mercoledì 3 dicembre 2014

IL PESO ESTREMO DELLA VITA

Il frigo è pieno, la casa è in ordine, l'auto è parcheggiata con il serbatoio colmo di diesel e fuori mi attende una nottata stupenda. Lascio tutto così, senza arrecare alcun problema, senza essere di peso a nessuno, anche perché il vero peso sono io.
Quando sono arrivato a 195 kg mi sono preoccupato, arrivato a 228 kg mi sono spaventato, raggiunti i 266 kg mi sono detto che non sarei mai più tornato indietro, infatti indietro non ci torno. La vita è dura per un pachiderma come me, tutto sembra una sfida, ogni passo è una fatica, fare le scale è un'impresa eroica, lavarsi è impossibile e mangiare diventa pericoloso, una vera lotta tra la vita e la morte. Riesco ad ingurgitare quasi 15 kg di cibo al giorno e bere, 7 litri di bibite gassate di ogni marca e colore. Anche quando mangio rischio di morire ad ogni boccone, dato che il grasso intorno al collo non permette al cibo di scendere in modo corretto. Sono sempre ad inghiottire qualcosa, quindi, nutrirmi è diventata come una roulette russa. A volte penso che sarebbe meglio venire soffocato da un pezzo di hamburger che ho in bocca e piantarla di soffrire. Però poi penso, che sarebbe impossibile raccogliermi di peso e mettermi sopra una barella, e conseguentemente dentro ad una bara. Ci vorrebbe una gru per fare una cosa del genere. Mi vergognerei anche da morto, come se dovessero portare via da un appartamento, un enorme ippopotamo; non c'è dignità a finire i propri giorni in questo modo. Non è giusto nemmeno per i miei genitori, vedere lo scempio in atto sul loro figlio, che per quanto gigante sia, rimane sempre un individuo al quale hanno dato tutto il loro amore.
La gente pensa, che se sono arrivato a questo punto, è solo per colpa mia, che me la sono cercata, morso dopo morso e piatto dopo piatto. Loro non sanno cosa significa rifugiarsi nel cibo quando tutto è contro di te. Fin da piccolo sono stato emarginato, escluso e deriso dai miei compagni, e per una persona sensibile come me, è stata una pugnalata in petto. Tutti giorni della mia vita, sono stato oggetto di derisione e più mi aggredivano verbalmente per le mie dimensioni, e queste, in automatico aumentavano. Vedevo nel cibo, quella soddisfazione che non trovavo e non ho mai trovato da nessuna altra parte. E' stata la mia consolazione, la mia gioia, il mio divertimento. Poi però si è trasformata in una droga, condannandomi a diventare un pallone, anzi una mongolfiera, un fenomeno da baraccone. Quelle poche volte che esco di casa, mi sento gli occhi addosso, ed essendo praticamente immenso, riesco ad avere su di me lo sguardo dell'intera città. E' deprimente. Ora le mie uscite si sono ridotte al minino poiché il cuore non regge lo sforzo e le gambe urlano di dolore nel sopportare una massa mastodontica come la mia.
Oggi mi sono pesato e non ci credevo quando ho visto, sulla mia bilancia speciale, le tre cifre così scritte: 283, mi manca poco per raggiungere i 300 kg. Non ci arriverò, morirò prima, nel senso. prima che mi tirino su con la gru o mi facciano rotolare dalla scale, come un bastimento di patate marce.
Le ho pensate tutte, ho valutato le modalità migliori e quelle a me fattibili, per suicidarmi. L'unica cosa che riesco a fare con la mia mole è quella di lasciarmi affogare nell'oceano che dista pochi chilometri dalla mia finestra. Il piano è questo:
Alle 23.42 chiamerò un taxi, quelli speciali tipo furgoncino.
Prima di mezzanotte mi faccio lasciare vicino al molo di White Beach e lì aspetto.
Il Dolphin salpa alle 00.21 in quell'istante sarò sul bordo della banchina.
Quando si sarà staccato dal molo ma ancora non del tutto, mi lascio cadere in mare.
Nell'acqua le turbine saranno in azione a tutto spiano, il tonfo verrà coperto dal rumore e l'acqua frastagliata, si confonderà con la schiuma delle pale della nave. Se poi aggiungo anche che non so nuotare, la cosa dovrebbe essere piuttosto semplice.
E' giunto il momento.
"Buonasera, sono Matthew O' Brian, avrei bisogno di un furgoncino taxi..."




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