già gente ad attendere, me ne infischio e gli chiedo quanto ci vuole per fare una semplice bucatura. Risponde mezz'ora, esattamente il tempo che ci voleva per il mio inizio di turno. Poi chissà perché, mi fa passare avanti e mi ripara la bici in due minuti. Io nel frattempo gli racconto tutte le mie sciagure con le bici. Pago dieci euro, con gran sollievo e alla fine mi augura di non rivederci per un po'. Sarà davvero così? Lo scopriremo nella prossima bike-puntata.

sabato 14 settembre 2013

CANTICCHIANDO QUA E LA' SI TROVA SOLO #@*-ç

L'altro giorno volevo ascoltare qualcosa di nuovo. Non avendo nessuna idea, ho cliccato su VEVO le proposte degli artisti in primo piano. Imbarazzante. A quanto pare in Italia sono due i generi che funzionano, 1 la musica leggera proveniente da i vari talent show. 2 l'hip hop italiano. I due generi hanno in comune questo, che sono ripetitivi come le onde del mare. Chi viene da i talent, che sia quello di mediaset o rai, viene impacchettato loro un bel disco, che non si fa fatica a credere di aver ascoltato l'anno prima sotto un altro nome. Poi fatto il tour in tutta Italia e nel frattempo imparano a cantare. Per quello che riguarda l'hip hop è anche peggio. I testi sono un insulto alla lingua italiana. Non hanno senso, se non quello di proclamare il cantate come un vero supereroe. Perché ha soldi, fama e donne. Le basi sono un serie di bit sparati senza nessuna armonia, senza ritmo, insomma una schifezza. I video sono una specie di film porno,dove donne mezze nude si strusciano, inverosimilmente su un idiota. Ma che  razza di roba c'è in giro? Davvero mi viene l'urto di vomito.

mercoledì 11 settembre 2013

LA CHIACCHIERA INUTILE

Sarà capitato almeno una volta nella vita, anzi sicuramente molto di più, di scambiare due parole con qualcuno che per quanto abbia parlato, alla fine non ha detto nulla di interessante. Non mi riferisco a quelle rapide con il vicino, piuttosto che il negoziante sotto casa o con qualcuno di passaggio. Parlo invece del colloquio più lungo, anche troppo a volte, dentro il quale non si arriva ad uno scambio vero di opinioni, ma si resta solo in ascolto annuendo e basta. Le situazioni che mi capitano spesso sono:
1- Ai concerti.
Dato che sono uno che non ha problemi ad andare da solo a vedere un show, mi capita spesso di trovarmi il solito "tuttologo" della musica al mio fianco, che spiega quello che sa come se fosse una bibbia vivente. Solitamente questa tipologia di persone, parla dicendo le cose più scontate in assoluto. Dice una serie di luoghi comuni altamente superati, tanto da essere condiviso a prescindere, considerate da tutti ovvie. Può dare anche alito alle sue capacità di musicista, denigrando apertamente molte band in circolazione, primo fra tutti i gruppi di supporto alla headline. Poi a fine concerto, non è mai pienamente soddisfatto dell'esecuzione adducendo a conclusioni palesemente inesatte. Il tipo di conversazione che si può avere con questa gente non porta davvero a nulla.
2- Sul lavoro.
Chi lavora in un ufficio popolato da molti impiegati, avrà consolidato nel tempo una certa affinità con alcuni, scartando automaticamente quelle con le quali non si lega per carattere, per simpatia e così via. Però se si è messi alle strette, bisogna scambiarci due parole anche con questi poveri cristi. Inizia più o meno così: Appena si avvia il primo scambio di battute, non si fa altro che parlare male del lavoro nel quale si è impiegati, ne consegue la drastica situazione lavorativa del paese e della crisi per concludere. Poi arriva il silenzio perché non c'è altro su cui si  possa disquisire e da lì comincia l'agonia. Per riuscire ad omettere l'imbarazzo, queste persone vanno avanti a parlare di cose prive di alcun interesse, come la propria salute, la mancanza di soldi e quanto sarebbero felici da un'altra parte. Aiuto!
3- Con l'amico dell'amico.
Capita a volte incontrando un amico per strada, che con lui  possa esserci una persona sconosciuta al suo fianco. Nulla di male per carità. Per riuscire ad includere nel discorso l'ospite, si chiedono e danno le informazioni basilari sulle rispettive vite. E' incredibile come si possa ridurre all'osso e banalizzare la nostra esistenza per la mancanza di confidenza con l'interlocutore. Mi metto in prima persona, quando mi capitano tali situazioni, anch'io stesso do informazioni prive di colore, perciò anche per me vale lo stesso discorso. Ragion percui sono anch'io poco interessante come gli altri.
Come si fa ad ovviare una situazione del genere? Annuire, inutile dirlo.

domenica 8 settembre 2013

NON CONOSCI REALMENTE IL TUO VICINO

Quando si rientra a casa dal lavoro, spesso si incontrano persone che vivono nello stesso condominio e ci si limita a salutarle per buona educazione. Buon giorno, buona sera, tutto bene? E via discorrendo. Parole fugaci, scambiate per rendere migliori i rapporti con il proprio vicinato. Possono passare degli anni e le frasi che si scambiano, non vanno oltre a quelle sopra citate. In altri casi, a forza di salutarsi tutti i giorni, si riesce ad instaurare persino dei legami più profondi anche un'amicizia. E fin qui tutto bene, tutto regolare, nulla di strano. Però ci sono dei casi in cui quello che si saluta tutti i giorni negli spazi comuni di un palazzo, una volta che chiude la porta di casa scompare ed entra un un mondo sconosciuto. Penso al tizio che ha tenuto segregate per dieci anni quelle tre ragazze nel suo scantinato, il pazzo di Cleveland. Costui per tutto questo periodo sarà entrato ed uscito di casa, migliaia di volte presumo. Ogni qualvolta uno dei vicini lo incontrava per strada, l'avrà salutato senza sapere cosa facesse realmente in casa sua. Nessuno avrebbe pensato che quell'uomo fosse in verità un mostro, sennò non si sarebbe spiegata una così lunga prigionia subita dalle ragazze rapite. La cosa è davvero inquietante. E' chiaro che ognuno in casa propria pretenda la giusta privacy. Io in prima persona mi irrito quando mi vedono in casa persone che non conosco, nel momento in cui alzano gli occhi dalla strada e proiettino lo sguardo dentro la mia vita. E' una violazione, poco ma sicuro. Però all'interno dell'intimità a cui tanto teniamo, a volte si possono nascondere cose aberranti. Perciò, fidarsi è bene, ma non fidarsi è ancora meglio.

sabato 7 settembre 2013

BACIARSI E' UN DOLCE METODO PER SPUTARSI IN BOCCA.

Ho preso ad uscire con le ragazze quando ancora frequentavo le medie. Non per vantarmi ma di appuntamenti ne ho avuti parecchi d'allora. Quando ero agli albori della mia adolescenza, l'uscita con le giovani fanciulle era sinonimo di una giornata passata a limonare duramente. Non c'era molto altro da fare se non appiccicarsi con le rispettive labbra e fare delle lunghe sessioni di pratica "linguistica" fino a che non comparivano i primi segni di cedimento ovvero, una copiosa fuoriuscita di bava dalla bocca intorpidita. Bei momenti che si ricordano volentieri. Azzardare a fare qualcosa di più non era pensabile, almeno per le ragazze dell'epoca, io ci pensavo eccome... Una volta diventato più grande, gli appuntamenti non potevano essere uguali a quelli della gioventù, c'era la necessità di includere anche degli argomenti più profondi. Di solito il bacio lo si poteva raggiungere soltanto se la buona riuscita dell'appuntamento fosse risultato soddisfacente da entrambe le parti. Cosa che ho sempre ritenuto valida e giusta. Arrivare poi allo scopo più grande in assoluto, quello più adulto per intenderci, si poteva ottenere solo dopo una certosina pazienza per l'attesa interminabile fino a che la dolce donzella non si concedesse, come se si dovesse raggiungere il traguardo dopo una maratona interminabile. Oggi che sono padre di una bambina, credo fortemente che il tempo per arrivare a quel punto non sia mai troppo lungo! All'epoca però mi sembrava una meta irraggiungibile. Mi ricordo che il più delle volte a combinare appuntamenti, non ero io in prima persona, ma mi veniva chiesto di uscire tramite delle chiamata pseudo-anonime sul  telefono di casa, eseguite però dall'amica dell'interessata (per quelle più scaltre) o anche tramite messaggi scritti o vocali, consegnate sempre da un terzo elemento. Che cosa simpatica. Beh alla fine, ne ho accettate molte di questo tipo di richieste e una volta arrivato faccia a faccia, con la ragazza di turno, mi montava un'ansia pazzesca perché non sapevo cosa dire, che tipo di giro fare, cosa avrei potuto offrirle e via discorrendo. Dato che non conoscevo il più delle volte la ragazza in questione non avevo idea di chi fosse. Per farla breve, mi costava non poca fatica. Però ciò che mi balzava in testa nell'esatto secondo dopo aver accettato di uscire, era la domanda. Come faccio a scaricarla se non mi piace? Essendo stato da sempre un gentiluomo, il metodo migliore e quello più efficace è stato, di darsi alla macchia!

COME UN ANNO FA

 L'anno scorso siamo rimasti rinchiusi per mesi a causa di un virus letale, sconosciuto e altamente aggressivo, dopo un anno siamo ancor...