lunedì 8 febbraio 2016

L'ULTIMO BOYSCOUT

All'età di dieci anni volevo fare a tutti costi il boy scout, perché mio fratello lo faceva già prima di me ed io ero decisamente affascinato dai racconti sulle avventure che riportava a casa dopo le uscite con il gruppo Rozzano I°. Era un modo per me di evadere dalla condizione di bambino relegato a casa con i genitori nel weekend. La mia era una voglia incontrollata di crescere da solo senza l'aiuto di nessuno, di emanciparmi, di evolvermi, di diventare un giovane uomo ancor prima di essere un semplice ragazzino.
Quando entrai a far parte del gruppo, ero il più piccolo apprendista scout mai approdato, poiché di coetanei non ne avevo. In verità avrei voluto entrarvi già all'età di nove anni, ma dato che nel gruppo Rozzano I° non erano presenti i lupetti, ossia i bambini che vanno dai 7 ai 10 anni, ho dovuto attendere un anno per poter partecipare alla gite avventurose con i miei amici.
Ero considerato una mascotte in quanto più piccolo, ma non per questo, venivo alleggerito dalle fatiche o dalle responsabilità che la vita da campo comportava. Essendo stato un bambino molto disciplinato e soprattutto convinto delle sue idee, arrivai a conquistare la "promessa" in tempi record e per questo, venni ricordato poi nel corso del tempo come il più giovane del reparto ad avere avuto la promessa e la prima tappa, ossia: la scoperta in soli 10 mesi. Mi ricordo ancora quando ricevetti i miei meriti durante una semplice uscita di due giorni, ero davvero al settimo cielo, fu una vera conquista per me e quando tornai a casa, portai in trionfo i miei onori con gli occhi che strabuzzavano dalla gioia.
Per i primi anni fui uno squadrigliere modello e i miei capi erano davvero molto orgogliosi di me e di rimando, anch'io ero molto fiero di far parte di un gruppo di giovani così in gamba. Ammiravo il mio capo reparto come una specie di guru dello scoutismo e stimavo moltissimo il mio capo squadriglia degli Orsi; per due anni l'ho considerato un mio fratello maggiore e sono sicuro che lui abbia visto in me il fratello minore che non ha mai avuto. Grazie a lui imparai molte cose e di questo porto ancora dentro una certa quantità di gratitudine.
I nostri avversari erano quelli del Basiglio 1, più numeroso come gruppo e più ricchi di noi, anche presi singolarmente. Costoro provenivano dalle super ville di Basiglio e Milano 3 e per quelli cresciuti in una periferia devastata dal crimine come la mia, suscitava un senso di invidia, mista a rivalsa che non si poteva omettere durante le gare. Quelle volte che ci incontravamo per svolgere delle attività insieme, si accendeva una sana competizione, nutrita da una vivace rivalità. A volte forse si scadeva nella cattiveria, ma in più occasioni questi eccessi non venivano scoperti.
Anche le ragazze non erano da meno, forse lo dimostravano in maniera meno fisica, però le rivalità non si sprecavano nemmeno in quel frangente.
Arrivò un giorno in cui i due gruppi si unirono, perché avvenne da ambo le parti, un calo drastico di iscrizioni e per poter mantenere vivo lo spirito dello scoutismo nel sud di Milano, venne deciso di formare un gruppo unico. Molti ragazzi presero come scusa per andarsene, io invece rimasi e divenni capo squadriglia dei Leoni per due anni consecutivi. Con loro vinsi un campo estivo e un challenge con tutti gli scout della Lombardia. In questi mega raduni ogni squadriglia veniva smistata dal proprio reparto e si gareggiava per ottenere la "Fiamma". I miei Leoni riuscirono nell'impresa di vincerla. Certo che oltre alla competizioni in queste occasioni si conoscevano anche un sacco di ragazze e al temine del campo, si faceva a gara chi riusciva ad ottenere più numeri di telefono. Alcuni millantavano dei baci e chi addirittura qualcosa di più, ma in verità non accadeva mai nulla, se non delle innocenti incursioni notturne in qualche tenda femminile dalla quale poi, si veniva cacciati regolarmente dalle ragazze. Mi ricordo di un challenge dove venni chiamato per quasi tutta la notte dalla squadriglia femminile delle Pantere; tutti i miei compagni mi odiavano per questo, ma io ero troppo timido o forse ingenuo, per approfittare di questo vantaggio. Però è vero anche, che di numeri di telefono a fine gita, ne ho sempre ricevuti parecchi.
A sedici anni lasciai gli scout. Dopo un sacco d'imprese memorabili, camminate infinite, zaini pesantissimi e balli intorno al fuoco, decisi che per me era giunta l'ora di scoprire qualcos'altro. Sicuramente la spinta maggiore me lo diede il tentativo d'indottrinamento religioso che ai più grandi veniva fatto dai preti e dai capi reparto. Questo modo subdolo di educazione religiosa, fu per me un vero e proprio danno nei miei riguardi. L'ho subito come una specie di abuso delle mie certezze e una manipolazione dei miei dubbi sull'argomento cattolico e tutto il corollario. Si andava a messa la domenica, si pregava prima di mangiare, prima di dormire, prima di partire e a ritorno in sede dopo le uscite; si pregava sempre, tanto che mi sembrava di stare in seminario. Da lì è partito il mio rifiuto e la voglia di evadere altrove; ah e sì, da lì in poi, sono diventato un ateo praticante.
Mia moglie ogni tanto mi ha proposto di mandare i nostri figli agli scout, quelli laici ovvio, però non so perché ma non credo sia una buona idea. E' vero in queste occasioni si possono vedere dei bei posti, dormire nei boschi, diventare più responsabili fare le cose in maniera diversa e pensare in modo differente, eppure, la repulsione che provai negli ultimi periodi ancora non mi è passata e per questo non vorrei che anche i miei figli vivessero tale disagio.
E pensare che quando ero piccolo avevo coinvolto un sacco di miei amici a partecipare alla vita campestre degli scout, ma ora non mi sento più di promuoverlo come facevo una volta, anzi, starei semplicemente alla larga.
E' strano come matura un pensiero nel corso della vita, un tempo ero talmente infervorato da quel tipo di educazione, che partecipai ad un concorso per rinominare la mia scuola media e dedicai il progetto a Lord Robert Baden Powell, il fondatore degli scout. Il mio tema arrivò in finale ma poi non vinse perché il nome per una scuola italiana, non lo si poteva dare ad un inglese, questa fu la risposta della giuria. A me non importò nulla di vincere, tanto io credevo nei valori dell scoutismo e questo mi bastava, invece oggi mi è del tutto indifferente.
Comunque posso dire di aver vissuto degli anni molto divertenti,(finché non si assunse quell'atteggiamento da seminario) ho raggiunto grossi traguardi personali, costruito con l'ausilio di corde e pali di legno delle costruzioni davvero memorabili, sono riuscito anche a pormi certe domande esistenziali che grazie a degli scenari molto suggestivi, hanno fatto sì che io concepissi la vita in un certo modo; ho assunto un modo di pensare che mi hanno fatto diventare ciò che sono oggi. Già, questo lo devo ammettere a me stesso e riconoscere di fronte al mio vecchio reparto.
Non so se non avessi fatto gli scout cosa avrei fatto in alternativa. Magari averi potuto studiare musica e a quest'ora sarei un grande batterista, chi lo sa, va beh è inutile chiederselo.
Per quel che può significare auguro a tutti BUONA CACCIA, ovviamente non è una caccia agli animali coi fucili, chi è stato scout sa cosa intendo.
In conclusione posso dire che è stato bello ma non è detto che se tornassi indietro lo farei di sicuro.
A volte semplicemente si cambia.



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