sabato 28 settembre 2013

LA FAMIGERATA DOMENICA ALL'IKEA.

Non c'è da vergognarsi, non ci si può nascondere dietro un dito (o ad una mensola), bisogna prendere il coraggio a due mani e dichiarare al mondo intero che, andare all'Ikea è un supplizio inutile. Allora precisiamo: siamo in tempo di crisi, la gente fa fatica ad arrivare a fine mese, taglia sulla spesa evitando di comprare le cose più costose, non si riesce a fare cose tipo le ferie ecc...Allora com'è possibile che il colosso svedese sia sempre pieno?! Già dal parcheggio si palesa la marea di gente che popola il centro commerciale. Code chilometriche di auto in cerca di un posteggio, in roda come gli avvoltoi. Personalmente mi avvilisco ad assistere ad un tale spreco di energie.
Ok una volta che si è trovato quel posto tanto sperato, bisogna entrare e da lì inizia l'odissea. Io ho formulato due teorie per giustificare il numero spropositato di clienti.
1- Varcata la soglia dell'entrata, ci sono alcuni fattori chimici che al contatto con il corpo umano, questo per una questione di osmosi si duplica, facendo raddoppiare il numero dei clienti presenti, sfalsando il numero stimato dal parcheggio.
2- All'interno dei mobili posti nelle varie zone, si nascondo delle comparse che, dopo un segnale codificato tipo morse, escono per far sembrare il magazzino ancora più popolato del dovuto.
Tutti gli angoli, gli anfratti, i pertugi sono pieni di gente. Quello che si aggira tra i divani, specchi e quant'altro è un popolo di zombie che vaga senza meta per trovare un cervello sano da infettare, con il bisogno indotto di comprare anche il più piccolo suppellettile per soddisfare la volontà di spendere soldi.
Nel momento in cui vengo trascinato dalla fiumana di persone, letteralmente sospinto dalla mandria di buoi dietro di me, mi accorgo delle tipologie di persone che entrano sconfortati insieme ai vai partner. Quelli a cui va tutta la mia solidarietà sono i mariti. Basta vederli. Sono tipo dei palloncini legati ad una ringhiera, sospinti dal fiato sprecato delle mogli nel convincerli dell'utilità del mobile sotto esame. Poveri loro. Poi ci sono quelli che si improvvisano architetti. Prendono le misure, segnano tutto sul foglietto con il metro allegato, si cimentano in intuizioni geometriche-architettoniche-ingegneristiche di una realtà parallela, e arrivano alla fine della giornata sfiniti ma soddisfatti. Non è finita, ci sono anche i bambini. Attese interminabili per riuscire ad entrare nell'area dedicata a loro, patendo la noia e subendo la crescita del proprio organismo. Quando si prenotano per entrare hanno un età, arrivati al turno che spetta per accedere, sono divenuti oramai maggiorenni. Anche a queste piccole creature va tutto il mio rispetto. Dopo varie ore passate a girovagare ubriacati dall'odore del legno, si arriva finalmente alle casse. Incredibile, quelli che stavano prima a penzolare sfiniti dall'incursione nel mobilificio, si manifestano esattamente davanti alle casse, con lo stesso ordine con il quale si è proceduti per arrivarci. Uno poi cosa deve fare? O si chiude a riccio senza proferire verbo aspettando che l'agonia finisca il più in fretta possibile, o poi messo alle strette, riesce perfino ad instaurare delle amicizie con coloro i quali hanno subito lo stesso trattamento domenicale. E' possibile magri trovare l'anima gemella, far nascere dei grandi amori tra gli scaffali. Però poi una volta uniti nel vincolo del matrimonio, si ritrovano da sposati a passare la domenica all'Ikea. Tutto è già scritto, ma in svedese, occhio.

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