domenica 31 maggio 2015

UNA MOGLIE BELLISSIMA

Oggi pomeriggio, mentre ero alle prese con le richieste dei miei figli, sono entrato in camera da letto per prendere una cosa al volo ed ho visto mia moglie con il piccolino di casa affianco a sé, che riposavano beatamente l'uno avvinghiato all'altra. Il mio sguardo fugace si è posato sulla figura di mia moglie, giusto il tempo necessario, per rendermi conto di avere una moglie bellissima. Nell'esatto momento in cui ho constatato questa indiscutibile verità, ho immediatamente pensato al film di Pieraccioni, che non ho visto e mi vedo bene dal farlo, da cui ho preso il titolo per questo post. Ebbene: sono davvero fortunato.
Sono sicuro che ogni marito reputi la propria moglie come la più bella di tutte le donne del mondo, perciò questa mia affermazione, ha la stessa validità di chiunque altro abbia la mia stessa idea della sua consorte, ma comunque, la mia lo è un po' di più.
Avendo scelto la via dell'anonimato sul mio blog, non pubblicherò una foto della mia dolce metà, però posso assicurare che è effettivamente così.
Sarebbe riduttivo definire mia moglie soltanto bella, ma bella da morire, in verità ha un sacco di altre doti che mi legano in modo inseparabile; neppure con la forza di Hulk sarebbe possibile staccarmi da lei. La prova di quello che dico, per l'ennesima vota, l'ho avuta anche oggi.
In questo periodo si è resa conto che attraverso una fase negativa con il lavoro e lei, non perde occasione di propormi delle alternative per tirarmi su di morale, oppure, per farmi aprire gli occhi su tutte le possibilità che la vita ci offre. Mi dà un sacco di buoni consigli ed è sempre piena di ottimismo su tutto ciò che verte intorno alla sezione lavorativa, sia mia, ma anche sua. Mi piace di lei, l'entusiasmo espresso nel dirmi quanto sarebbe bello fare qualcosa che ci renda padroni del nostro tempo e vivere senza pensieri. Mi piacciono i suoi progetti e i suoi sogni, anche se forse li reputo irrealizzabili, ma solo per una mia paura personale, non perché siano davvero delle cose fuori dal normale.
A volte, ho il timore di non saper esprimere bene il mio piacere verso le sue proposte, in quanto, mi reputo un monolite difficile da smuovere, quando mi viene indicata una strada nuova. Quello che provo dentro in verità, è: soddisfazione, orgoglio e fiducia totale su ogni cosa elaborata dalla mente brillante della mia dolce metà. Certo, se avessi più coraggio, forse lei mi vedrebbe persino meglio di quanto non mi veda già. Ok, ci lavorerò su, lo prometto!
La cosa che davvero mi sorprende, è che mi conosce meglio di quanto io stesso non mi conosca. Beh, si può dire che dopo quasi dieci anni insieme e tre figli avuti con tutto l'amore possibile, sappiamo benissimo a chi ci siamo accompagnati, eppure, lei riesce a cogliere delle mie sfumature personali, lasciate in disparte o mai contemplate dal sottoscritto. Questo è sintomo di un grande acume.
La nostra storia d'amore è iniziata senza nemmeno rendercene conto. Un giorno abbiamo cominciato a parlare e non abbiamo più smesso. Non posso definirla come una scintilla scoccata tra di noi, sarebbe riduttivo, lo definirei piuttosto come: la custodia perfetta del nostro "io" reciproco, ovvero, ciò che calza a pennello per entrambi. Siamo uno dentro l'altra e ci proteggiamo a vicenda, viaggiamo insieme e non potremmo risultare idonei per nessun altro, proprio perché, siamo stati disegnati per stare solo noi due. Da questa nostra custodia, sono stati generati altre tre piccole custodie, esattamente come delle matrioske, perciò, non c'è possibilità alcuna che qualche altro essere vivente, si unisca al nostro "stampo" a meno che, noi, ne creassimo un altro.
Qui di sotto potrei mettere la foto di una matrioska, per affermare il concetto di quanto detto finora, però, avendo messo il titolo UNA MOGLIE BELLISSIMA, risulterebbe poco credibile e tra l'altro, non potrei postare nemmeno una foto di una donna qualsiasi e, come dicevo prima, non pubblico una foto di mia moglie, per una questione di privacy: quindi?
Ora mi ingegnerò...



Afrodite mi sembra appropriato.

venerdì 29 maggio 2015

THE WIND OF CHANGE

Questo blog è nato nel lontano 2009, come valvola di sfogo per i problemi che in quel periodo mi affliggevano. All'epoca non avevo modo di parlare con nessuno di quel che mi frullava in testa, perciò, necessitavo di ritagliare un piccolo spazio tutto mio, dove poter dire liberamente ogni cosa. I problemi riguardavano soprattutto il lavoro ed ora, a distanza di sei anni dal primo post, mi ritrovo ad avere lo stesso bisogno di esprimermi, dovuto alle stesse problematiche, riconducibili al luogo in cui trascorro quasi tutte le mie serate/nottate. Sì, sto parlando del lavoro.
Sarà un caso, però, ultimamente sento troppa gente che si lamenta delle mansioni lavorative quotidiane, qualunque esse siano. Il nocciolo della questione è solo uno e l'ho ribadito a più riprese: non fa bene lavorare. Potrò risultare monotono, ma l'annoso problema non si risolve mai, né per me e neppure per tutti i miei colleghi, amici, conoscenti, ecc... Siamo tutti vittime dello stesso male!
Il proverbio vorrebbe farci credere che sia mezzo gaudio, qualora fosse comune. A me sembra, che sia soltanto una conferma di un malessere planetario e saperlo, non renda felici proprio nessuno, anzi, dobbiamo prendere atto di essere delle macchinette preposte alla produzione e al consumo.
Sarebbe così bello poter fare il lavoro più vicino possibile ai propri gusti, o alla predisposizione o all'attitudine personale; invece no, dobbiamo ripiegare su qualcosa che ci faccia guadagnare i soldi per la sopravvivenza e nulla di più.
La felicità non ha prezzo, si dice; invece sì che ce l'ha, basta poter fare ciò che piace ed essere retribuiti con il giusto compenso per il lavoro svolto, allora poi, si diventa felici per forza.
A me piacerebbe fare il musicista di professione con un extra come scrittore, però non è possibile, perché?
D'accordo, uno non si improvvisa professionista senza le competenze giuste, in nessun ambito, sia chiaro; però si può apprendere tutto, per quanto mi riguarda, anche suonare e scrivere. Eppure, non posso scegliere di fare né uno, né l'altro anche se ho la voglia e il desiderio di voler intraprendere un percorso di quel tipo. Ovvio, ci sono le scuole per imparare, ma costano uno sproposito, e poi, sono delle carriere che non danno la possibilità di vivere degnamente, a meno che, non si diventi una celebrità. A me servirebbe molto meno, vorrei lavorare nelle musica e nella letteratura, come se fosse un lavoro come ce ne sono molti, che non debba per forza ambire al successo per coronare le velleità. Suonare e scrivere, non chiedo tanto.
Già, la nostra società non permette di lavorare con i sogni, o meglio, ci lucra dietro, però non aiuta a costruire una carriera lavorativa rispettosa, come un lavoro normale. Un tempo esistevano i letterati e i musicisti di professione, ora queste due figure valgono solo se vendono milioni di copie di libri o di dischi. Se invece si volesse lavorare in maniera onesta senza le ambizioni di notorietà, queste due figure non valgono molto.
Forse per fare lo scrittore o il musicista, bisogna essere prima di tutto un disadattato sociale, con il fuoco della passione che arde dentro a dispetto delle regole; un maledetto insomma, così che non si leda l'aurea mistica che aleggia intorno all'artista. Così facendo però, non si può costruire una famiglia e non si può nemmeno sperare di vivere a lungo, assaporando la bellezza del proprio lavoro, quindi è da escludere.
Noi italiani abbiamo grandi nomi da sfoggiare in entrambi i campi, eppure, non si è mai proseguito concretamente sulla linea della continuità generazionale futura. Nel senso, con il tempo si sono perse le doti artistiche italiche, per supportare altri campi, dove si possa guadagnare tanto e sulle spalle di chi sta sotto. Va beh, però non si doveva abbandonare il colpo così velocemente, bisognava incentivare chi voleva (e vuole) fare l'artista, senza che questo dovesse per forza essere una piaga sociale.
Bisogna cambiare non c'è altra soluzione!


lunedì 25 maggio 2015

STOMP

Non si può passare la vita a piangere lacrime di sangue o farsi il fegato marcio per il lavoro; accadono ogni tanto, anche momenti di svago nella nostra esistenza. Per fortuna ci sono dei giorni in cui riesco a ritagliarmi un pezzettino di tempo, facendo qualcosa che esula dalla quotidianità. Per esempio:
venerdì sera, mia figlia ed io, siamo andati a vedere gli Stomp ed è stata un'esperienza decisamente divertente. Per un batterista come me, quel tipo di spettacolo è una dose prepotente di goduria musicale. E' stata la prima volta per me e anche per mia figlia, ma non sarà di certo l'unica, anzi se in futuro ci saranno altri spettacoli a Milano; la prima fila è prenotata.
Gli Stomp sono ritmo primordiale, anzi, forse sarebbe meglio dire: estraggono il ritmo puro da qualunque oggetto, che siano esse le mani, oppure le scope (il loro marchio di fabbrica) i bidoni della spazzatura, finendo con le scatole dei fiammiferi. Ogni cosa crea un suono ed ogni suono, si lega ad un altro, per mezzo del ritmo calzante; generato grazie alla percussione esercitata sapientemente dall'enorme capacità degli artisti.
L'esibizione è avvenuta al Teatro Nazionale e per questo, il loro spettacolo musicale si differenzia molto da un tipico concerto di soli musicisti, infatti, i componenti della compagnia sono anche degli attori, poiché recitano eseguendo delle gag e simpatiche scenette tra un cambio di scena e un altro; cose brevi ma efficaci. Non proferiscono alcun verbo per spiegare la scena in atto, eppure comunicano perfettamente con il pubblico, per mezzo dell'oggetto percosso. Non solo, oltre ad essere dei percussionisti e attori, sono anche degli abili ballerini. In alcuni brani, ho assistito all'evoluzione del tip tap targato nuovo millennio. Francamente, mi ha lasciato esterrefatto vedere compiere delle lunghe sessioni di battute, soltanto con il movimento di piedi che si dimenavano in coreografie complicare, tutte coordinate tra loro al millesimo di secondo. E' uno spettacolo completo di tutto. Nulla è tralasciato, perfino la scenografia è parte integrate dello show, poiché viene suonata totalmente da tutti i sette componenti "stompettiani."
Ho potuto osservare, che anche degli oggetti semplici come degli accendini, possono all'occorrenza risultare degli strumenti: sia sonori, che altamente scenografici, perché se messi in fila e accesi e spenti a tempo, possono creare effetti inaspettati. In questo caso calza a pennello il motto, "poca spesa, tanta resa". Credo che questo sia il messaggio principale che lanciano i musicisti; ovvero: non c'è bisogno di tanti oggetti per creare uno spettacolo, anzi, nelle cose semplici si possono scovare delle potenzialità talmente alte che sembrano irreali. A maggior ragione nelle strade, così sfacciatamente congestionate da aggeggi inutili, da non comprendere il senso della loro occupazione sul suolo terrestre. Ebbene, gli Stomp sanno dare a questi oggetti, una nuova collocazione e di rimando, una nuova vita. Anche la città così infarcita di rumori molesti, può essere riqualificata da questi personaggi, alzando al livello di un orchestra a cielo aperto e alla portata di tutti. Per dire la musica è dentro le cose, basta solo tirarla fuori.


venerdì 22 maggio 2015

LAVORARE FA MALE SOPRATTUTTO ALLO SPIRITO

Chi sostenne "Il lavoro nobilita l'uomo" disse la più grande idiozia mai pronunciata nella storia. Lavorare non è salutare per il fisico e neppure per l'animo, infatti, stare nello stesso luogo ogni giorno, con i problemi da risolvere ed il fiato sul collo per riuscirci al meglio, ci cambia nettamente l'umore, e a lungo andare: ci imbruttisce. E' risaputo ormai, che il lavoro giornaliero sia la causa principale dei malesseri dovuti allo stress, il che comporta disagi fisici come: gastrite, emicrania, labirintite e ansia. A volte capita che i malesseri si tramutino in qualcosa di più grave come il cancro. La stragrande maggioranza dei dipendenti svolge una mansione odiata, poco gratificante e mal pagata. Di tutte le persone che conosco, credo ce ne siano forse un paio, che non abbiano problemi a svolgerlo quotidianamente, perché per quanto ci si dedichi con dovizia, il riscontro ottenuto dal "nobilitato animo" è sempre inferiore, rispetto alla mole di lacrime e sangue versate. Coloro che no si lamentano sono degli eroi, o dei krumiri. Quando il lavoro svolto, è al contrario, ben retribuito e soddisfacente, c'è di contro, che si diventa totalmente schiavi di quello che viene fatto ogni giorno per almeno 55 anni di vita. (sempre che la si voglia ancora chiamarla così)
A tal proposito, mi è stata consegnata una poco gradita lettera di richiamo, che non mi aspettavo minimamente, da parte dell'azienda in cui lavoro.  Ho persino ricevuto l'obbligo di rispondere entro cinque giorni dalla ricezione della missiva; eccola:

                                                                                                                          
Spettabile Direzione Tal dei Tali

Con la presente, rispondo a quanto mi è stato contestato la sera del 16/05/2015 e la sera del 17/05/2015.

Innanzitutto, porgo le mie più sentite scuse per quanto è avvenuto nelle due sere sopraindicate, ma mi permetto di dissentire dal provvedimento scelto per comunicare gli errori da me commessi.

Nella serata del 16/05/2015 mi viene contestato di non aver gestito la comunicazione scritta da parte del cliente secondo le istruzioni fornitemi.
Ebbene, non posso affermare con certezza, che tale comunicazione sia avvenuta in maniera chiara e corretta o che non sia stata gestita direttamente dal sottoscritto.

Per quel che concerne la serata successiva, ho preso in carico e gestito la comunicazione, come al meglio ho creduto. La chiamata al reperibile sbagliato, è avvenuta per una scelta erronea di valutazione, in quanto, come accade per altre campagne, spesso il tecnico da chiamare si occupa di tutte le casistiche indicate a video. Nel contattare il tecnico, ho ritenuto di dovere soltanto chiudere un flusso di prova e non, di avvertite un tecnico specifico come il contenuto della mail suggeriva.

Sono alquanto dispiaciuto, che il cliente, in base ai miei errori, abbia espresso la volontà di recedere dal contratto. Sono altresì deluso dal mio operato, per aver leso l’immagine della prestigiosa azienda, ma ciò che è da biasimare maggiormente credo sia l’intera cattiva gestione della campagna in essere, risalente addirittura al mese di novembre. Lo conferma soprattutto, il rimedio grossolano fatto solo dopo che il  cliente avesse già ripetutamente manifestato la sua insoddisfazione dell’intero servizio offerto.

Da parte mia, penso e credo, di aver riposto l’attenzione dovuta, come abitualmente faccio per tutto il lavoro che svolgo in ufficio. Mi rincresce parecchio il richiamo ufficiale adottato da parte Vostra nei miei riguardi, nonché mi mortifica e crea in me un senso di disagio per le mansioni future.
Per ovviare a tale problema cercherò di riporre maggiore attenzione a tutto ciò che mi verrà assegnato, nel frattempo, porgo i miei saluti e rinnovo le mie scuse con la speranza che non accadano più fatti di questo tipo.
                                                                 
                                                                                              Cordialmente.
                                                                                                     MR.D. 

Sì, ho dovuto piegarmi, ma perché? Per quale motivo dobbiamo sempre ritenerci in dovere di porgere le scuse se non addirittura l'altra guancia? Non proveniamo mica da Nazareth! Almeno, io no.
Per il semplice motivo che ci tengono in pugno. Dispongono della nostra vita come se non fosse altro che un numero, e se va bene, lo cestinano per poi, giocare con la vita di qualcun altro.
Mi sono rotto di questo modo di concepire la vita sociale, di dover sempre rendere conto a qualcuno, che non sa nulla di me e di quello che faccio nella mia vita al di fuori dell'ufficio. Mi fa rabbia pensare che quello che sta sopra, in termini gerarchici, voglia fare le scarpe al sottoposto, solo per giustificare lo stipendio, è da sciacalli. 
Il lavoro fa male in tutti i sensi. 



                                                                  

sabato 16 maggio 2015

NON ESISTE UNA VERITA' VERA

Quante notizie si sentono alla radio o in TV, si leggono sui giornali o sul web e poi queste, vengono discusse, smentite, manipolate, rivalutate o addirittura negate, da altre fonti che effettuano ricerche diverse. In questo ginepraio di voci non c'è modo di capire quale sia la parola più giusta sulle altre, perché chiunque ha la possibilità di dare un proprio giudizio, di dire ciò che gli passa per la testa e inevitabilmente, si arriva poi ad un punto in cui tutti si ergono a scienziati, piuttosto che luminari o veri e propri maghi della sapienza. Non è possibile credere a tutto, ma nemmeno, non credere a nulla e quindi? Come si fa a venirne fuori? Bisognerebbe farsi una personale opinione su ciò che ci gira intorno, però quali testi hanno davvero l'autorevolezza giusta per affermare una tesi corretta, ma anche solo dare una notizia che non sia giostrata da mani sapienti della comunicazione?
Una volta (si parla degli inizi del nuovo millennio) si diceva, che i blog fossero dei luoghi in cui c'era la possibilità di informarsi in maniera imparziale perché non c'erano contaminazioni di alcun tipo, essendo questi, liberi e privi di interessi monetari e soprattutto, creati da molti giornalisti che hanno dissentito la varie politiche delle testate giornalistiche più importanti. Può darsi che le cose all'inizio fossero così, però poi, la volontà di scrivere un blog, si sia estesa a macchia d'olio, quindi, anche in questo caso, tutti (me compreso) hanno l'opportunità di dire qualsiasi cosa.
In passato, (quello che parte dall'antichità fino al secolo scorso) la cultura e l'informazione, erano in mano a poche persone, quindi si dava per vero ciò che veniva scritto sui libri, sulle enciclopedie e anche sui giornali, quando questi, sono approdati in società. Però non significa che fosse tutto vero quanto veniva scritto sulle "sacre scritture" perché poi, studi più recenti hanno in qualche modo aggiornato, se non addirittura negato, quello che una volta veniva considerato vero. E questo tipo di metodologia avviene ogni giorno, sugli argomenti più disparati. Un esempio:
Ieri mia moglie mi ha detto, di aver letto un articolo sul quale veniva elogiato l'alta proprietà genuina del pollo, quando fino a poco tempo fa, veniva demonizzato in quanto fosse pieno di ormoni. Oppure:
io ho letto su un sito, che la birra non fa ingrassare, anzi se ne consiglia un paio di lattine al giorno per l'uomo e una per la donna. Ma come? Il mio dietologo è stata la prima cosa che mi ha tolto!
C'è da dire che sull'alimentazione se ne sentono delle nuove ogni giorno.
Su tematiche importantissime, come quelle dei vaccini, c'è da diventare pazzi. Nessuno dà una linea sulla quale adeguarsi; non si può avere un'opinione a riguardo, o si è a favore, o si è contro. La via di mezzo sembra essere impossibile da seguire, in quanto entrambe le fazioni, assicurano di dire la verità, nel tentativo di dissipare ogni dubbio.
Per quel che concerne gli avvenimenti storici, c'è da sbizzarrirsi. Ci sono fatti studiati per anni sui libri, che ora vengono dichiarati falsi o mai accaduti, come lo sbarco sulla Luna, per dirne uno. Denunce di questo tipo, vengono fatte però da trasmissioni giornalistiche, che il più delle volte spingono al sensazionalismo, senza che ci siano delle prove concrete. Non si sa davvero a chi credere, come capita per quasi la totalità degli avvenimenti studiati.
Per citare Piero Pelù, "Tutta la storia è una grassa bugia" in effetti, non si hanno sempre le prove di tutto ciò che è accaduto realmente, perciò anche in questo caso, bisogna solo fidarsi. Anche perché se venisse fuori una nuova fonte che neghi alcuni avvenimenti, questa, sarebbe tacciata come l'ennesima eresia per screditare i fatti storici e, per noi mortali, finirebbe all'interno di un enorme calderone dove vengono spedite tutte le nuove realtà, il che significa: le prime verità sono dure a morire.
Ultimo elemento di questo breve elenco, lo chiude: la fotografia. Con l'invenzione di photoshop. ogni cosa la si spaccia per realtà, perché si sa, nulla è più eloquente di un'immagine. Però chi conosce lo strumento sa anche come smascherarlo, quindi, scene immortalate che assicurano la loro veridicità, spesso sono etichettate come: fake. L'esempio a riguardo, sono gli avvistamenti degli ufo e le foto che li riprendono in volo. Non è detto che tra queste ce ne siano di vere, ma quale sarà?
Tutto è vero e tutto è falso, ma cosa è più vero e cosa è più falso? La risposta ce la potrà fornire soltanto... il nostro buon senso.

venerdì 15 maggio 2015

VITA S-PIRLA-COLATA

Ci sono momenti in cui non capisco bene, se le mie gesta possano definirsi epiche, al pari di un valoroso eroe, oppure, azioni sconsiderate compiute da un povero pirla. Il passo è breve per entrambe le sezioni, in quanto, gli eroi fondamentalmente hanno dentro quel briciolo di pazzia che li spinge ad affrontare la vita in modo anticonvenzionale. Al tempo stesso, anche i pirla vivono sotto il vessillo dell'eroismo, poiché, per quanto siano bizzarre le loro imprese, spesso ne vengono fuori come dei vincenti; al meno credo.
Ebbene, l'avventura capitatami ieri, la si può osservare da tutti e due i punti di vista.
La sfiga non mi abbandona mai quando si tratta di bicicletta e ieri, il fato avverso, ha dato il meglio di sé.
Dopo aver finito di lavorare, avevo tutta l'intenzione di riparare la mia bici -EROE-.
Ho smontato la ruota, tolto il copertone ed individuato il foro, in men che non si dica -EROE-
Dallo zaino ho tirato fuori la camera d'aria nuova. Peccato che questa fosse adatta per le ruote della bici di mia figlia, ovviamente, dalla scatola non me ne sono accorto -PIRLA-
Non mi sono perso d'animo e ho rimesso tutto esattamente come prima di metterci le mani -EROE-
Ma purtroppo la fretta è cattiva consigliera, quindi, credo di aver commesso qualche errorino per riuscire a montarla in tempo per tornare a casa ad un orario decente. La dannata ruota non ha voluto entrare nelle forcelle -PIRLA-
Sono dovuto salire in ufficio per darmi una lavata alle mani, dato che erano nere come la pece, e nel tentativo di farle divenire quasi pulite, ci ho messo più del dovuto -PIRLA-
L' ATM non mi è stata amica in quella circostanza, visto che all'una passata, di mezzi in giro non ce n'erano nemmeno a pagarli oro. -PIRLA, ma l'ATM, non io-
Mi sono armato di pazienza ed ho ordinato alle mie gambe di non fermarsi, se non dopo dieci chilometri; la distanza che intercorre tra l'ufficio e casa mia, appunto. Così è stato, ho camminato per un'ora e mezza senza interrompere la lunga traversata -EROE-
Mentre mi facevo a fette tutta Milano, mia moglie si è svegliata nel cuore della notte, non trovandomi nel letto accanto a lei e ha cominciato a chiedermi dove fossi. Le ho spiegato la situazione e lei mi ha dato del -PIRLA-
E' stata lunga e faticosa la camminata notturna, però comunque non è stata affatto male, anzi direi addirittura divertente.
Per quel che concerne la sfida tra  EROE vs PIRLA si è raggiunto un ex aequo 4 contro 4 (no si è tenuto conto dell'ATM) quindi, si può dedurre che tutti gli eroi sono dei pirla e tutti i pirla sono degli eroi. Sarà veramente così?


mercoledì 13 maggio 2015

QUANDO LA SFIGA SI AGGIRA SU DUE RUOTE -12

In effetti era da un po' che non scrivevo un post con questo titolo, come per dire, la sfiga mi ha graziato per un periodo di tempo relativamente lungo. Certo poi, quando ci si mette, tutta l'immunità ottenuta si polverizza in un istante.
La dinamica è sempre la stessa: recarmi a lavoro. Questa volta a beffarmi, non è stata una foratura improvvisa ad aver reso inutilizzabile il mio mezzo, anzi, credevo fosse soltanto sgonfia.
Si sa, che la fretta è cattiva consigliera, ma nonostante questa ovvietà, sono andato a cercare la pompa, quella bella, che avevo a casa, due minuti prima di uscire. Come da copione, non l'ho trovata. Perciò sono fuggito di casa, per andarne a comprare una di ripiego, scongiurando così, una totale bucatura della gomma, in vista di un tragitto non proprio corto.
Compro la pompa, mi metto a gonfiare e riparto in tutta fretta. Nel tragitto sentivo la camera d'aria che faceva le bizze, ma una volta arrivato a lavoro, ho lasciato la bici nel parcheggio e ho iniziato il turno. Una volta terminato il mio servizio lavorativo, ho creduto fosse utile dare un'altra gonfiatina alla ruota per evitare di farmi tutta la strada affaticandomi come un mulo sulle stradine di Capri. Nel gonfiaggio, ho messo forse un po' troppa forza e, per riuscire a dimezzare i tempi, ho iniziato a dare delle grosse mandate senza pensare alle conseguenze. E' bastato solo quel briciolo di forza erculea in più, che contraddistingue la mia persona, per riuscire a distruggere la pompa e, conseguentemente anche la ruota si è poi sgonfiata del tutto. Ho imprecato, giustamente.
Non l'ho poi tirata troppo per le lunghe, ho legato la bici e sono tornato a casa con i mezzi. L'indomani, finalmente sono riuscito a trovare la pompa maledetta, artefice di tutto il mio disagio e la porto a lavoro con la bici di mia moglie. Gonfiata la ruota posteriore, rimasta a terra per tutta la notte, a fine turno la ritrovo a terra, risultato: bucata.
Oggi mi sono armato di uno spray riparatore di fori, ma anche di tutta l'attrezzatura giusta per sostituire la camera d'aria, qualora non funzionasse lo spray. Detto, fatto; questo prodotto non è adatto per la valvola della mia ruota, perciò, devo armarmi di pazienza e sostituire quanto non è più utile al movimento, altrimenti mi devo fare una scarpinata per prendere i mezzi e arrivare a notte fonda a casa; anche no.
Anche questa volta la sfiga ha avuto la meglio su di me.





martedì 12 maggio 2015

E SONO TRE

Tre è il numero perfetto, a quanto pare. Ho tre figli perfetti e lo dico con tutto l'orgoglio che possiedo. Oggi il piccolino di casa compie tre mesi, anche se con la varicella purtroppo. Tanti auguri campione!
A parte la valenza cristiana del numero primo in oggetto, il terzo dell'elenco numerico, ha un che di speciale rispetto a tutti gli altri.
Potrei dire che un terzetto di persone, sia la sintesi esatta della democrazia, cioè, bastano due voti uguali, che l'altro si deve per forza di cose adeguare.
Se ci penso bene, conosco un sacco di persone che hanno tre figli oltre a me; mia moglie eheheh, nel senso che mia moglie è la terza di due sorelle. Le nipoti di mia moglie sono in tre. Anche alcune delle mie cugine sono tre di fila. Una mia vecchia compagna di classe era la terza di altre due femminucce, poi vediamo...un sacco di personaggi dello spettacolo sono un trio, come:
TRETTRE. (trio comico napoletano degli anni '80)
Ricchi e Poveri.- (anche se in principio erano in quattro)
Aldo Giovanni e Giacomo, qui non c'è nulla da aggiungere.
Trio Drombo (fantastico trio del cartoon Yattaman)
Trio Medusa, come dimenticarlo.
E poi, dovrei scriverne altri tre o trentratre, o trecentotrentatre...


lunedì 11 maggio 2015

CARO AMICO TI SCHIVO

Si è sempre sostenuto che l'amicizia fosse un sentimento nobile, da coltivare il più possibile fino ad arrivare al cuore stesso di ciò che spinge due individui a stare vicini, condividendo gioie e dolori.
E' quell'elemento che rende complici due o più persone, è ciò che crea un'identità in un gruppo, è la scoperta di certe affinità e degli interessi comuni.
Avere un amico, vuol dire avere qualcuno al proprio fianco di simile, pronto a soccorrere e sostenere in ogni occasione. Significa avere una persona che capisce senza chiedere, che appoggia senza giudicare.
Ma è davvero cosi?
Nel senso, quante persone si posso dire davvero amiche l'una con l'altra?
Non credo siano poi molte.

Oggi a pranzo mia figlia mi ha chiesto, quale fosse la mia migliore amica. Io le ho risposto:
"La mamma."
Lei, sulle prime mi ha detto:
"Ma no, papà. La mamma è tua moglie."
"Si è vero, ma è anche la mia migliore amica." Ho ribadito.
A quel punto mia figlia ha accettato la mia risposta senza controbattere.

Nel mio passato, non ho sempre avuto con me mia moglie, magari! Ho incontrato persone che ho reputato fossero amiche per molto tempo, poi, quando avevo il bisogno di sentire delle voci amiche, appunto; queste hanno tardato parecchio, o non sono mai arrivate. Perché?
Credo fondamentalmente che l'amicizia sia un sentimento di comodo, opportunistico, di convenienza. Come sostiene "un'amica" di mia moglie nel dire che gli amici sono come le scarpe, cioè vanno bene finché sono nuove e comode, poi dopo se ne cerca delle altre.
Non ha tutti i torti.
Personalmente mi sono sempre fatto in quattro per gli amici, ovvero, ho dato la mia piena disponibilità qualora avessero bisogno di parlare; di un aiuto prettamente pratico, o anche solo una presenza che consolasse in un momento buio. Tanti dei miei amici hanno pianto sulla mia spalla, dopo una sbronza sonora, struggendosi per la fine di una relazione. Ne ho sentiti di monologhi di amici in preda alle crisi adolescenziali, oppure in lite con la propria famiglia. Li ho sorretti quando erano in cerca di loro stessi, mettendoli in guardia quando sospettavo ci fossero dei pericoli nascosti. Sono sempre stato pronto a dare il mio parere qualora il mio amico/a me lo chiedevano e al tempo stesso, sono rimasto in silenzio nel momento in cui questi, non sentivano nessun tipo di ragione. Ho bevuto insieme all'amico fino a tarda notte e fumato, fino a che non ci preoccupavamo di perdere i sensi. Ho accompagnato anche amiche sotto casa del ragazzo di cui erano innamorate, sperando che si accorgessero di loro, standomene da parte. Sono stato complice di intrighi senza senso, solo per il gusto di farci delle sane risate. Ho difeso delle amiche dai molestatori e ne ho accompagnato a casa altre, che distavano da casa mia chilometri e chilometri. Per dirla in breve, penso di essere stato un buon amico un po' per tutti, eppure, ad oggi, non ho nessuno affianco a me di tutti quei vecchi amici.
Mi vedo con pochissimi della vecchia compagnia e non mi sento nemmeno più con personaggi che credevo fossero vicine a me, tanto quanto io sono stato con loro. Quasi tutti i miei vecchi amici si sono dileguati, solo perché le nostre strade si sono divise, anche se un vero amico ti cerca se sente il bisogno di verti.
E' vero che io sono stato il primo in assoluto ad avere una famiglia, perciò, le dinamiche che mi accomunavano a certe persone, non erano più simili come agli inizi. Mi sono estraniato completamente dalle avventure notturne e da tutte quelle situazioni goliardiche negli orari improponibili. Ho dovuto pensare diversamente e mantenere le mie responsabilità, evitando di commettere dei vizi di forma, con colei che all'inizio, non era ancora mia moglie, però era già la madre di mia figlia.
A ben vedere forse, ciò che mi univa a certe persone, non era poi un'amicizia vera e propria, ma solo uno sfrenato divertimento, anche se ribadisco, ho sempre dato la mia completa disponibilità a chiunque avesse bisogno di me.
Da qualche tempo mi sono legato di più ad un amico di vecchia data, nel momento in cui anche lui come me, ha costruito una sua famiglia e per questo, ci unisce una condotta abbastanza similare. Ci sentiamo, usciamo con le nostre famiglie, ci teniamo aggiornati e ci impegniamo a mantenere una certa continuità nella nostra amicizia. Con tutti gli altri, i legami si sono rotti, spezzati, scomparsi, in verità, senza un motivo concreto.
C'è gente che nonostante sia diventata genitore, ha mantenuto saldo il rapporto con i vecchi amici, anzi, sarebbe più corretto dire, che necessita dell'uscita con l'amico/a per distrarsi dalla vita familiare, quasi fosse un dovere, creare una dimensione alternativa alla solita routine.
Io invece, quando capita quelle rarissime volte che esco da solo con i miei vecchi amici, mi sento un estraneo, non mi sento a mio agio e neppure al mio posto. Sarà perché il rapporto più sincero dell'amicizia è l'amore, quello dei figli, quello della moglie e non c'è nessun amico o amica che possa reggere il confronto con entità di un tale calibro.
L'amicizia è qualcosa di passeggero, di fugace, legata ad un incontro. determinata da una situazione precisa. L'amicizia che dura tutta la vita mi sembra un'utopia, forse perché si sente il bisogno di aggrappasi ad un'idea romantica, però è difficile che si concretizzi per davvero.
Sono pronto a ricredermi qualora venisse un amico a dirmi il contrario, nel frattempo mi tengo stretto il mio legame più grande: la mia famiglia.



sabato 9 maggio 2015

LA NEFASTA FESTA DI COMPLEANNO

L'altro ieri è stato il compleanno del mio secondo figlio, per lui, il momento più speciale dell'anno, in quanto, protagonista assoluto della celebrazione da festeggiare.
I sei anni sono un traguardo importante per un bambino, poiché segna il passaggio dall'età prescolare, alla futura scuola dell'obbligo. Per questo motivo avremmo voluto fare una festa adeguata alla carica d'importanza dell'anno compiuto, ma ciò che è successo, è stato ben lontano dalle aspettative.
Il primo intoppo che ha rovinato il piano, è stato causato dal suo migliore amico, rinunciando di partecipare alla festa, una volta raggiunta casa nostra. Lì per lì mio figlio non ha accusato il colpo, dato che l'interesse maggiore era indirizzato verso la sua piccola fiamma; raggiunta con l'invito dopo mille peripezie eseguite da mia moglie. Ma proprio intorno alla piccola invitata, si è sviluppato il dramma più grande della giovane vita del mio piccolino. La prima mezz'ora è andato quasi tutto per il meglio tra i due, poi dopo lo spegnimento delle candeline, ho visto la bambina, giocare assiduamente, con mia figlia, la più grande. E' abbastanza comprensibile che le femminucce stiano insieme, soprattutto, quando giungono in casa degli aggeggi fai-da-te per costruire dei braccialetti di Frozen, (regalati a mia figlia dal "trio Drombo" casomai invidiasse il fratello nel giorno del suo compleanno). Certo, il festeggiato era mio figlio, perciò, almeno per educazione, avrebbe dovuto passare il pomeriggio, includendolo nel gioco, eppure, sembra che la cosa non le sia passata nemmeno per l'anticamera del cervello. Mio figlio, in tutta risposta, dopo aver ricevuto questo colpo in petto, si è nascosto sotto il letto e non ha più partecipato a nessuna attività ludica. Prima di andare a dormire poi, ha pianto un fiume di lacrime perché la sua amichetta l'ha snobbato, ignorandolo completamente per tutto il pomeriggio. Ha tenuto perfino a precisare, quanto fosse stato poco divertente stare con lui. Ovvio; gli ha spezzato il cuore. Cattiva!
Gli altri invitati alla festa erano una coppia mal assortita di fratelli. Il più grande è un compagno di classe di mia figlia, l'altro è un compagno di asilo del festeggiato. Il quesito che è nato spontaneamente tra me e mia moglie, verte sulla scelta di questi due personaggi strani, come invitati alla festa, dato che non li abbiamo mai frequentati così spesso da diventare amici. Stiamo ancora chiedendoci come mai proprio loro, e non altri più simpatici.
Per tutta la durata della festa, il maggiore dei due, si è concentrato esclusivamente sul mio terzo figlio, di neppure tre mesi. L'ha abbracciato, tenuto in braccio, sbaciucchiato e tartassato l'anima ininterrottamente, quasi in maniera morbosa. Non nego di essermi preoccupato un po' per questa sua mania viscerale. Il minore invece, è stato letteralmente una peste. Quando ha individuato delle spade di plastica, non ha perso un secondo per menarmi con quelle, finché non gliele ho tolto dalle mani prima che qualcuno si potesse fare male sul serio.
Mi sono detto, prima che li defenestrassi:
"Va bé sono solo dei bambini."
Il fulcro della situazione surreale della giornata dedicata a mio figlio, l'ha resa incredibilmente reale, la mamma di questi due piccoli individui.
Quando si dice che le mele non cadono mai lontane dall'albero, un motivo c'è. Ebbene, l'ho scoperto sulla mia pelle. (anche se fino all'ultimo ho sperato fosse solo un incubo)
La donna, se così può identificare, è la cosa più vicina alla follia che mai abbia avuto la sciagura di conoscere. Nelle fugaci occasioni, fatte di piccoli scambi di parole tenute la mattina davanti alla scuola, qualche sentore l'ho anche avuto. Standoci a stretto contatto per più di due ore, ne ho avuto la conferma: è pazza! Non c'è alcun dubbio,
Prima di tutto: le persone dovrebbero capire quando devono stare a loro posto e non intralciare le delicate regole di una famiglia, perché spesso, non sono gradite intrusioni. La cara signora, ha invaso il nostro focolare domestico, facendo tutto ciò che voleva con il nostro piccolino; cosa assolutamente da evitare in ogni caso, per di più, con un neonato che manifesta il suo disappunto appena gli si poggia sopra lo sguardo.
Non bisognerebbe caldeggiare l'abbraccio o peggio, la tenuta in braccio di un bambino appena nato, tra le inesperte braccia di un altro bambino sudato come uno svedese in una sauna.
Poi; i regali. Certo, basta il pensiero e non si bada al contenuto; ok, però è risaputo che non si regalano oggetti come il didò e/o polverine per braccialetti, essendo questi, l'incubo per ogni genitore che pulisce casa, a maggior ragione quando vi è, appunto, un neonato.
Altra cosa; nell'età della fanciullezza, non si insinua in un minore, l'idea di instaurare dei rapporti tra coetanei, come se fossero quelli degli adulti, denominando le parti come: "il fidanzato" o "la fidanzata", perché è precoce e i bambini non capiscono il motivo per il quale, se c'è un'amicizia spontanea, debba essere vista come un amore già consolidato e proiettato nel futuro.
Non si parla dei propri soldi, né si chiede cose relative alla pecunia, in quanto è una bassezza poco elegante. Non si parla neppure delle dispute familiari e ciò che avviene all'interno delle mura domestiche, specialmente se sono imbarazzanti, per chi ascolta.
Io non voglio fare lo snob, però bisogna sapersi porre con le persone, perché non tutti sono simili nei modi e neppure con le linee di pensiero; è una piccola e semplice regola, ma che può salvare un rapporto tra persone costrette a vedersi ogni giorno.
La festa di mio figlio è stata un fiasco totale. Non è stato contento per niente e a noi, è dispiaciuto un sacco. Al di là dell'assurdo trio, chi gli ha dato il ricordo peggiore che si porterà dietro per tutta la vita, è stata la piccola e infingarda invitata. Attenzione, mio figlio non l'ha mai concepita come la sua "fidanzatina" guai a farlo, voleva solo averla come amica, e lei, l'ha rifiutato come un volantino non gradito.
Mi spiace che abbia dovuto apprendere una grossa lezione di vita, proprio nel giorno della celebrazione della sua nascita, ma gli insegnamenti arrivano quando meno si aspettano.
Un'altra lezione che invece abbiamo appreso mia moglie ed io, è quella di non fare più feste di compleanno in casa; provare per credere.
P:S. alle 22.00 di questa giornata da dimenticare, al mio terzogenito gli è venuta pure la varicella. Ma che giornata sfigata...


lunedì 4 maggio 2015

AD UN CERTO PUNTO BISOGNA SAPER DIRE ADDIO

Ho un passato da libertino estremo, godereccio eccessivo, da nottambulo viveur e alcolista incallito; per non parlare poi, della mia affezione alla filosofia dello sballo, data da sostanze più o meno legali.
Durante la mia gioventù da scapestrato, ho portato avanti questi capi saldi di decadente baldoria con una certa costanza, tanto da durare parecchio nel tempo e credere che sarebbero arrivati fino alla fine dei miei giorni. Ho sempre sostenuto, che la vita fatta di eccessi fosse quella che più mi si confaceva, proprio perché non ho mai interpretato lo sballo come un limite o come un problema, nel senso che, non ho dato nessuna attribuzione al mio stato di eccitazione/ebbrezza/relax/torpore a qualcosa riconducibile ad un disagio interiore. Ho fatto quel che ho fatto, per un semplice motivo: il piacere di farlo.
Adoravo andare in giro di notte con la testa in preda a misteriosi vortici, che rendevano i miei tragitti decisamente ondulati o poco stabili. L'alcol aveva la capacità di farmi abbandonare le dure regole sociali e rendermi molto più loquace e spigliato in mezzo alla gente. Non mi dava alcun freno inibitorio e grazie alla magia etilica, ho trascorso delle belle serate in compagnia di facili emozioni.
Quando mi accorgevo di aver bevuto troppo, allora cercavo di rimettermi in sesto con qualche "sigaretta condita", che di fatto non diminuiva l'effetto, però mi faceva fluttuare nell'aria con un sorriso stampato in faccia, qualunque fosse la situazione intorno a me. Sulla questione fumogena del mio passato, ho dato molto in termini di conoscenza della materia, cercando di approfondirla tanto anche in solitaria e non solo con gli amici. Avevo una bella media di joint consumati al giorno, partendo in tarda mattinata e finendola la mattina del giorno dopo, arrivando a più di una dozzina di manufatti erboristici aspirati in 16/18 ore. Ogni occasione era buona per aver tra le mani un joint e la faccenda mi piaceva parecchio, soprattutto se ci univo anche la musica come sottofondo. Amavo liberare la mente dalla realtà circostante, per poi partire con i classici viaggioni epici che mi portavano laddove, non sarei mai riuscito ad arrivare con la mente sana. In quel periodo non mi rendevo conto per davvero del cose che mi succedevano, ero in una specie di sogno infinito in cui la percezione della verità era alterata o drasticamente rallentata. Tutto quello che sentivo, vedevo o toccavo era evanescente, senza spessore. Nulla mi restava in testa per un tempo utile al ricordo futuro; era come se in realtà non esistesse nulla e per questo, niente di ciò che facevo, portasse dietro di sé una colpa, qualora fosse presente. Semplicemente, era fantasia, fantascienza a volte persino un incubo.
Non tutto però è stato concepito dal mio cervello come una festa, o come un sogno. Qualche volta è capitato anche di essere stato fagocitato dai pensieri, quelli brutti; in cui i danni si moltiplicavano se ero sotto qualche effetto strano. Da che mi ricordi, ho nutrito spesso un certo senso di ansia, come un'angoscia latente, dovuta alla paura di perdere il mio tempo o di essere io stesso una perdita di tempo. Ho cercato di avere delle risposte da me stesso, quando però non ero in condizione di darne e la cosa mi faceva cadere dentro un precipizio senza fine. Ribadisco che non ho mai avuto dei problemi seri, né con la mia famiglia e né con qualcun altro, ho sempre vissuto una gioventù felice, però affetto ogni tanto, da una leggera depressione data forse dalla noia.
Quando vedevo all'epoca, delle persone più grandi di me che si limitavano nella vita notturna, e di conseguenza nell'alcol o nelle droghe leggere, ai miei occhi apparivano come degli schiavi a cui veniva negato lo sballo per una costrizione sociale; esseri incapaci di dire no ai doveri e piegati dalla moralità; noiosi, e poco eccitanti: dei morti in piedi. Per anni ho avuto paura di finire dentro una gabbia di regole e dovermi alzare ogni mattina, seguendo come una pecora, il sistema capitalistico ed abbandonare la vita da pseudo artistoide, che mi ero creato soltanto nella mia testa. Per quanto la mia vita da giovane, qualche volta poteva procurami delle riflessioni pericolose, era comunque meglio che finire a fare il bravo lavoratore oppure il maritino fedele o addirittura il padre di famiglia. Ero giovane e all'oscuro riguardo alla vera gioia della vita.
Fra non molto saranno passati dieci anni da quando vivevo senza regole, posso dire di essere maturato molto nel frattempo. Ho una famiglia meravigliosa dalla quale non posso separarmi nemmeno con il pensiero, per questo motivo ho smesso con quelle vecchie abitudini da scapestrato-nullafacente-sbandato, che potrebbero distogliere l'attenzione sugli individui più importanti della mia vita. Ogni tanto c'è chi mi offre di riproporre uno scenario passato, rifacendo esattamente ciò che veniva fatto una volta, senza pensare alle conseguenze; ma io ci penso eccome. Se sono in giro con i miei bambini, non tollero di perdere il controllo perché ho esagerato con qualcosa di poco lecito. Se sono da solo e ho l'occasione di bere e di fumare, penso a chi mi aspetta a casa e non sarebbe felice di sapermi ebbro o strafatto, se sono in procinto di arrivare a lavoro e potermi ritagliare del tempo per una cannetta, penso che non potrei dare il massimo e per questo venire penalizzato, o combinare qualche casino. No, no, ora ho delle responsabilità, il tempo per quello c'è stato, e tutto sommato sono contento di averlo fatto, ora non potrei rifarlo uguale, ma non perché sono un altro schiavo sociale, bensì perché è meglio vivere ogni momento con le persone che amo con la dovuta lucidità, piuttosto che rincorrere qualche vizio giovanile, apparendo come un fattone nostalgico agli occhi dei ragazzini di oggi, o peggio, un pessimo padre per i miei figli.


sabato 2 maggio 2015

THE DAY AFTER

Come era prevedibile, ieri sono avvenuti gli scontri da guerriglia urbana per manifestare contro l'Expo. Ho visionato le immagini sul web e non mi sono stupito per niente di vedere cosa accade durante i cortei a cui partecipano i famigerati Black Bloc. Quello che però fatico a capire è: cosa credono di ottenere con quel tipo di azioni?
Manifestare è giusto, anzi, è sacrosanto, in vita mia ho partecipato molte volte al diritto di opposizione, ma mai mi avrei pensato di vandalizzare o distruggere auto, negozi, vetrine, cassonetti e tutto quel che può servire a creare caos in città. Ma non perché sono uno stinco di santo, ma perché ai fini della protesta non serve a nulla. E' chiaro che se distruggono i beni intorno al corteo, l'opinione pubblica si focalizza solo sui danni e non sull'obiettivo della manifestazione, quindi poi è facile accomunare il resto dei partecipanti, come un'invasione di teppisti. Credo che però, a questa gente, non importi nulla né dello spirito della protesta, né di passare per teppisti, dato che sono esattamente quello che sono e colgono l'occasione di fare gravi danneggiamenti in giro, perché non hanno nulla di meglio da fare.
Va bhe non voglio fare il moralista o dei discorsi retorici, perciò la finisco qui dicendo:
Protestate, protestate e protestate! Come sosteneva il mitico Bivona, però prima con il cervello e poi con il cuore.


venerdì 1 maggio 2015

MILANO INTERNAZIONALE

Quando ho vissuto per due anni al mare si parlava già di Expo a Milano, questo accadeva nel 2007. In quel periodo credevo di non poterne far parte, in quanto la mia dimora non era più meneghina, perciò mi sentivo escluso dalla crescita della mia città. Due anni dopo ho fatto ritorno a casa e me ne sono quasi dimenticato. Si certo, se ne parlava spesso dei disagi che avrebbe procurato l'invasione della gente di tutto il mondo, dei cantieri che avrebbero spaccato la città e tutto quel vociare su cose che ancora non si sapevano sull'evento, ma era ancora tutto così lontano. Di fatto però, nel corso degli anni, ciò che è stato eseguito per dare vita all'Expo, non ha ostacolato la mia vita quotidiana in modo significativo, non mi ha procurato fastidi enormi, posso anche sostenere che l'evento in sé, sia passato un po' in sordina, da parte mia.
Non sembra vero, ma domani sarà il giorno di apertura della grande manifestazione tanto attesa e tanto discussa. Capita in un giorno, il 1° maggio, che ha dietro una storia particolarmente rossa, quindi un evento mondiale, suscita sempre del malcontento in certe frange, di conseguenza sono previste, oltre alla tipica manifestazione del primo maggio, anche altri cortei NoExpo, più il concerto in Piazza Duomo. Questo per dire che domani la mia città, sarà congestionata in ogni via e si temono scontri e focolai di gente pronta allo scontro. La cosa non è molto rassicurante e nemmeno evitabile, dato che prima in sala prove, ho sentito persone che si preparano alla lotta, a prescindere dall'esito che avrà la sommossa prevista. Credo che questo tipo di azioni non portano davvero da nessuna parte, anzi, creano solo delle grosse incomprensioni e danni a gente che nel circuito delle grandi opere, non centra niente.
Va bhé l'Expo inizia domani e finirà tra sei mesi, vedremo cosa porterà questo super evento e quanto la mia città ne verrà beneficiata o contrario, penalizzata.
Io spero di fare un salto comunque.


COME UN ANNO FA

 L'anno scorso siamo rimasti rinchiusi per mesi a causa di un virus letale, sconosciuto e altamente aggressivo, dopo un anno siamo ancor...