mercoledì 18 febbraio 2015

RICOMINCIO DA TRE

Siamo a casa: tutti. Da domenica pomeriggio abbiamo messo le basi per la nostra nuova formazione, che non differisce poi molto da quella precedente, c'è solo un piccolo elemento in più. Quella che all'inizio ne ha risentito maggiormente è forse la Nala, non essendo abituata a vedere e soprattuto a sentire, un piccolo fagotto che profuma di latte e strilla come un grifone. E' stata per due giorni alla larga dalla camera da letto, per rifugiarsi nella sua dependance sul balcone. Ora pare che abbia capito che il pupo non è di passaggio ma è ben radicato in casa con noi. Se ne farà una ragione.
Nel condominio, tutti si congratulano con me, poiché mia moglie è abbastanza ancorata tra le mura di casa, dispensando latte 24H no stop e, così facendo, si è scampata l'invadente vicina: Boccadifuoco. Io invece la incontro ovunque, ahimé.
I miei figli più grandi hanno ripreso la normale routine scolastica ed extra-scolastica; le loro insegnanti li hanno resi protagonisti per un giorno della novità apparsa in casa, spiegando ai compagni tutto ciò che hanno vissuto. Abbiamo ricevuto ragalini da parte dei nostri amici e parenti e tutto per ora, segue l'onda, anzi, lo tsunami, della venuta del piccolino.
Per quanto mi riguarda, il mio ruolo di super papà ha subito una battuta d'arresto, nel senso che, non rivesto un grande ruolo nei confronti del terzogenito. Certo mi prodigo nelle faccende pratiche, come: cambiare i pannolini, comprare l'occorrente per lui, però di fatto, il pupetto non ha bisogno di me, ma solo ed esclusivamente della mamma. La natura in qualche modo, poteva pensare di dividere i compiti, cioè: uno poteva partorire (questo lo lascerei alla donna) e l'altro lo allattava. In questa maniera mi sarei sentito più utile nelle primissima fase della crescita, e meno in colpa, qualora pensassi di voler portare avanti i miei interessi, come la musica, la scrittura, la palestra...
Mi sembra davvero una mancanza di tatto e di rispetto, lasciare mia moglie in balia di un dovere continuo come l'allattamento, per andare a fare ciò che facevo prima, senza provare rimorsi. Però è anche vero, che standomene tutto il giorno a guardare come nutre il nostro bimbo, non ha alcun valore in termini di praticità. Sicuramente anche soltanto stare insieme in questa fase significa molto per entrambi, nonostante questo, mi sento un po' inutile.
Per fortuna ho gli altri due, con i quali gioco, li accompagno a scuola e alle loro attività, sennò mi sentirei perduto. E' soltanto una questione di tempo lo so, anche il frugolino si avvicinerà al papà come hanno fatto i suoi fratelli, però l'attesa non è poi così breve.
Devo ammettere che da quando sono andato a prenderlo all'ospedale fino a ieri, mi sono sentito un ebete a cui hanno cancellato la memoria in fatto di neonati; come se non li avessi mai avuti o come se non fossi più capace di relazionarmi in modo sicuro. Ho una specie di tabula rasa in testa, cioè non sono impacciato nei movimenti, nel temerlo in braccio per esempio; è più una questione di riprendere a pensare in piccolo, molto piccolo, cioè: avere quelle accortezze che ormai erano superate, tenere presente alcuni fattori che ora si davano per scontati, riprendere daccapo tutti gli insegnamenti. Non mi dispiace affatto, anzi sono ben contento di rifare tutto, ma nel momento in cui ho realizzato tale pensiero, mi sono trovato spiazzato, come se avessi fatto un balzo nel passato a quasi otto anni fa.
In questo momento sto scrivendo sul divano e sono le 02.34, mi sono allontanato da letto per scrivere e nel frattempo ho sentito il mio secondo figlio, fare un incursione nel lettone. Un bravo papà sa quando è ora di farsi da parte.


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