sabato 17 ottobre 2015

QUANDO LA SFIGA SI AGGIRA SU DUE RUOTE -13

Sono arrivato al post n° 13 con questo titolo e non è certo di buon auspicio.
L'altro giorno stavo pedalando in tutta tranquillità, sarebbe meglio dire che stavo buttando il sangue dalla fatica sulla mia cara bicicletta, e mi sono reso conto di quanto tempo è passato dall'ultima foratura. Certo che, nell'esatto istante in cui ho realizzato questa considerazione poco piacevole, ho tremato che si potessero bucare le gomme da un momento all'altro, ma poi ho fatto finta di niente, proseguendo imperterrito sulle strade congestionate della mia città e magicamente non è successo nulla.
Nell'ultimo periodo ho davvero messo a ferro e fuoco l'inossidabile bici, l'ho inforcata macinando chilometri su chilometri per andare in ogni dove, a qualsiasi ora e per mille motivi utili, senza avere grossi problemi.
Mercoledì scorso, ho preso la bici alle 06.45 per andare in palestra e tornare a casa, ovviamente. Dopodiché sono andato fino a Linate per il colloquio con il maestro di batteria alla CEM. La stessa strada ho fatto anche per tornare a casa. Alle 18.00 ho ripreso la bici e sono partito in direzione del lavoro e alle 00.45 sono nuovamente tornato a casa, distrutto, con le gambe pesanti e la pioggia battente su di me. In tutto questo la bici non mi ha dato nessun problema.
Giovedì, stessa levataccia causa palestra e ritorno. Alle 19.15, sfrecciavo sulle strade nei dintorni del mio quartiere alla volta della sala prove e poi da lì sarei dovuto andare a lavoro; questo, se non mi avesse abbandonato quel dannato ferro vecchio che mi ritrovo al posto di una bicicletta.
La cosa strana è che non si è banalmente bucata; avrei mille volte preferito, perché la riparazione sarebbe stata rapida e soprattutto l'avrei fatta io. Questa vigliacca ha voluto autoinfliggersi una profonda ferita per evitare di dover andare insieme a me per tutta Milano.
Mentre sorpassavo milioni di auto in coda e zigzagavo tra tombini e rotaie del tram, ad un certo punto sento qualcosa di anomalo provenire dalla ruota posteriore. Ho controllato subito, credendo che fosse il bloster a causare l'andatura claudicante della ruota, poi però dopo aver fatto un paio di metri, mi sono reso conto che il mozzo tra le forcelle stava ballando il twist, risultato: la ruota era uscita di fase e perciò urtava dentro il piccolo spazio, provocando una frenata continua.
Ho maledetto chiunque mi venisse in mente e per poco non davo fuoco alla bici, ma dato il ritardo con il quale mi stavo cingendo in sala prove, ho elaborato la soluzione più rapida, ovvero: legare la bici e proseguire a piedi. Così è stato.
Mi piangeva un po' il cuore a lasciarla da sola per tutta la notte, con il rischio poi di non trovarla il giorno dopo, però non potevo portamela in sala prove e neppure a lavoro, vista la grande distanza che separava me appiedato, con i miei punti di arrivo, per cui l'ho legata con quel chilo di piombo che ho al posto del catenaccio, fatto qualche chilometro per prendere al volo l'autobus che mi serviva e ho sperato in bene.
L'indomani dopo il lavoro, ancor prima la sala prove e prima ancora la giornata piena, sono tornato sul luogo di quel ricovero fortuito e miracolosamente l'ho trovata lì, infreddolita e fradicia di pioggia notturna, menomale! Certo, non potevo farmi vedere da lei troppo sollevato nel rivederla; d'altronde mia ha piantato in asso un'altra volta e nel bel mezzo di una fuga da maglia rosa, quindi l'ho slegata dal palo e me la sono portata a casa trascinandola come un cane malridotto o peggio, come un soldato in fin di vita.
Sono sicuro che la riparazione mi verrà a costare un occhio della testa, ragion per cui, userò la bici di mia moglie, sperando che anche questa non mi lasci per strada.
Si prevede un n° 14 con lo stesso titolo, basta solo attendere.



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