mercoledì 27 agosto 2014

IL MIO IO A ME SCONOSCIUTO

Ci sono delle volte nelle quali non mi riconosco per niente, ovvero, momenti in cui il mio modo di fare non mi rispecchia a pieno; come se vedessi da fuori compiere certi azioni, e colui che osservo non sia esattamente io. Il soggetto ha le mie sembianze certo, ma dentro sembra esserci un'altra persone a gestire le emozioni e le parole. Di solito sono una persona gioviale, spiritosa e abbastanza di compagnia, eppure a volte casco in uno stato di poca enfasi, di troppa accondiscendenza, molto avaro con le parole, tanto da rasentare il mutismo. Mi succede con le persone con le quali non ho un certo feeling, nel senso che non scatta quella simpatia travolgente nell'attimo in cui si viene in contatto. Io rimango sempre su toni molto educati e cordiali, cioè non divento uno scontroso scimmione oppure un antipatico scorpione pronto a pungere ad ogni opportunità, eppure, mi chiudo come una noce di cocco e rimango più o meno come una statua di sale. Io la differenza la noto subito, mi chiedo se anche a tali persone emerge questo mio senso di inadeguatezza.
In passato, cioè quando ero più giovane, se mi accorgevo di trasformarmi in un altro che non ero io, qualora incontrassi degli individui a me non affini, sceglievo semplicemente di non frequentarli più e risolvevo il problema. Ma ultimamente, vuoi sul lavoro, vuoi nel mio tempo libero, mi trovo costretto a mantenere dei rapporti anche con persone con le quali non trovo nulla in comune. Di esempi ne avrei a bizzeffe ma tutte andrebbero a ricadere nella grande cerchia dei genitori dei compagni di classe dei miei figli. E' difficile trovare una coppia con entrambi i genitori, che siano da evitare a prescindere e soprattutto in blocco, molto spesso accade che solo uno dei due risulti, a me o a mia moglie, congeniale. Quindi inevitabilmente si instaura con la parte buona della coppia, un senso di reciproca simpatia e di conseguenza, per mantenere l'educazione nelle occasioni "mondane", il simpatico si porti dietro anche il malmostoso. Qui poi c'è da capire se il malmostoso in quella occasione, alla fine sia davvero io oppure l'altro. Si perché io divento come ho spiegato e lo riconosco, però c'è anche da dire, che potrebbe anche darsi di trovare qualcuno incapace di mettere a proprio agio colui/lei che si para davanti. Potrei fare un elenco a riguardo, lo giuro.
Per cui in conclusione, potrei dire così: tutte queste sensazioni dovute alle occasioni in cui non mi rispecchio come il solito me, sono dovute alle percezioni negative emanate dal personaggio con il quale mi rapporto in quel momento e ovviamente quelle emanate da me. Perciò se entrambe sono negative, non diventano positive come in matematica, bensì rimangono tali.


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