venerdì 19 agosto 2016

QUANDO LA SFIGA SI AGGIRA SU DUE RUOTE -14

Probabilmente si è creduto erroneamente che le mie disavventure con la bicicletta avessero subito una battuta d'arresto, e invece no, proprio settimana scorsa ho forato la ruota posteriore.
In effetti è vero, ho trascorso un discreto periodo di tranquillità con le ruote, ma come ho appena scritto, giusto una settimana fa ho riparato la bici con l'aiuto della mia bambina. E' stato un bel momento padre e figlia nel quale insieme ci siamo messi ad aggiustare il mezzo di locomozione preferito di papà. Sono molto importanti questi momenti di tecnica applicata, di visione del lavoro, del fai-da-te- artigianale, poiché un giorno potrebbe servire anche alla mia bambina e si ricorderà quando da piccola aggiustava la ruota bucata sotto il portone con me (oddio, ora mi metto a piangere come quando sento "Il tempo se ne va" di Adriano Celentano)
Comunque; purtroppo a Milano c'è un elemento presente sulle vie che è impossibile evitare, ovvero: il vetro. Sembra incredibile ma sulle strade ci sono così tanti frammenti di vetro da supporre che sia il campo di allenamento di Giucas Casella. Io faccio di tutto per non finirci sopra, ma sono talmente tanti, che per forza di cose uno di questi fori il copertone e mi lasci a piedi mentre sto andando a lavoro, una settimana dopo aver riparato quella dannata ruota.
Ma per quale maledetto motivo ci sono così tanti cocci per terra?
Sarà forse che sull'asfalto e sul cemento siano considerati alla stregua di un nuovo tipo di fiori?
Oppure ci sono stati diversi matrimoni greci, o ebraici, o ancora dei brindisi fatti da magnati russi e che per questo abbiano distrutto milioni di bicchieri?
Lo si interpreta come un adorno della città, che l'abbellisca, che la renda luccicante?
Niente di tutto questo, l'unico motivo sta nel fatto che in città ci sono decine di migliaia di pistola che spaccano tutto ciò che sia fragile e che lasci traccia della loro distruzione.
Sono arrivato a lavoro con la gomma a terra e la lingua a metà del petto per la fatica, anche questa volta.
Sarebbe più simpatico avere delle ruote di pietra e trovare a terra pezzi di gomma, alla fine del percorso si creerebbe una lunga striscia di caucciù da fare concorrenza alla cicca Brooklyn, o come veniva chiamata dai miei cugini partenopei: la gomma del ponte.



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