lunedì 11 maggio 2015

CARO AMICO TI SCHIVO

Si è sempre sostenuto che l'amicizia fosse un sentimento nobile, da coltivare il più possibile fino ad arrivare al cuore stesso di ciò che spinge due individui a stare vicini, condividendo gioie e dolori.
E' quell'elemento che rende complici due o più persone, è ciò che crea un'identità in un gruppo, è la scoperta di certe affinità e degli interessi comuni.
Avere un amico, vuol dire avere qualcuno al proprio fianco di simile, pronto a soccorrere e sostenere in ogni occasione. Significa avere una persona che capisce senza chiedere, che appoggia senza giudicare.
Ma è davvero cosi?
Nel senso, quante persone si posso dire davvero amiche l'una con l'altra?
Non credo siano poi molte.

Oggi a pranzo mia figlia mi ha chiesto, quale fosse la mia migliore amica. Io le ho risposto:
"La mamma."
Lei, sulle prime mi ha detto:
"Ma no, papà. La mamma è tua moglie."
"Si è vero, ma è anche la mia migliore amica." Ho ribadito.
A quel punto mia figlia ha accettato la mia risposta senza controbattere.

Nel mio passato, non ho sempre avuto con me mia moglie, magari! Ho incontrato persone che ho reputato fossero amiche per molto tempo, poi, quando avevo il bisogno di sentire delle voci amiche, appunto; queste hanno tardato parecchio, o non sono mai arrivate. Perché?
Credo fondamentalmente che l'amicizia sia un sentimento di comodo, opportunistico, di convenienza. Come sostiene "un'amica" di mia moglie nel dire che gli amici sono come le scarpe, cioè vanno bene finché sono nuove e comode, poi dopo se ne cerca delle altre.
Non ha tutti i torti.
Personalmente mi sono sempre fatto in quattro per gli amici, ovvero, ho dato la mia piena disponibilità qualora avessero bisogno di parlare; di un aiuto prettamente pratico, o anche solo una presenza che consolasse in un momento buio. Tanti dei miei amici hanno pianto sulla mia spalla, dopo una sbronza sonora, struggendosi per la fine di una relazione. Ne ho sentiti di monologhi di amici in preda alle crisi adolescenziali, oppure in lite con la propria famiglia. Li ho sorretti quando erano in cerca di loro stessi, mettendoli in guardia quando sospettavo ci fossero dei pericoli nascosti. Sono sempre stato pronto a dare il mio parere qualora il mio amico/a me lo chiedevano e al tempo stesso, sono rimasto in silenzio nel momento in cui questi, non sentivano nessun tipo di ragione. Ho bevuto insieme all'amico fino a tarda notte e fumato, fino a che non ci preoccupavamo di perdere i sensi. Ho accompagnato anche amiche sotto casa del ragazzo di cui erano innamorate, sperando che si accorgessero di loro, standomene da parte. Sono stato complice di intrighi senza senso, solo per il gusto di farci delle sane risate. Ho difeso delle amiche dai molestatori e ne ho accompagnato a casa altre, che distavano da casa mia chilometri e chilometri. Per dirla in breve, penso di essere stato un buon amico un po' per tutti, eppure, ad oggi, non ho nessuno affianco a me di tutti quei vecchi amici.
Mi vedo con pochissimi della vecchia compagnia e non mi sento nemmeno più con personaggi che credevo fossero vicine a me, tanto quanto io sono stato con loro. Quasi tutti i miei vecchi amici si sono dileguati, solo perché le nostre strade si sono divise, anche se un vero amico ti cerca se sente il bisogno di verti.
E' vero che io sono stato il primo in assoluto ad avere una famiglia, perciò, le dinamiche che mi accomunavano a certe persone, non erano più simili come agli inizi. Mi sono estraniato completamente dalle avventure notturne e da tutte quelle situazioni goliardiche negli orari improponibili. Ho dovuto pensare diversamente e mantenere le mie responsabilità, evitando di commettere dei vizi di forma, con colei che all'inizio, non era ancora mia moglie, però era già la madre di mia figlia.
A ben vedere forse, ciò che mi univa a certe persone, non era poi un'amicizia vera e propria, ma solo uno sfrenato divertimento, anche se ribadisco, ho sempre dato la mia completa disponibilità a chiunque avesse bisogno di me.
Da qualche tempo mi sono legato di più ad un amico di vecchia data, nel momento in cui anche lui come me, ha costruito una sua famiglia e per questo, ci unisce una condotta abbastanza similare. Ci sentiamo, usciamo con le nostre famiglie, ci teniamo aggiornati e ci impegniamo a mantenere una certa continuità nella nostra amicizia. Con tutti gli altri, i legami si sono rotti, spezzati, scomparsi, in verità, senza un motivo concreto.
C'è gente che nonostante sia diventata genitore, ha mantenuto saldo il rapporto con i vecchi amici, anzi, sarebbe più corretto dire, che necessita dell'uscita con l'amico/a per distrarsi dalla vita familiare, quasi fosse un dovere, creare una dimensione alternativa alla solita routine.
Io invece, quando capita quelle rarissime volte che esco da solo con i miei vecchi amici, mi sento un estraneo, non mi sento a mio agio e neppure al mio posto. Sarà perché il rapporto più sincero dell'amicizia è l'amore, quello dei figli, quello della moglie e non c'è nessun amico o amica che possa reggere il confronto con entità di un tale calibro.
L'amicizia è qualcosa di passeggero, di fugace, legata ad un incontro. determinata da una situazione precisa. L'amicizia che dura tutta la vita mi sembra un'utopia, forse perché si sente il bisogno di aggrappasi ad un'idea romantica, però è difficile che si concretizzi per davvero.
Sono pronto a ricredermi qualora venisse un amico a dirmi il contrario, nel frattempo mi tengo stretto il mio legame più grande: la mia famiglia.



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