sabato 28 settembre 2013

LA FAMIGERATA DOMENICA ALL'IKEA.

Non c'è da vergognarsi, non ci si può nascondere dietro un dito (o ad una mensola), bisogna prendere il coraggio a due mani e dichiarare al mondo intero che, andare all'Ikea è un supplizio inutile. Allora precisiamo: siamo in tempo di crisi, la gente fa fatica ad arrivare a fine mese, taglia sulla spesa evitando di comprare le cose più costose, non si riesce a fare cose tipo le ferie ecc...Allora com'è possibile che il colosso svedese sia sempre pieno?! Già dal parcheggio si palesa la marea di gente che popola il centro commerciale. Code chilometriche di auto in cerca di un posteggio, in roda come gli avvoltoi. Personalmente mi avvilisco ad assistere ad un tale spreco di energie.
Ok una volta che si è trovato quel posto tanto sperato, bisogna entrare e da lì inizia l'odissea. Io ho formulato due teorie per giustificare il numero spropositato di clienti.
1- Varcata la soglia dell'entrata, ci sono alcuni fattori chimici che al contatto con il corpo umano, questo per una questione di osmosi si duplica, facendo raddoppiare il numero dei clienti presenti, sfalsando il numero stimato dal parcheggio.
2- All'interno dei mobili posti nelle varie zone, si nascondo delle comparse che, dopo un segnale codificato tipo morse, escono per far sembrare il magazzino ancora più popolato del dovuto.
Tutti gli angoli, gli anfratti, i pertugi sono pieni di gente. Quello che si aggira tra i divani, specchi e quant'altro è un popolo di zombie che vaga senza meta per trovare un cervello sano da infettare, con il bisogno indotto di comprare anche il più piccolo suppellettile per soddisfare la volontà di spendere soldi.
Nel momento in cui vengo trascinato dalla fiumana di persone, letteralmente sospinto dalla mandria di buoi dietro di me, mi accorgo delle tipologie di persone che entrano sconfortati insieme ai vai partner. Quelli a cui va tutta la mia solidarietà sono i mariti. Basta vederli. Sono tipo dei palloncini legati ad una ringhiera, sospinti dal fiato sprecato delle mogli nel convincerli dell'utilità del mobile sotto esame. Poveri loro. Poi ci sono quelli che si improvvisano architetti. Prendono le misure, segnano tutto sul foglietto con il metro allegato, si cimentano in intuizioni geometriche-architettoniche-ingegneristiche di una realtà parallela, e arrivano alla fine della giornata sfiniti ma soddisfatti. Non è finita, ci sono anche i bambini. Attese interminabili per riuscire ad entrare nell'area dedicata a loro, patendo la noia e subendo la crescita del proprio organismo. Quando si prenotano per entrare hanno un età, arrivati al turno che spetta per accedere, sono divenuti oramai maggiorenni. Anche a queste piccole creature va tutto il mio rispetto. Dopo varie ore passate a girovagare ubriacati dall'odore del legno, si arriva finalmente alle casse. Incredibile, quelli che stavano prima a penzolare sfiniti dall'incursione nel mobilificio, si manifestano esattamente davanti alle casse, con lo stesso ordine con il quale si è proceduti per arrivarci. Uno poi cosa deve fare? O si chiude a riccio senza proferire verbo aspettando che l'agonia finisca il più in fretta possibile, o poi messo alle strette, riesce perfino ad instaurare delle amicizie con coloro i quali hanno subito lo stesso trattamento domenicale. E' possibile magri trovare l'anima gemella, far nascere dei grandi amori tra gli scaffali. Però poi una volta uniti nel vincolo del matrimonio, si ritrovano da sposati a passare la domenica all'Ikea. Tutto è già scritto, ma in svedese, occhio.

mercoledì 25 settembre 2013

DIFENDO I MIEI FIGLI DA MARIA DE FILIPPI & CO.

Un passo decisivo effettuato con consapevolezza, giudizio e anche un po' di superbia. In casa mia abbiamo tolto definitivamente la TV. Non si guarda nessun programma, nessun cartone, nemmeno i film in dvd., che ci possano colpire lasciando segni indelebili nei nostri cervelli. Questa scelta è stata determinante per i miei figli, sono come purificati. Prima di togliere il televisore, per due settimane abbiamo fatto la prova di evitare di accenderlo a qualsiasi costo. Il risultato è stato così soddisfacente da ritenere una cosa naturale non avere più in casa quell'aggeggio infernale. Il cambiamento si sente e lo si vede con gli occhi. In casa regna la tranquillità, si gioca di continuo e in maniera semplice e spontanea, poi è aumentata la curiosità per ciò che riguarda i libri. I miei figli sono diventati più dinamici e meno passivi. Si rapportano tra di loro in un modo molto meno violento, sia verbalmente che fisicamente. Fanno lavorare la fantasia praticamente tutto il giorno, non si stancano mai e noi genitori siamo pienamente soddisfatti ed orgogliosi della nostra scelta (il merito a onor del vero, va a mia moglie che ha avuto la brillante idea). A primo acchito potrebbe sembrare una scelta drastica, estrema, fin troppo radicale però è solo questione di abitudine. In verità chi in casa vedeva di più la TV era il sottoscritto (una sola ora al giorno a pranzo) ora riempio quell'ora ascoltando la musica o leggendo. Devo dire di anche che, da quando abbiamo tolto di mezzo il tubo catodico, ho quasi finito il libro che facevo fatica a leggere per la mancanza di tempo. Invito tutti a provare, si fa in fretta ad abituarsi. Quello che tutti mi hanno detto è stato. "Ma poi i tuoi figli non si sentono esclusi?" Meglio esclusi che deficienti, rispondo io.

mercoledì 18 settembre 2013

L'ULTIMA ZUPPA

Era seduto al tavolo con un cucchiaio di legno ed una ciotola piena di zuppa di miso che gli ribolliva sotto il naso. Intorno a lui, consumavano rumorosamente il sushi dello Shokunin Yamanoshi quattro persone vistosamente ebbre di sake. Uno di quei quattro alzò lo sguardo e vide la zuppa fumante, il volto sovrastante dell'uomo immobile ed il cucchiaio di legno ancora fermo dove era stato portato all'inizio del pranzo dalla cameriera Midorichan. L'ubriaco smise di ridere con i suoi compari per osservare l'uomo. Non aveva nulla di particolare, un uomo come tanti, un impiegato, una persona anonima. 
L'ubriaco chiese. "Non ti piace? Perché non mangi?"
L'uomo immobile rimase tale.
"Yamanoshisan, non gli piace la tua zuppa."
Gli altri commensali risero cogliendo un'altra occasione per farlo. 
Al tavolo dei quattro ubriachi, arrivarono altre due bottiglie di sake, precedentemente ordinate a Midorichan, dimenticandosi del curioso personaggio per dedicarsi all'esalazione dell'alcol. L'uomo prese il cucchiaio, lo avvicinò alla superficie del brodo e fece entrare soltanto una quantità esigua nella incurvatura della posata. Avrebbe sfamato giusto una mosca con quella dose. 
"Allora ti sei deciso."Urlò l'ubriaco.  Le risate si aggiunsero come un coro di cornacchie dietro le sue spalle ingrigite dal sudore.
I movimenti per portare la zuppa alla bocca furono talmente lenti che, nel fissare compiere il gesto all'ubriaco si intrecciarono gli occhi.  Non emise alcun rumore nel bere quella goccia esigua di brodo, e quando questo entrò nella bocca anche tutto il resto intorno a lui, terminò di produrre ogni suono. Tutto si fermò. Le persone nel ristorante vennero bloccate nell'azione che stavano per compiere. Immobili, raggelate, statuarie. L'uomo continuò a sfamarsi senza curarsi dell'immobilità del tempo. L'ubriaco invece si rese conto della situazione quasi immediatamente, ma ne rimase affascinato ed incuriosito continuò ad ammirare l'uomo nell'atto di cibarsi. Finita la zuppa di miso, il volto dell'uomo si irradiò di una luce calda e potente da rischiarire ogni angolo del ristorante. L'ubriaco si coprì il volto investito completamente dalla fonte di luce. Quando riaprì gli occhi, l'uomo luccicante sparì inseme al bagliore. L'ubriaco si alzò, guardò il posto dell'uomo sparito e la ciotola con ancora un dito di zuppa dentro. L'ubriaco incuriosito afferrò la ciotola ed in una sola sorsata trangugiò tutto in un colpo il contenuto rimasto. Ritornò la luce ma a differenza di prima, il folgore fece tornare a compiere quelle azioni sospese a tutto il resto delle persone. L'ubriaco si sedette al proprio tavolo con il vociare sguaiato dei compari a fare da fastidiosa colonna sonora. Guardò i suoi amici con gelido distacco ed ogni suo gesto era soppesato con avarizia e devota disciplina. 

domenica 15 settembre 2013

QUANDO LA SFIGA SI AGGIRA SU DUE RUOTE -3

Ebbene si, non ho mai tregua quando salgo in sella sulla mia croce e delizia. Giusto ieri, sono andato con la mia famiglia a mangiare in un bel agriturismo alle porte di Milano. Essendo molto vicino a casa, ci muoviamo in bici. Andata tutto regolare, io mi carico dietro mio figlio e mia moglie l'altra figlia. A ritorno stessa disposizione, però ad un certo punto faccio scendere mio figlio per farlo salire sulla bici di mia moglie, dato che era ora per me di andare a lavoro. Il tragitto da percorrere per arrivare distava ancora molto prima della metà, significa per me, fare tutta la circonvallazione, più il super ponte, più le vie che portano a lavoro. Appena mi saluto con i miei cari, mi accorgo che la ruota posteriore devia e sobbalza in modo anomalo. Guardo dietro e si, era a terra. Smadonno in tutte le lingue, ma ho sperato in cuor mio che fosse solo sgonfia. Me la porto a mano fino a ché non trovo un benzinaio. Chiedo se mi possono gonfiare le gomme e loro mi rispondono, in maniera molto onesta, che costa due euro! Anche lì smadonno ma sono costretto ad accettare dato che l'ora si fa tarda per me. Ok mi gonfiano 'ste ruote e dopo nemmeno dieci metri, la ruota posteriore è tale e quale a prima. Due euro buttati. Preso dalla disperazione di farmi il tragitto del ritorno a casa di notte, mi metto alla ricerca di un riparatore di bici. Lo trovo. Dentro c'era già gente ad attendere, me ne infischio e gli chiedo quanto ci vuole per fare una semplice bucatura. Risponde mezz'ora, esattamente il tempo che ci voleva per il mio inizio di turno. Poi chissà perché, mi fa passare avanti e mi ripara la bici in due minuti. Io nel frattempo gli racconto tutte le mie sciagure con le bici. Pago dieci euro, con gran sollievo e alla fine mi augura di non rivederci per un po'. Sarà davvero così? Lo scopriremo nella prossima bike-puntata.

sabato 14 settembre 2013

CANTICCHIANDO QUA E LA' SI TROVA SOLO #@*-ç

L'altro giorno volevo ascoltare qualcosa di nuovo. Non avendo nessuna idea, ho cliccato su VEVO le proposte degli artisti in primo piano. Imbarazzante. A quanto pare in Italia sono due i generi che funzionano, 1 la musica leggera proveniente da i vari talent show. 2 l'hip hop italiano. I due generi hanno in comune questo, che sono ripetitivi come le onde del mare. Chi viene da i talent, che sia quello di mediaset o rai, viene impacchettato loro un bel disco, che non si fa fatica a credere di aver ascoltato l'anno prima sotto un altro nome. Poi fatto il tour in tutta Italia e nel frattempo imparano a cantare. Per quello che riguarda l'hip hop è anche peggio. I testi sono un insulto alla lingua italiana. Non hanno senso, se non quello di proclamare il cantate come un vero supereroe. Perché ha soldi, fama e donne. Le basi sono un serie di bit sparati senza nessuna armonia, senza ritmo, insomma una schifezza. I video sono una specie di film porno,dove donne mezze nude si strusciano, inverosimilmente su un idiota. Ma che  razza di roba c'è in giro? Davvero mi viene l'urto di vomito.

mercoledì 11 settembre 2013

LA CHIACCHIERA INUTILE

Sarà capitato almeno una volta nella vita, anzi sicuramente molto di più, di scambiare due parole con qualcuno che per quanto abbia parlato, alla fine non ha detto nulla di interessante. Non mi riferisco a quelle rapide con il vicino, piuttosto che il negoziante sotto casa o con qualcuno di passaggio. Parlo invece del colloquio più lungo, anche troppo a volte, dentro il quale non si arriva ad uno scambio vero di opinioni, ma si resta solo in ascolto annuendo e basta. Le situazioni che mi capitano spesso sono:
1- Ai concerti.
Dato che sono uno che non ha problemi ad andare da solo a vedere un show, mi capita spesso di trovarmi il solito "tuttologo" della musica al mio fianco, che spiega quello che sa come se fosse una bibbia vivente. Solitamente questa tipologia di persone, parla dicendo le cose più scontate in assoluto. Dice una serie di luoghi comuni altamente superati, tanto da essere condiviso a prescindere, considerate da tutti ovvie. Può dare anche alito alle sue capacità di musicista, denigrando apertamente molte band in circolazione, primo fra tutti i gruppi di supporto alla headline. Poi a fine concerto, non è mai pienamente soddisfatto dell'esecuzione adducendo a conclusioni palesemente inesatte. Il tipo di conversazione che si può avere con questa gente non porta davvero a nulla.
2- Sul lavoro.
Chi lavora in un ufficio popolato da molti impiegati, avrà consolidato nel tempo una certa affinità con alcuni, scartando automaticamente quelle con le quali non si lega per carattere, per simpatia e così via. Però se si è messi alle strette, bisogna scambiarci due parole anche con questi poveri cristi. Inizia più o meno così: Appena si avvia il primo scambio di battute, non si fa altro che parlare male del lavoro nel quale si è impiegati, ne consegue la drastica situazione lavorativa del paese e della crisi per concludere. Poi arriva il silenzio perché non c'è altro su cui si  possa disquisire e da lì comincia l'agonia. Per riuscire ad omettere l'imbarazzo, queste persone vanno avanti a parlare di cose prive di alcun interesse, come la propria salute, la mancanza di soldi e quanto sarebbero felici da un'altra parte. Aiuto!
3- Con l'amico dell'amico.
Capita a volte incontrando un amico per strada, che con lui  possa esserci una persona sconosciuta al suo fianco. Nulla di male per carità. Per riuscire ad includere nel discorso l'ospite, si chiedono e danno le informazioni basilari sulle rispettive vite. E' incredibile come si possa ridurre all'osso e banalizzare la nostra esistenza per la mancanza di confidenza con l'interlocutore. Mi metto in prima persona, quando mi capitano tali situazioni, anch'io stesso do informazioni prive di colore, perciò anche per me vale lo stesso discorso. Ragion percui sono anch'io poco interessante come gli altri.
Come si fa ad ovviare una situazione del genere? Annuire, inutile dirlo.

domenica 8 settembre 2013

NON CONOSCI REALMENTE IL TUO VICINO

Quando si rientra a casa dal lavoro, spesso si incontrano persone che vivono nello stesso condominio e ci si limita a salutarle per buona educazione. Buon giorno, buona sera, tutto bene? E via discorrendo. Parole fugaci, scambiate per rendere migliori i rapporti con il proprio vicinato. Possono passare degli anni e le frasi che si scambiano, non vanno oltre a quelle sopra citate. In altri casi, a forza di salutarsi tutti i giorni, si riesce ad instaurare persino dei legami più profondi anche un'amicizia. E fin qui tutto bene, tutto regolare, nulla di strano. Però ci sono dei casi in cui quello che si saluta tutti i giorni negli spazi comuni di un palazzo, una volta che chiude la porta di casa scompare ed entra un un mondo sconosciuto. Penso al tizio che ha tenuto segregate per dieci anni quelle tre ragazze nel suo scantinato, il pazzo di Cleveland. Costui per tutto questo periodo sarà entrato ed uscito di casa, migliaia di volte presumo. Ogni qualvolta uno dei vicini lo incontrava per strada, l'avrà salutato senza sapere cosa facesse realmente in casa sua. Nessuno avrebbe pensato che quell'uomo fosse in verità un mostro, sennò non si sarebbe spiegata una così lunga prigionia subita dalle ragazze rapite. La cosa è davvero inquietante. E' chiaro che ognuno in casa propria pretenda la giusta privacy. Io in prima persona mi irrito quando mi vedono in casa persone che non conosco, nel momento in cui alzano gli occhi dalla strada e proiettino lo sguardo dentro la mia vita. E' una violazione, poco ma sicuro. Però all'interno dell'intimità a cui tanto teniamo, a volte si possono nascondere cose aberranti. Perciò, fidarsi è bene, ma non fidarsi è ancora meglio.

sabato 7 settembre 2013

BACIARSI E' UN DOLCE METODO PER SPUTARSI IN BOCCA.

Ho preso ad uscire con le ragazze quando ancora frequentavo le medie. Non per vantarmi ma di appuntamenti ne ho avuti parecchi d'allora. Quando ero agli albori della mia adolescenza, l'uscita con le giovani fanciulle era sinonimo di una giornata passata a limonare duramente. Non c'era molto altro da fare se non appiccicarsi con le rispettive labbra e fare delle lunghe sessioni di pratica "linguistica" fino a che non comparivano i primi segni di cedimento ovvero, una copiosa fuoriuscita di bava dalla bocca intorpidita. Bei momenti che si ricordano volentieri. Azzardare a fare qualcosa di più non era pensabile, almeno per le ragazze dell'epoca, io ci pensavo eccome... Una volta diventato più grande, gli appuntamenti non potevano essere uguali a quelli della gioventù, c'era la necessità di includere anche degli argomenti più profondi. Di solito il bacio lo si poteva raggiungere soltanto se la buona riuscita dell'appuntamento fosse risultato soddisfacente da entrambe le parti. Cosa che ho sempre ritenuto valida e giusta. Arrivare poi allo scopo più grande in assoluto, quello più adulto per intenderci, si poteva ottenere solo dopo una certosina pazienza per l'attesa interminabile fino a che la dolce donzella non si concedesse, come se si dovesse raggiungere il traguardo dopo una maratona interminabile. Oggi che sono padre di una bambina, credo fortemente che il tempo per arrivare a quel punto non sia mai troppo lungo! All'epoca però mi sembrava una meta irraggiungibile. Mi ricordo che il più delle volte a combinare appuntamenti, non ero io in prima persona, ma mi veniva chiesto di uscire tramite delle chiamata pseudo-anonime sul  telefono di casa, eseguite però dall'amica dell'interessata (per quelle più scaltre) o anche tramite messaggi scritti o vocali, consegnate sempre da un terzo elemento. Che cosa simpatica. Beh alla fine, ne ho accettate molte di questo tipo di richieste e una volta arrivato faccia a faccia, con la ragazza di turno, mi montava un'ansia pazzesca perché non sapevo cosa dire, che tipo di giro fare, cosa avrei potuto offrirle e via discorrendo. Dato che non conoscevo il più delle volte la ragazza in questione non avevo idea di chi fosse. Per farla breve, mi costava non poca fatica. Però ciò che mi balzava in testa nell'esatto secondo dopo aver accettato di uscire, era la domanda. Come faccio a scaricarla se non mi piace? Essendo stato da sempre un gentiluomo, il metodo migliore e quello più efficace è stato, di darsi alla macchia!

venerdì 6 settembre 2013

MACché DONALD?!

Le schifezze del fast food più famoso del mondo penso che le conoscano tutti. Le oscenità partono dagli ingredienti, alla modalità di cucinare quelle cose quasi commestibili, fino ad arrivare a tutte quelle magagne politiche che stanno dietro alla multinazionale del pagliaccio infernale. Ok diamo per assodato che quanto sopra, ne sia al corrente un bel po' di persone con il cervello. Non voglio entrare dentro questo tipo di questione, anche perché ne hanno già parlato fino allo sfinimento (e le cose restano sempre le stesse, va beh). Ciò sul quale vorrei fare luce, è l'ultimo spot mandato in onda nell'ultimo periodo. La scena è questa:
Al tavolo c'è una ragazzina adolescente che fa fatica a sedersi, dato il suo stato palese di gravidanza inoltrato. Arriva il suo compagno adolescente tanto quanto la futura mamma, con in mano un bel vassoio pieno dei "bei prodotti di alta cucina" del Mc.
La voce del narratore, che dice una cosa simile a: "Hai scelto di diventare grande, ma per fortuna con te ci sono i nuovi menù al costo di..." o una roba simile, ho rimosso le parole per fortuna.
Io lo trovo allucinante un spot del genere! E' altamente diseducativo. Cioè come dire: "Anche se siete una coppia di ragazzini che sta per diventare genitori, avete fatto sesso senza precauzioni,(con tutti i rischi che porta) non avete un futuro da dare né a vostro figlio, né tanto meno a voi stessi, non preoccupatevi c'è il McDonald ad aiutarvi nel sostentamento. Costa così poco, che mangiare in due non incide sulle vostre finanze da spiantati. Anche vostro figlio potrà mangiare tranquillamente i prodotti tossici che offriamo, così sarà obeso a tre anni e voi due gli farete compagnia con il vostro peso da elefanti. Siamo una grande famiglia, ed anche i ragazzini sono chiamati a contribuire con la loro prole di nuovi clienti!
Ma stiamo scherzando? Quando ho visto per la prima volta la pubblicità, non ci ho nemmeno badato, visto che snobbo volutamente tutto ciò che proviene da quelle luride cucine. Poi però mia moglie me l'ha fatto notare e sono rimasto esterrefatto. Caro Ronald McDonald, ora capisco a chi si ispirato Stephen King per il clown Pennywise, sei un criminale maledetto!

mercoledì 4 settembre 2013

SE FOSSE PER ME HOLLYWOOD SAREBBE GIA' FALLITA.

Ammetto per iscritto di non essere un gran cinefilo. Lo dico apertamente, ne capisco poco di film e a dire la verità guardarli mi annoia. Forse sarebbe meglio dire che, l'idea di stare fermo a guardare un film non mi fa impazzire. Le nuove uscite cinematografiche tanto sponsorizzate, per la maggior parte delle volte non mi stuzzicano la curiosità neanche lontanamente, a meno ché, non siano degli anime, per quelle faccio un eccezione. Piuttosto che vedere un film nuovo, preferisco di gran lunga guardarne uno che ho già visto un sacco di volte. Se poi si tratta di una commedia italiana 70/80 allora si, che ne vale la pena. Penso di capire il motivo di questa riluttanza. Avere delle aspettative e delle incognite sul finale della pellicola, crea in me una certa ansia. Il fatto che possa finire bene o male, che possa essere scontato o totalmente inaspettato, mi genera una sensazione difficile da gestire. Fremo, mi agito e non sono tranquillo quando non so cosa aspettarmi da ciò che sto guardando. Con i vecchi film invece, vado sul sicuro e la mia serenità non viene sconquassata. Posso starmene a guardare sapendo già il finale e il più delle volte persino le battute, senza nulla togliere all'entusiasmo né al divertimento. E' come tornare a casa beato dalla propria famiglia, in un freddo giorno di pioggia. Non ci si aspetta nient'altro se non del sano affetto da parte di chi ti sta vicino e venire coccolati nella maniera già assaporata mille volte, ma mai troppa. Non ci si stufa mai del benessere.
THE END.

martedì 3 settembre 2013

MR.D. IL ROMANZIERE

Non ho ancora scritto della mia passione per la scrittura che mi è esplosa dopo il mio ritorno a Milano. Non riguarda solo questo blog, anche perché questo è antecedente, ma riguarda la stesura di veri e propri romanzi. Ne ho scritti due completi, il primo si intitola WAKIZASHI mentre il secondo si intitola UN AMORE DI BAMBOLA. Questo nuovo amore mi ha portato a scriverne un altro, la mia terza fatica. Con quest'ultimo non sto procedendo molto rapidamente come i primi due, perché sto rileggendo il primo, comunque la storia mi convince ed anche il titolo NEL BARATRO. La mia opera prima, tratta di un personaggio che improvvisamente viene abbandonato dalla moglie senza capire bene il significato di quel gesto, che nel corso della ricerca del luogo del rifugio e soprattutto della motivazione, scopre che dietro c'è un motivo ben preciso. Prima di lei anche le sue altre donne del passato sono sparite, questo è dovuto al fatto, che il protagonista è colpito da una maledizione potentissima, nel quale ogni donna con la quale si congiunge carnalmente, finisce in un luogo infernale. Durante la storia si arriva al punto in cui capisce il motivo per il quale è affetto dalla congiura e cerca di combatterla. La storia è un po' sul genere noir/fantasy, molto cruento a tratti anche abbastanza spinto, quasi hot. E' forse un po' acerbo sia nel ritmo della narrazione, che nella storia, però mi sono molto divertito a scriverla. Mi ha anche insegnato cosa significa scrivere un romanzo di quasi trecento pagine e quanto lavoro c'è dietro, il tempo che necessita e l'attenzione che serve durante la notte, nel buttare giù delle parole che abbiano un senso.
Il secondo è forse più descrittivo, meno avventuroso, più introspettivo. Tratta anche qui di un uomo completamente solo, vissuto in un presente anacronisticamente sfalsato da quello corrente, che all'età di cinquant'anni, senza aver conosciuto mai l'amore, s'innamora di una real doll. E' un calzolaio tenuto stretto dal giogo dei genitori che non gli hanno permesso di vivere la vita come una persona normale, poiché è stato incatenato ad un'esistenza di rinunce, dedito solo al lavoro nella bottega di famiglia e niente più. Scoperto l'amore per questa bambola, ad un certo punto però, si invaghisce anche di una sua cliente che gli fa scoprire il sesso vero e proprio e scoppia in lui la più completa confusione interiore. A differenza del primo questo romanzo, ha dei passaggi molto delicati e compassionevoli nei confronti del protagonista. Non dico che si versino lacrime nel leggerlo, ma non sarebbe una cosa malvagia se capitasse.
Non so se mai un giorno, tutto l'inchiostro impiegato per sviluppare questi fiumi di parole vedranno mai la luce della pubblicazione. Il primo fra tutti è che non ho idea di come si faccia. Il secondo è che forse non ne ho le competenze adeguate. Se mi paragono a tutti i grandi scrittori del passato e quelli odierni, non c'è spazio per me. Se poi i miei romanzi avranno lo stesso seguito del blog, posso stare fresco.

COME UN ANNO FA

 L'anno scorso siamo rimasti rinchiusi per mesi a causa di un virus letale, sconosciuto e altamente aggressivo, dopo un anno siamo ancor...