mercoledì 2 ottobre 2013

AL GIARDINETTO

Quando si è bambini la cosa che per prima si pensa, dopo aver assolto ai propri doveri scolastici, è quella di andare a divertirsi al parchetto sotto casa. Dove abito io devo ammettere che c'è davvero un'oasi felice per quello che riguarda i giardinetti per i bimbi. Bello, ben tenuto, ben frequentato, sono presenti dei giochi adatti per quasi tutte le età, non ci possiamo lamentare. I miei figli si divertono parecchio e sono contento per loro, metteranno le basi per formare la compagnia che li seguirà da più grandi, insomma è difficile trovare un posto così nella mia zona. Dove abitavo prima era, ed è ancora, uno scempio a cielo aperto. Giochi ricavati all'interno di strade super trafficate piene di smog e di schifezze di ogni genere. Per non parlare poi, della gentaglia che orbita intorno a questi spazi tristemente abbandonati a se stessi, meglio stendere un velo pietoso. Detto questo, quando li porto a giocare personalmente mi annoio da morire, perché giustamente il parchetto è fatto per i bambini e non per gli adulti. Comunque quando sono lì aspettando che i miei figli si scatenino per bene, osservo con occhio un po' troppo critico, i genitori degli altri frequentatori di giovane età. Capita a volte che durante questa analisi io mi faccia delle grasse e sane risate. Per prima cosa, sento chiamare queste giovani creature con dei nomi agghiaccianti. Spaziano da quelli più antiquati e sofisticati, come per mettere bene in chiaro il loro status sociale, altolocato, borghese, snob e sopratutto facente parte delle più pura cattolicità (buuu!) Fino ad arrivare a quelli stranieri, ma provenienti da famiglie italiane, che forse sono pure peggio. Il nome è importante per un individuo, è il biglietto da visita, la prima informazione che arriva ad uno sconosciuto, è ciò che rimane indelebile nella storia del proprio vissuto, non lo si può dare così a cuor leggero appunto perché rimane per tutta la vita. A volte mi domando, ma quando i genitori sono chiamati a dare il nome ai loro nascituri che cosa gli passa per la testa?
Ci sono anche dei genitori che con la scusa di portare a giocare i figli, diventano anche loro dei bambinoni senza controllo per tutta la durata della permanenza al parchetto. Ci sta che un genitore giochi con il figlio, è bello, crea un legame utile per entrambi, però questo non vuol dire che si è autorizzati a fare tutti i giochi insieme, come scendere dallo scivolo, andare sull'altalena, correre come un pazzo forsennato e girare vorticosamente sulla giostra come se stessi partecipando a giochi senza frontiere, è ridicolo. Giusto ieri ho visto una mamma, che già di per sé era un personaggio da baraccone, giocare come se avesse sei anni insieme al proprio figlio come due amici di scuola. A dire la verità il bimbo non se la filava per niente, magari era perfino imbarazzato da questo personaggio buffo, scoordinato e opulento della mamma in balia dell'euforia infantile con un ritardo generazionale vistoso. Ho riso a crepa pelle. Sarò cinico, ma è stato uno spasso. C'è da dire che va bene così, anzi ben vengano le scene un po' ridicole piuttosto che avvenimenti tristi e pesanti che lasciano l'amaro in bocca. Finché si gioca e ci si diverte è sempre la cosa migliore, ovvero andare al parco distende i nervi anche a noi adulti, quindi se c'è la possibilità è meglio non negarsela, e ovviamente, non negarla ai bambini. Il tempo della spensieratezza è talmente fugace che è meglio goderne a fondo ogni giorno di più.

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