venerdì 29 maggio 2015

THE WIND OF CHANGE

Questo blog è nato nel lontano 2009, come valvola di sfogo per i problemi che in quel periodo mi affliggevano. All'epoca non avevo modo di parlare con nessuno di quel che mi frullava in testa, perciò, necessitavo di ritagliare un piccolo spazio tutto mio, dove poter dire liberamente ogni cosa. I problemi riguardavano soprattutto il lavoro ed ora, a distanza di sei anni dal primo post, mi ritrovo ad avere lo stesso bisogno di esprimermi, dovuto alle stesse problematiche, riconducibili al luogo in cui trascorro quasi tutte le mie serate/nottate. Sì, sto parlando del lavoro.
Sarà un caso, però, ultimamente sento troppa gente che si lamenta delle mansioni lavorative quotidiane, qualunque esse siano. Il nocciolo della questione è solo uno e l'ho ribadito a più riprese: non fa bene lavorare. Potrò risultare monotono, ma l'annoso problema non si risolve mai, né per me e neppure per tutti i miei colleghi, amici, conoscenti, ecc... Siamo tutti vittime dello stesso male!
Il proverbio vorrebbe farci credere che sia mezzo gaudio, qualora fosse comune. A me sembra, che sia soltanto una conferma di un malessere planetario e saperlo, non renda felici proprio nessuno, anzi, dobbiamo prendere atto di essere delle macchinette preposte alla produzione e al consumo.
Sarebbe così bello poter fare il lavoro più vicino possibile ai propri gusti, o alla predisposizione o all'attitudine personale; invece no, dobbiamo ripiegare su qualcosa che ci faccia guadagnare i soldi per la sopravvivenza e nulla di più.
La felicità non ha prezzo, si dice; invece sì che ce l'ha, basta poter fare ciò che piace ed essere retribuiti con il giusto compenso per il lavoro svolto, allora poi, si diventa felici per forza.
A me piacerebbe fare il musicista di professione con un extra come scrittore, però non è possibile, perché?
D'accordo, uno non si improvvisa professionista senza le competenze giuste, in nessun ambito, sia chiaro; però si può apprendere tutto, per quanto mi riguarda, anche suonare e scrivere. Eppure, non posso scegliere di fare né uno, né l'altro anche se ho la voglia e il desiderio di voler intraprendere un percorso di quel tipo. Ovvio, ci sono le scuole per imparare, ma costano uno sproposito, e poi, sono delle carriere che non danno la possibilità di vivere degnamente, a meno che, non si diventi una celebrità. A me servirebbe molto meno, vorrei lavorare nelle musica e nella letteratura, come se fosse un lavoro come ce ne sono molti, che non debba per forza ambire al successo per coronare le velleità. Suonare e scrivere, non chiedo tanto.
Già, la nostra società non permette di lavorare con i sogni, o meglio, ci lucra dietro, però non aiuta a costruire una carriera lavorativa rispettosa, come un lavoro normale. Un tempo esistevano i letterati e i musicisti di professione, ora queste due figure valgono solo se vendono milioni di copie di libri o di dischi. Se invece si volesse lavorare in maniera onesta senza le ambizioni di notorietà, queste due figure non valgono molto.
Forse per fare lo scrittore o il musicista, bisogna essere prima di tutto un disadattato sociale, con il fuoco della passione che arde dentro a dispetto delle regole; un maledetto insomma, così che non si leda l'aurea mistica che aleggia intorno all'artista. Così facendo però, non si può costruire una famiglia e non si può nemmeno sperare di vivere a lungo, assaporando la bellezza del proprio lavoro, quindi è da escludere.
Noi italiani abbiamo grandi nomi da sfoggiare in entrambi i campi, eppure, non si è mai proseguito concretamente sulla linea della continuità generazionale futura. Nel senso, con il tempo si sono perse le doti artistiche italiche, per supportare altri campi, dove si possa guadagnare tanto e sulle spalle di chi sta sotto. Va beh, però non si doveva abbandonare il colpo così velocemente, bisognava incentivare chi voleva (e vuole) fare l'artista, senza che questo dovesse per forza essere una piaga sociale.
Bisogna cambiare non c'è altra soluzione!


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