venerdì 22 maggio 2015

LAVORARE FA MALE SOPRATTUTTO ALLO SPIRITO

Chi sostenne "Il lavoro nobilita l'uomo" disse la più grande idiozia mai pronunciata nella storia. Lavorare non è salutare per il fisico e neppure per l'animo, infatti, stare nello stesso luogo ogni giorno, con i problemi da risolvere ed il fiato sul collo per riuscirci al meglio, ci cambia nettamente l'umore, e a lungo andare: ci imbruttisce. E' risaputo ormai, che il lavoro giornaliero sia la causa principale dei malesseri dovuti allo stress, il che comporta disagi fisici come: gastrite, emicrania, labirintite e ansia. A volte capita che i malesseri si tramutino in qualcosa di più grave come il cancro. La stragrande maggioranza dei dipendenti svolge una mansione odiata, poco gratificante e mal pagata. Di tutte le persone che conosco, credo ce ne siano forse un paio, che non abbiano problemi a svolgerlo quotidianamente, perché per quanto ci si dedichi con dovizia, il riscontro ottenuto dal "nobilitato animo" è sempre inferiore, rispetto alla mole di lacrime e sangue versate. Coloro che no si lamentano sono degli eroi, o dei krumiri. Quando il lavoro svolto, è al contrario, ben retribuito e soddisfacente, c'è di contro, che si diventa totalmente schiavi di quello che viene fatto ogni giorno per almeno 55 anni di vita. (sempre che la si voglia ancora chiamarla così)
A tal proposito, mi è stata consegnata una poco gradita lettera di richiamo, che non mi aspettavo minimamente, da parte dell'azienda in cui lavoro.  Ho persino ricevuto l'obbligo di rispondere entro cinque giorni dalla ricezione della missiva; eccola:

                                                                                                                          
Spettabile Direzione Tal dei Tali

Con la presente, rispondo a quanto mi è stato contestato la sera del 16/05/2015 e la sera del 17/05/2015.

Innanzitutto, porgo le mie più sentite scuse per quanto è avvenuto nelle due sere sopraindicate, ma mi permetto di dissentire dal provvedimento scelto per comunicare gli errori da me commessi.

Nella serata del 16/05/2015 mi viene contestato di non aver gestito la comunicazione scritta da parte del cliente secondo le istruzioni fornitemi.
Ebbene, non posso affermare con certezza, che tale comunicazione sia avvenuta in maniera chiara e corretta o che non sia stata gestita direttamente dal sottoscritto.

Per quel che concerne la serata successiva, ho preso in carico e gestito la comunicazione, come al meglio ho creduto. La chiamata al reperibile sbagliato, è avvenuta per una scelta erronea di valutazione, in quanto, come accade per altre campagne, spesso il tecnico da chiamare si occupa di tutte le casistiche indicate a video. Nel contattare il tecnico, ho ritenuto di dovere soltanto chiudere un flusso di prova e non, di avvertite un tecnico specifico come il contenuto della mail suggeriva.

Sono alquanto dispiaciuto, che il cliente, in base ai miei errori, abbia espresso la volontà di recedere dal contratto. Sono altresì deluso dal mio operato, per aver leso l’immagine della prestigiosa azienda, ma ciò che è da biasimare maggiormente credo sia l’intera cattiva gestione della campagna in essere, risalente addirittura al mese di novembre. Lo conferma soprattutto, il rimedio grossolano fatto solo dopo che il  cliente avesse già ripetutamente manifestato la sua insoddisfazione dell’intero servizio offerto.

Da parte mia, penso e credo, di aver riposto l’attenzione dovuta, come abitualmente faccio per tutto il lavoro che svolgo in ufficio. Mi rincresce parecchio il richiamo ufficiale adottato da parte Vostra nei miei riguardi, nonché mi mortifica e crea in me un senso di disagio per le mansioni future.
Per ovviare a tale problema cercherò di riporre maggiore attenzione a tutto ciò che mi verrà assegnato, nel frattempo, porgo i miei saluti e rinnovo le mie scuse con la speranza che non accadano più fatti di questo tipo.
                                                                 
                                                                                              Cordialmente.
                                                                                                     MR.D. 

Sì, ho dovuto piegarmi, ma perché? Per quale motivo dobbiamo sempre ritenerci in dovere di porgere le scuse se non addirittura l'altra guancia? Non proveniamo mica da Nazareth! Almeno, io no.
Per il semplice motivo che ci tengono in pugno. Dispongono della nostra vita come se non fosse altro che un numero, e se va bene, lo cestinano per poi, giocare con la vita di qualcun altro.
Mi sono rotto di questo modo di concepire la vita sociale, di dover sempre rendere conto a qualcuno, che non sa nulla di me e di quello che faccio nella mia vita al di fuori dell'ufficio. Mi fa rabbia pensare che quello che sta sopra, in termini gerarchici, voglia fare le scarpe al sottoposto, solo per giustificare lo stipendio, è da sciacalli. 
Il lavoro fa male in tutti i sensi. 



                                                                  

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